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Tumore ovarico. Bevacizumab dimezza il rischio di progressione nelle pazienti più difficili


05 GIU - Nuove notizie dai trial su bevacizumab, farmaco Roche che sta dimostrando in molte sperimentazioni diverse di ottenere ottimi risultati sul carcinoma ovarico. In particolare, sono stati presentati nel corso del 48esimo Congresso Asco i risultati relativi al trial AURELIA, uno studio di fase III il cui scopo era valutare il trattamento con bevacizumab in combinazione con chemioterapia standard (paclitaxel settimanale, topotecan o doxorubicina liposomiale peghilata) in pazienti affette da carcinoma ovarico in cui la malattia è peggiorata a causa della resistenza alla chemioterapia contenente platino. Il risultato? Straordinario: il rischio di progressione è stato ridotto del 52% nelle donne sottoposte a trattamento con bevacizumab, rispetto al gruppo di controllo.
 
AURELIA è uno studio multicentrico, randomizzato, in aperto, a due bracci, di fase III, condotto su 361 donne affette da carcinoma ovarico epiteliale, peritoneale primario o delle tube di Fallopio, ricorrente e resistente al platino. Le donne incluse nello studio AURELIA avevano ricevuto non più di due regimi di trattamento oncologico. Lo studio è stato disegnato  in cooperazione con il gruppo GINECO (Group d'Investigateurs Nationaux pour l'Etude des Cancers Ovariens) ed è stato condotto dalla rete internazionale del GCIG (Gynecologic Cancer Intergroup) e dall’ENGOT (pan-European Network of Gynaecological Oncological Trial Groups). L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza senza progressione di malattia. Gli endpoint secondari dello studio includevano la sopravvivenza globale, il tasso di risposta obiettiva, la qualità della vita, la sicurezza e la tollerabilità del farmaco.
Nel trattamento del carcinoma ovarico recidivante, il tempo trascorso dalla somministrazione dell'ultima dose di chemioterapia a base di platino viene utilizzato per la scelta della chemioterapia da impiegare nella linea successiva di trattamento. Quando la malattia recidiva dopo uno-sei mesi dal termine della chemioterapia a base di platino, si parla di malattia platino resistente, invece si definisce una malattia “sensibile al platino" se peggiora più di sei mesi dopo il precedente trattamento.  "La maggior parte delle donne affette da carcinoma ovarico in stadio avanzato va incontro ad una progressione della malattia dopo il trattamento, e quasi tutte, a un certo punto, sviluppano una resistenza alla chemioterapia a base di platino che limita enormemente le opzioni terapeutiche”, ha spiegato Hal Barron, medico e Global Product Development di Roche. “In questo studio l'aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia per le pazienti affette da carcinoma ovarico in stadio avanzato ha ridotto il rischio di progressione della malattia della metà”. In particolare, le pazienti con carcinoma ovarico trattate con bevacizumab hanno infatti avuto una sopravvivenza senza progressione di 6.7 mesi in media, rispetto a 3.4 mesi delle pazienti sottoposte alla sola chemioterapia.
In queste pazienti si è osservata inoltre una percentuale significativamente superiore di riduzione del tumore (ORR “objective response rate”, ovvero tasso di risposta obiettiva) rispetto al gruppo di controllo.
 
A dicembre 2011 bevacizumab ha ricevuto l'approvazione europea per l'utilizzo nel trattamento di prima linea del carcinoma ovarico in stadio avanzato, sulla base dei risultati degli studi GOG 0218 e ICON7. Roche ha dichiarato che comunicherà i dati dello studio AURELIA alle autorità sanitarie, con cui discuterà le fasi successive.

05 giugno 2012
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