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Sindacati dirigenza dell’Aou di Sassari: “Sarebbe folle tornare ai vecchi paradigmi della sanità” 


Per i sindacati della dirigenza medica e sanitaria il rischio è che "dopo un grande spavento il desiderio di tornare alla normalità ci porti a sottovalutare i rischi di una ripresa senza un paracadute”. E già nella fase 1 “la Sanità Sassarese in fase uno non ha dato prova di una perfetta capacità organizzativa”. Tra i modelli da abbandonare, quello di una sanità ospedalocentrica: “Il coronavirus ha dimostrato violentemente la debolezza di un sistema che penalizza la sanità territoriale”.

27 APR - “Dopo quello che tutti abbiamo vissuto, sarebbe folle pensare di ragionare di una riorganizzazione in sanità secondo i vecchi paradigmi. Eppure il rischio che stiamo correndo è proprio quello che dopo un grande spavento il desiderio di tornare alla normalità ci porti a sottovalutare i rischi di una ripresa senza un paracadute”. A lanciare l’allarme, in vista dell’allentamento delle restrizioni contro il coronavirus, sono i sindacati dell’Aou di Sasarri (Anaao Assomed, Aaroi Emac, Anpo-Ascoti - Fials Medici, Fp Cgil Medici e Dirigenti SSN, FpCGIL, Cimo Fesmed, Uil Medici e Fassid) evidenziando come già nella Fase 1 la sanità sassarese “non ha dato prova di una perfetta capacità organizzativa anzi, numerose sono state le problematiche portate all'attenzione dei cittadini e dei sindacati dai media”.
 
Per i sindacati "tutto ciò era purtroppo prevedibile ma qualcosa sembra non abbia funzionato, uno Tsumani si è scaricato in un sistema caratterizzato da punti di fragilità noti: tardiva adozione di protocolli e percorsi covid + e covid - senza alcuna logica di sistema, ma adottati spesso reparto per reparto; mancata integrazione territorio–strutture ospedaliere (AOU in particolare); sanità pubblica del territorio parcellizzata e depauperata”.
 
L’epidemia, evidenziano i sindacati della dirigenza medica e sanitaria dell’Aou di Sasari, “ha colpito i cittadini in un sistema che pagava lo scotto di una malriuscita fusione delle Strutture del SS Annunziata con quelle che costituivano il primo nucleo dell’AOU, le così dette “Cliniche di S. Pietro” ed il Policlinico Universitario. Inoltre, di fronte ad un’emergenza sanitaria che ha colpito il territorio sassarese più di altri nella nostra regione, si sono dolorosamente sospese o fortemente ridotte tutte quelle attività di assistenza che venivano svolte prevalentemente negli Ospedali. E’ chiaro che quelle che vengono immediatamente alla mente sono le prestazioni per i pazienti oncologici o presunti tali, per le malattie a patogenesi immunitaria, quelle per le malattie neurologiche e per i pazienti psichiatrici, ancora le cure e l’assistenza per i pazienti in età evolutiva con patologie neuropsichiatriche e la lista sarebbe lunghissima”.
 
Ora ci si ritrova di fronte al dovere di dare le risposte a tutti questi pazienti ma, per i sindacati, “non si può pensare di agire seguendo vecchi schemi e senza una rivoluzione Copernicana del modo di pensare la sanità. Pensare di ricostituire una sanità ospedalocentrica sarebbe folle soprattutto dopo una patologia che ha dimostrato violentemente la debolezza di un sistema che penalizza la sanità territoriale”.
 
“In tempi di coronavirus - prosegue l’analisi dei sindacati -, dove le strutture private opportunamente coinvolte alle condizioni e modalità note a tutti, si apprestano volenti o nolenti ad uscire di scena, il Policlinico Sassarese, forse troppo presto dati i numeri (circa 35 ricoveri e altri in procinto di essere attuati a quanto pare), restano sulla vicenda, non solo poche luci e molte ombre, ma anche tanti dubbi sul come sia utile procedere. Oggi e non domani è il momento di costruire una fase 2 per la sanità sassarese. I dati dei contagi sembrano stabilizzarsi e esponenzialmente cresce la richiesta di prestazioni sanitarie non Covid, oncologiche e non”.
 
Per la dirigenza medica e sanitaria la fase di Transizione richiede i”n primis competenze e conoscenze e il riconoscimento degli errori fatti o ‘quasi fatti'”.
 
