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12° Forum Risk Management. Seconda giornata/3. Per un Ssn sostenibile serve più dialogo con il Governo e all’interno delle Regioni

Dopo la vittoria del “no” al referendum costituzionale dello scorso dicembre sono molte le Regioni a coltivare ambizioni di maggiore autonomia anche sulla sanità. Se ne è discusso al Forum Risk Management in corso a Firenze. Vella (Aifa): “Equità non significa uguaglianza”.

29 NOV - Che il sistema sanitario scricchioli di fronte a parole come sostenibilità, applicazione nuovi Lea e autonomie regionali non è una novità. Dopo la vittoria del “no” al referendum costituzionale dello scorso dicembre, crescono le spinte autonomiste all’interno di molte Regioni per una gestione più decentrata della sanità.
Il tentativo che è stato fatto al Forum Risk Management di Firenze, durante il panel “Dopo il referendum: autonomia delle Regioni, solidarietà, universalismo, i nuovi Lea come diritti esigibili da tutti”, è andare oltre e capire come risolvere o quantomeno gestire la complessità che abbiamo di fronte senza rigettare il principio di solidarietà che da sempre contraddistingue il nostro sistema universalistico.

Quello che è emerso a gran voce è la necessità di una maggiore collaborazione tra i diversi portatori d’interesse: “L’Aifa deve lavorare di più con le Regioni – afferma Stefano Vella, presidente dell’Agenzia italiana dei farmaci. Per il numero 1 dell’Aifa “il nostro sistema sanitario è un vanto che possiamo continuare a permetterci con qualche piccolo aggiustamento”. In primis riduzione degli sprechi, ma anche un ripensamento di fondo: “Equità non significa uguaglianza – ricorda Vella –: è giusto che alcune frange di popolazione abbiamo tutti i farmaci rimborsati, mentre chi sta meglio economicamente abbia un accesso differenziato. La salute dei più poveri è anche la nostra”.

“Attuare i nuovi Lea non ha solo un costo economico, ma anche organizzativo. Questo significa un efficientamento dei nostri strumenti – osserva Walter Locatelli, commissario straordinario del sistema sanitario di Alisa della Regione Liguria, che ha portato l’esempio del proprio territorio – Il primo banco di prova è costruire dei dipartimenti interaziendali regionali, un percorso faticoso che coinvolge tutti i professionisti delle aziende”.

Dopo aver evidenziato come la sua Regione da cinque anni sia in pareggio di bilancio, Enrico Coscioni, consigliere per la sanità della Campania, ha proposto la sua ricetta per rendere sostenibile il Ssn: “Iniziare a rispondere a criteri oggettivi di riordino della rete ospedaliera e, anche se è più complesso, rivolgersi al territorio, iniziando per esempio dal rinnovo del contratto collettivo dei medici di medicina generale, che manca da troppo tempo. Abbiamo bisogno di quel filtro sul territorio per la gestione della cronicità che è rappresentato proprio dai medici di famiglia”.

Il commissario straordinario dell’Aress Puglia Giovanni Gorgoni ha portato all’attenzione un dato: nella sua Regione “quattro cittadini su dieci sono malati cronici che assorbono l’86% delle risorse sanitarie”, chiedendosi se non dovrebbero essere ridiscussi i criteri dei tetti di spesa farmaceutica alla luce delle differenze regionali e sociali. Gorgoni si è poi detto “favorevole alle autonomie: sarebbe bello che avessimo 20 laboratori in cui poter sperimentare le best practice”. 

Accende i riflettori sulla digitalizzazione della sanità e sulla chiarezza dei ruoli Maurizio Dal Maso, direttore generale dell’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni: “Nel 2016 solo il 9% delle cartelle cliniche era digitalizzato – afferma – Con questi numeri, come possiamo essere operativi nel monitoraggio da casa?”. Per Dal Maso, poi, il ruolo di manager spetterebbe ai medici: “Oggi abbiamo un problema a livello di formazione: le professioni sanitarie sono molto più preparate dei medici da questo punto di vista. Quindi o interveniamo sui medici, o accettiamo che questo ruolo sia svolto da altre professionalità”.

I due assessori alla sanità presenti al dibattito, la toscana Stefania Saccardi e il sardo Luigi Benedetto Arru, sono stati chiamati a tirare le fila politiche sulle questioni bollenti messe sul tavolo nelle due ore precedenti.
“Mi domando se la Conferenza Stato-Regioni sia lo strumento adatto in un momento in cui abbiamo fretta di tradurre le proposte in azioni – si interroga Arru – Oggi abbiamo tempi di latenza drammatici e non è solo un problema di soldi, ma di procedure. Dobbiamo chiederci se questa è davvero la governance più funzionale ai bisogni dei cittadini”. Per l’assessore sardo tra le priorità c’è “l’abbattimento dei percorsi di presa in carico, misurando la qualità della prestazione per il cittadino e dimenticando la divisione in “silos”. La grossa sfida che abbiamo davanti è come  assicurare una maggiore rapidità tutelando i diritti fondamentali e evitando di deludere cittadini e operatori”. 

“Oggi le Regioni hanno una competenza importante sulla sanità – ricorda Saccardi – Credo che il ruolo della politica regionale sia definire le strategie per raggiungere gli obiettivi posti dal Governo. Sarebbe però auspicabile che questo avvenisse con maggiore libertà e non attraverso tutti vincoli che lo Stato centrale ci pone”.
M.P.
 

29 novembre 2017
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