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Di Renzo (Ginecologo): “Cure sicure ed efficaci al 100%” 


28 SET - Introdurre la profilassi a livello globale e prevenire la mortalità materno infantile. Anche alla luce della grande disparità di approcci che è necessario attuare nei vari Paesi del mondo dove la malattia colpisce ogni anno circa 300-350mila feti neonati.
Ne abbiamo parlato con Gian Carlo Di Renzo Direttore Clinica Ostetricia e Ginecologia dell’Università degli Sudi di Perugia  tra i promotori della Worldwide Initiative for Rh disease Eradication lanciata oggi a Firenze.
 
Professor Di Renzo, la Mefn continua a mietere vittime in tutto il mondo, eppure la cura c’è …
Non solo c’è, ma è una delle cure più semplici e più sicure nell’armamentario terapeutico del medico: è efficace al 100% e in cinquant’anni di utilizzo non ha mai presentato effetti indesiderati. Ha quindi uno dei più alti vantaggi costo beneficio al mondo. Come sappiamo, la malattia è causate da un’incompatibilità tra il gruppo sanguigno della madre Rh negativo e quello del feto Rh positivo
La sua efficacia è data dal fatto che viene somministrata, subito dopo il primo parto, una determinata quantità di immunoglobuline che evitano al momento della seconda gravidanza una reazione avversa che determina la Mefn, malattia che crea un’anemia grave nel feto. Le conseguenze sono drammatiche, la malattia provoca danni cerebrali ed anche la morte. Abbiamo calcolato che 300-350mila feti neonati all’anno nel mondo subiscono questo danno.
 
Lei è uno dei promotori della Worldwide Initiative for Rh disease Eradication. A Cosa puntate?
Abbiamo dato vita a questa iniziativa mondiale per fare in modo di trovare strategie che ci consentano di introdurre questa profilassi a livello globale e prevenire la mortalità materno infantile. Questo anche alla luce della grande disparità di approcci che è necessario attuare non solo nei vari Paesi del mondo, ma a volte anche in uno stesso Paese.
Per questo abbiamo messo insieme una serie di Società internazionali di altissimo profilo tra cui la Federazione mondiale dei ginecologi, quella dei neonatologi, dei pediatri e dei medici trasfusionali. In sostanza abbiamo radunato le maggiori specialità interessate a questo problema. Ma abbiamo coinvolto anche le Ong, che ci danno una grande mano soprattutto nei Paesi africani, come Emergency e Medici senza Frontiere che hanno la possibilità di poter applicare l’immunoprofilassi in quei Paesi dove è più complesso penetrare. C’è ancora molto da fare, soprattutto considerando che in alcuni Paesi ancora non si conosce l’incidenza delle donne RH negative.
 
Come sono gli scenari in Italia? 
Fortunatamente nel nostro Paese non ci sono queste discrepanze, abbiamo linee ministeriali che vengono applicate dopo il parto in maniera omogenea su tutto il territorio. Quello che in Italia ancora non si fa su vasta scala è la copertura nel corso della gravidanza. Se una donna RH negativo fa un aborto, magari misconosciuto, o ha una piccola emorragia durante la gravidanza dovrebbe sottoporsi a immunoprofilassi. Questo qualche volta manca. Ma in Italia abbiamo anche il problema dell’immigrazione. Soprattutto tra le donne dei Paesi dell’Est Europa che non avevano un accesso gratuito alle cure. C’è quindi un piccolo nucleo di popolazione che ancora manifesta questa patologia. 

28 settembre 2019
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