Per i sindacati della AOU di Sassari, dunque, “considerata la “exit strategy” delle strutture private dalla gestione Covid, quale sia il modo di programmare una concreta “fase 2” anche nella AOU e nel territorio Sassarese. Posto che pensiamo che per curare bene le altre patologie sia necessario gestire bene la battaglia contro il covid 19 che non è finita, la AOU di Sassari è un Hub a vocazione chirurgica, con specialità non derogabili al territorio e con specialità internistiche (Neurologiche, cardiologiche, pneumologiche, epatologiche, gastroenterologiche, reumatologiche, etc) e Pediatriche di secondo livello, che in fase emergenziale hanno garantito competenze, spazi, risorse ed energie per fronteggiare l’ondata di ricoveri imprevisti e la salvaguardia delle prestazioni urgenti e/o non differibili nel tempo, ma ora è tempo di guardare oltre. È doveroso un graduale e protetto ma deciso, ritorno alle attività sanitarie che hanno subìto un arresto perché esistono altre patologie complesse e ultra specialistiche per le quali un Hub ha la così detta “mission” e che altre strutture, ad apertura territoriale, non possono erogare”.
 
“Ma bisogna avere la consapevolezza - evidenziano i sindacati - che il covid 19 non ha finito la sua opera: aprire indiscriminatamente senza assicurare percorsi separati per pazienti con malattia riconducibile al covid e per pazienti che, pur essendo potenzialmente portatori del medesimo virus, necessitino di prestazioni esigibili solo in un HUB o in ospedale, quale AOU SS, sarebbe incauto. Su queste strutture si deve puntare da subito per gestire la cosiddetta “fase 2”, la AOU deve restare a disposizione per casi selezionati, trattati nelle apposite aree di bio - contenimento del Padiglione Infettivi. Su questa struttura chiediamo inoltre che si inizi a lavorare immediatamente per un ampliamento che metta la popolazione in sicurezza da un’eventuale seconda ondata epidemica che nessuno in buona fede può escludere”.
 
Per le restanti strutture dell’AOU “non si può pensare che percorsi applicati con le deroghe imposte dallo stato di necessità, restino in piedi a tempo indeterminato a rischio palese e pericolo di tutti. Creare Zone Grigie diffuse per accogliere i pazienti sospetti covid nella normalità e non per situazioni emergenziali, cioè con patologia riconducibile ad una possibile infezione ma non ancora dimostrata con l’esame PCR (tampone), sarebbe un errore poiché si rischierebbe un aumento del rischio di nuove infezioni ospedaliere”.
 
Per i sindacati le camere di “contenimento” per ospitare pazienti senza sintomatologia riconducibile a Covid, ma in attesa di esame che confermi la negatività, “devono rimanere, ma non può essere questo il modo di gestire la fase due, è necessario dotarsi di strutture idonee, dedicate dove farlo”.
 
Perché, spiegano, "non si può pensare che in una delle due aziende Hub della Sardegna possa convivere, al di fuori del Padiglione Infettivi, l’assistenza delle patologie complesse o avanzate e quella dei pazienti Covid provenienti dai territori. Si rischierebbe in caso di una seconda ondata dell’epidemia di ripetere gli stessi errori fatti negli ospedali lombardi, e non è certo il modello Lombardo da prendere come esempio, chi lo fa sbaglia di grosso. Si perpetrerebbe inoltre una palese disparità di trattamento con altri ospedali della Regione che non gestiscono né l’una, né l’altra problematica: né il covid né le patologie complesse”.

Le organizzazioni sindacali, che sottolineano di essere stati “finora estranee ai processi decisionali in quanto mai coinvolte nonostante le numerose richieste e suggerimenti spesso poi accolti nei fatti”, chiedono ora di “essere costantemente coinvolte in una fattiva collaborazione e affermano il loro ruolo di controllo in fase di progettazione, per la tutela di tutti i cittadini e degli operatori sanitari. Chiediamo che si tenga conto di quanto qui affermato nella pianificazione già in programma da lunedì: vogliamo riprendere a curare le persone nei posti giusti, le patologie ad alta complessità negli ospedali e chiediamo che, nel territorio, siano spese tutte le risorse necessarie per le cure primarie, oltre che con l’attivazione delle USCA. Se dal 4 maggio, Sassari e la Sardegna vorranno ripartire, sarà necessario che ogni luogo riapra in sicurezza con gli idonei Dispositivi di protezione Individuali e Ambientali”.
 
Da qui la necessità del potenziamento dei settori della sanità pubblica che si occupano di prevenzione igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro, a tutela dei lavoratori e della comunità tutta. "Sarà indispensabile - spiegano i sindacati - garantire la protezione di tutti per evitare l’accensione di focolai nei luoghi di lavoro, e negli ospedali proseguire e implementare la politica di screening e diagnosi tempestiva, aumentando anche il numero dei laboratori, che permetta il pronto isolamento dei casi sospetti o accertati, mantenendo controlli accurati negli accessi e nei percorsi, garantendo aree di ospedali esclusivamente dedicati all’infezione da Virus Covid-19 e, separatamente, ai casi sospetti in fase di accertamenti. E' infatti necessario, anche al Pronto Soccorso, trattare tutti, e lo diciamo da due mesi almeno, come covid +”.

27 aprile 2020
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