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Continuità assistenziale. Tar Bergamo: nessuna “scorciatoia” per gli incarichi nei servizi agli specializzandi in medicina generale


La decisione dopo che l’Asl di Bergamo, contro la quale il Simet era ricorso in tribunale, aveva previsto un “balzo in avanti” per gli specializzandi in medicina generale nelle graduatorie per l’accesso al servizio di continuità assistenziale. Al contrario per i giudici, i medici in specializzazione devono “essere considerati come ultima risorsa disponibile”. LA SENTENZA.

25 GEN - Tutto inizia nell’ottobre del 2013. “L’Asl di Bergamo – spiega una nota del Simet - nell'emanare l'avviso pubblico per la formazione della graduatoria per il conferimento di incarichi a tempo determinato nel Servizio di Continuità Assistenziale, inaspettatamente, propone al Comitato Aziendale una modifica dei criteri di priorità nella suddetta graduatoria: i medici durante la frequenza del Corso di formazione specifica in Medicina Generale invece di essere inseriti con gli altri specializzandi nell’ultima fascia, sono inseriti, con un bel balzo, in una fascia che precede i medici già incaricati anche da diversi anni e che non hanno un rapporto di lavoro dipendente o una borsa di studio”.
 
Il Simet decide di ricorrere al Tar contro questa decisone e i giudici, con una sentenza depositata il 16 dicembre scorso, accolgono le motivazioni del sindacato annullando la delibera dell’Asl che nel frattempo aveva comunque sospeso gli effetti della sua delibera in attesa del giudizio.
 
Sebbene la tesi di parte resistente – si legge nella sentenza del Tar di Bergamo - secondo cui il ribaltamento dei criteri di preferenza trova giustificazione nel fatto che un medico specializzando in medicina generale è da preferirsi ad un medico con diversa specializzazione (già conseguita e con altra esperienza), non appaia del tutto illogica, essa non risulta, però in concreto rispondente alla ratio della norma che regola il conferimento degli incarichi di supplenza”.
 
Il comma 11 dell’art. 19 della legge 448 del 2001, infatti – scrivono ancora i giudici - fissa in modo chiaro il principio secondo cui i medici che frequentino corsi di specializzazione debbono essere considerati come ultima risorsa disponibile”.
 
Ma non basta. Per i giudici, in ogni caso, anche considerando le buone intenzioni dell’Asl, la scelta adottata con la modifica dei criteri per la determinazione delle graduatorie, non appare comunque convincente “considerando in concreto la condizione dei medici specializzandi in medicina generale”. “Questi ultimi – scrive il Tar - risultano occupati per l’intera giornata lavorativa nella formazione teorico-pratica, che ha luogo cinque giorni su sette. Il servizio di continuità assistenziale, oltre ad operare nei fine settimana, deve essere garantito anche ogni notte, tra le 20 e le 8 del mattino del giorno successivo”.
 
E, proseguono i giudici,  ”proprio il sovraccarico lavorativo che graverebbe sugli specializzandi appare, ragionevolmente, posto alla base non solo della previsione del CCNL(…) ma, prima ancora, dell’art. 19, comma 11 della legge 448/2001, che individua gli specializzandi come estrema ratio per la sostituzione dei medici di medicina generale, introducendo la specifica deroga in tal senso al generale divieto di impiego degli specializzandi”.
 
Divieto – sottolineano ancora al Tar - che si pone perfettamente in linea con il fatto che il medico specializzando percepisce (…) emolumenti che sono sostanzialmente destinati a sopperire alle sue esigenze materiali in relazione all'attuazione dell'impegno a tempo pieno per l'apprendimento e la formazione”.
 
Tale quadro normativo di riferimento - per i giudici - consente di individuare, dunque, due punti focali: il primo (…) è quello per cui l’impegno richiesto al medico specializzando deve essere considerato come un’occupazione a tempo pieno, giustificando il generale divieto di assunzione di ulteriori incarichi, il secondo è rappresentato dal fatto che tale medico, a differenza di quelli già specializzati e inoccupati, percepisce già una retribuzione, sotto forma di borsa di studio annuale”.
 
La semplice considerazione della specificità della specializzazione che conseguiranno i futuri medici di medicina generale non appare, dunque, sufficiente – concludono i giudici accogliendo il ricorso - a giustificare il superamento delle perplessità ora rappresentate e a garantire sia lo standard di servizio dalla stessa ASL perseguito, che la perequazione tra gli aspiranti”.
 
“Questa sentenza consentirà così di sgombrare il campo da equivoci o libere interpretazioni nelle applicazioni della normativa”, commenta Giancarlo Testaquatra del Simet.  “In barba alla Legge 448/2001  (Titolo III, art.19 c.11), da noi più volte richiamata - prosegue - si consentiva ai Medici che frequentano il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale di scavalcare tutti gli altri aventi diritto a lavorare nel Servizio di Continuità Assistenziale (un solo giorno di frequenza del corso fa scavalcare chi lavora da 10 anni nel Servizio…sic!). Il bando che abbiamo impugnato avrebbe consentito ad un drappello di Medici, un salto da canguro di almeno 120 posizioni!”.

25 gennaio 2015
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