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Test genetici e tumori eredo-familiari. Piemonte in prima linea, ma le attese sono ancora lunghe. L’indagine di Cittadinanzattiva


L’indagine ha interessato nove strutture del Piemonte e rilevato aspetti tra i quali l’impegno a creare o rafforzare i percorsi assistenziali, i tempi di accesso al test BRCA, le strategie di intervento. Sui tempi di accesso è emerso che solo il 22,2% delle persone alle quali è stato diagnosticato il tumore alla mammella od ovaio accede al test BRCA entro le 24 ore dopo la richiesta. Un centro su due offre l’accesso al test BRCA circa un mese dopo la richiesta. I tempi di refertazione sono di “oltre due mesi”, a cui si aggiungono quelli per la consegna del risultato, nella maggior parte di casi di “oltre un mese”.

25 SET - Il 66,7% delle persone che si sottopongono al test BRCA in Piemonte hanno tra i 36 e i 49 anni (66,7%), ogni centro esegue mediamente 38 test BRCA a scopo diagnostico e 23 per l'indirizzo terapeutico. Ai familiari di persone risultate positive, il test viene proposto nel 78% delle situazioni; lo stesso è esteso anche ai familiari “molto di frequente” in poco meno di tre casi su cinque. La consulenza genetica oncologica è offerta dal 55% delle strutture e, di queste, la totalità garantisce la presa in carico completa della persona fin dalla fase pre-test.
 
Il 55,6% dei centri prevede un percorso per la gestione di soggetti con predisposizione genetica alla sindrome dei tumori della mammella e dell’ovaio; il dato raggiunge il 77,8% se si aggregano i valori dei centri che prevedono un percorso o solo per il tumore alla mammella o solo per il tumore all’ovaio. Rispetto al dato aggregato, tuttavia, si è in assenza di un percorso formalizzato in 2 casi su 5. Sono alcuni dei risultati emersi dall’indagine “Test genetici: tra prevenzione e diritto alle cure. Focus Test BRCA”, promossa da Cittadinanzattiva e presentata oggi presso l’Aula Carle dell’Ospedale Ordine Mauriziano. L’indagine ha interessato nove strutture del Piemonte.

Quella a Torino è stata l’ultima tappa del ciclo di incontri nazionali (dopo Campania e Sicilia) volti a mettere in luce aspetti peculiari dell’organizzazione dei servizi e del percorso, prima e dopo l’erogazione del test BRCA.

Attenzione alta sulle disposizioni regionali in merito alla diagnosi precoce del tumore della mammella e dell’ovaio, in persone risultate ad alto rischio genetico e in particolar modo sulla D99, l’esenzione del ticket per i soggetti sani, residenti in Piemonte ed inseriti in programmi di sorveglianza.


"La Regione, con la delibera dello scorso marzo, rafforza l’attività di prevenzione, intercettando le persone potenzialmente a rischio genetico e offrendo loro prestazioni specialistiche gratuite. Ora, però, è fondamentale che alla delibera seguano ulteriori provvedimenti, all’interno dei quali si delineino percorsi dedicati, si stabiliscano le tempistiche dei laboratori ove si effettua il test BRCA, e si individuino i centri di riferimento cui rivolgersi per le visite e gli esami di controllo. È cruciale garantire ai cittadini una capillare informazione per ogni fase del percorso, altrimenti la stima sui 180mila nuovi casi all’anno resterà un mero calcolo statistico”, ha dichiarato Antonio Gaudioso, segretario nazionale di Cittadinanzattiva.

“Con il nuovo codice di esenzione la Regione accoglie le richieste di associazioni di pazienti e cittadini, ma c’è ancora molto da lavorare. E’ importantissimo creare un clima di consapevolezza all’interno delle famiglie dei pazienti, spiegando l’utilità e le finalità del test BRCA che, qualora positivo, informa sull’aumentato rischio di sviluppare il tumore. E’ opportuno infine che anche i tempi di attesa per la consulenza genetica oncologica siano abbattuti, tempi che, se sommati all’attesa del risultato del test BRCA, potrebbero spingere le persone a migrare, in completa autonomia, in centri di più facile accesso, ma probabilmente privi dell’esperienza necessaria.” ha affermato Alessio Terzi, segretario regionale di Cittadinanzattiva Piemonte.

I RISULTATI DELL’INDAGINE REGIONALE

I soggetti più frequentemente sottoposti al test BRCA in Piemonte hanno tra i 36 e i 49 anni (66,7%) seguiti da quelli tra i 50-69 e 18 e i 35 anni (entrambi 11%).
Ogni centro esegue mediamente 38 test BRCA a scopo diagnostico e 23 per l'indirizzo terapeutico. Ai familiari di persone risultate positive, il test viene proposto nel 78% delle situazioni; lo stesso è esteso anche ai familiari “molto di frequente” in poco meno di tre casi su cinque. A richiederlo è l’oncologo e il genetista medico (entrambi 56%) seguiti dal ginecologo con competenze oncologiche (34%).

Nelle diverse fasi che potrebbero condurre ad una diagnosi clinica di tumore ereditario, l’88,9% degli intervistati riferisce di agire in un contesto multidisciplinare, tuttavia all’interno dell’équipe, in quasi due casi su cinque, è assente il case manager. La consulenza genetica oncologica è offerta dal 55% dei centri e, di questi, la totalità (100%) garantisce la presa in carico completa della persona fin dalla fase pre-test. In relazione alle procedure scritte, utilizzate dai centri (comparazione tra quelli dove il servizio di CGO è effettuato e quelli dove il servizio non viene offerto), è richiesto un maggiore impegno sugli aspetti collegati all’eventuale risultato positivo del test BRCA ed in particolare su come compiere scelte scientificamente corrette (rispettivamente 60% e 33,3%).

PRESA IN CARICO E GESTIONE DEL RISCHIO

Nell’88,9% dei casi sono attive misure di sorveglianza clinica e strumentale secondo le linee guida regionali, nazionali o internazionali e in multidisciplinarietà. Il 55,6% dei centri prevede un percorso per la gestione di soggetti con predisposizione genetica alla sindrome dei tumori della mammella e dell’ovaio; il dato raggiunge il 77,8% se si aggregano i valori dei centri che prevedono un percorso o solo per il tumore alla mammella o solo per il tumore all’ovaio. Rispetto al dato aggregato, tuttavia, si è in assenza di un percorso formalizzato in 2 casi su 5 (NO=42,9%). L’88,9%dei centri offre strategie per gestire il rischio ma prima della Delibera Regionale n. 71-8681/19, tutti i controlli e le visite più frequenti della sorveglianza attiva erano completamente a carico della persona sana. Per questo motivo al momento della compilazione del questionario, nessun centro riferiva sulla D99. Per la chirurgia di riduzione del rischio invece, il 66,7% dichiarava l’esistenza di uno specifico DRG. Il costo del test BRCA a scopo predittivo è di circa 63 euro; questo resterà comunque a carico dei familiari dei pazienti mentre i costi delle opzioni preventive (forniti nel 66,7%) saranno abbattuti.

LABORATORI

Il 22% dei centri possiede un laboratorio interno alla struttura e nella totalità dei casi si tratta di un laboratorio di genetica medica. Il restante 78%, per il test del BRCA fa riferimento ad un laboratorio del SSN (85,7%) e ad un laboratorio privato convenzionato (14,3%).

I protocolli utilizzati dal laboratorio descrivono come suddividere gli spazi in modo da evitare contaminazioni tra campioni, indicano i “QC Point” per evitare scambi di campioni e contenengono criteri specifici per interpretare il significato clinico delle varianti in un caso su due (50%). Tra le attività del laboratorio, molto bene indicare nel referto il significato clinico della variante di sequenza identificata nei geni BRCA (83,3%) e disporre di una refertazione secondo raccomandazioni vigenti di buona pratica di laboratorio (100%).

TEMPI DI ATTESA PER IL CITTADINO

Solo il 22,2% delle persone, alle quali è stato diagnosticato il tumore (mammella o ovaio), accede al test BRCA entro le 24 ore dopo la richiesta. Un centro su due (55,6%) offre l’accesso al test BRCA circa un mese dopo la richiesta. I tempi di attesa per sottoporsi al test sono i medesimi nella fascia “24 ore” anche per i soggetti sani ma una latenza temporale si riscontra nel range dei “7 giorni” ove l’accesso per il soggetto sano, avviene nel 33,3% contro l’11,1% dei soggetti, in cui è già presente una diagnosi. I tempi di refertazione, per entrambe le classi di soggetti, situano l’attesa ad “oltre due mesi” (88,9%). A questi tempi vanno aggiunti quelli per la consegna del risultato: se il test è positivo, questa avviene da parte del Centro entro qualche giorno (22,2%) ma la maggior parte delle risposte si attesta su “oltre un mese”(44,5%).

CONSENSO INFORMATO e CURA DELLA RISERVATEZZA

L’89% dei centri intervistati utilizza un protocollo di comunicazione e raccolta di consenso scritto prima di sottoporre la persona al test BRCA; il consenso è formulato con molta attenzione nei contenuti (+70%). L’unica voce da migliorare riguarda le informazioni sulla conservazione dei campioni (57%).

FORMAZIONE PROFESSIONALE

Fondamentale infine tenere alta l’attenzione sulla formazione professionale visto che solo il 37,5% dei centri ha realizzato negli ultimi due anni, corsi di formazione per professionisti che richiedono il test del BRCA, trattando aspetti etici legati al test o tematiche di genetica oncologica più generali.

25 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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