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La natura è la migliore medicina

di Rita Trombin

La maggior parte dei disturbi che oggi minacciano la salute fisica e mentale hanno una stretta correlazione con l’urbanizzazione, l’eccesso di ore trascorse in ambienti indoor e la carenza di vita all’aria aperta. Ecco perché la “prescrizione di natura” dovrebbe diventare una nuova voce di qualunque ricetta medica. E in certi Paesi lo è già.

15 NOV -

A partire dalla rivoluzione industriale, gli ambienti naturali che hanno plasmato il cervello umano per il 99,9% della nostra storia evolutiva sono stati sostituiti da contesti sempre più urbanizzati, ma spesso deleteri per la salute fisica e mentale. Lo sviluppo cerebrale e cognitivo è stato ampiamente influenzato dalle caratteristiche uniche e dagli stimoli multisensoriali presenti nell’ambiente. La forte connessione con la natura selvatica prima, e con quella domestica in seguito sviluppata tramite l’allevamento e l’agricoltura, è stata una componente essenziale per lo sviluppo fisico, mentale ed emotivo della specie umana, ma è gradualmente venuta meno con le migrazioni di massa verso le aree urbane: se ancora negli anni Cinquanta la proporzione di popolazione residente nei centri urbani rappresentava il 30% del totale, oggi questa percentuale ha raggiunto il 56% e, secondo l’OMS, arriverà al 70% entro il 2050.

L’urbanizzazione ha anche favorito la diffusione dello stile di vita indoor: secondo recenti statistiche la vita odierna si svolge almeno per il 90% del tempo al chiuso e spesso in condizioni incompatibili con il funzionamento psicobiologico umano, con carenza di luce naturale e di spazio e con presenza di forti stressor ambientali quali rumori, inquinamento e traffico. La prolungata e cronica esposizione a contesti urbani dà luogo a una serie di sintomi psicofisici attribuiti a quello che già nel 2005 il pedagogista e scrittore statunitense Richard Louv aveva denominato deficit di natura: una carenza che, provocando una over-attivazione del sistema nervoso simpatico, determinerebbe un aumento della frequenza cardiaca e respiratoria e della pressione, il rilascio di adrenalina e cortisolo, il restringimento dei vasi sanguigni e un indebolimento del sistema immunitario. Recenti statistiche condotte dal National Center for Health confermano come le cause primarie di morte negli Stati Uniti (tumore, malattie respiratorie croniche, malattie cardio e cerebrovascolari, demenza e diabete) siano riconducibili - pur rappresentando un fattore di mediazione - alla mancanza di esposizione naturale. Nei bambini, in particolare, la disconnessione dalla natura è tra le cause di aumento dell’obesità, del deficit di attenzione e dello stress mentale. Non solo. Gli effetti dell’urbanizzazione e della vita indoor riguardano anche la salute mentale: diversi studi confermano che c’è un incremento dei disturbi d’ansia (+21%) e di depressione (+39%) nelle popolazioni dei centri urbani rispetto a quelle che abitano in zone rurali, e non a caso l’incidenza del deficit di natura in termini di salute psicofisica, ambientale, sociale ed economica nel 2007 ha portato la World Future Society a collocarlo fra i dieci fattori più impattanti per la società del futuro.

Nel 1984 Roger Ulrich, professore di architettura presso il Centro per la ricerca sull’edilizia sanitaria della Chalmers University of Technology che ha sede a Goteborg, ha pubblicato sulla rivista Science uno studio dal titolo “La vista attraverso una finestra può influenzare il recupero dopo un intervento chirurgico”. Oggi, a distanza di quarant’anni dalla ricerca svedese, c’è abbastanza evidenza scientifica sui benefici della natura per la salute da attirare l’attenzione di medici, infermieri e operatori sanitari di tutto il mondo: si spiega così come mai le prescrizioni di natura siano una tendenza crescente nel settore sanitario, dove i medici prescrivono il tempo in natura come un modo - in aggiunta o in alternativa a un farmaco specifico o generico - per ottenere innumerevoli benefici sul piano della salute fisica e mentale dei pazienti: dalla mitigazione dello stress e dell’ansia, dovuta al calo del cortisolo, al miglioramento dell’umore legato all’aumento della serotonina, dall’abbassamento del rischio di patologie croniche (malattie cardiache, ictus e diabete), al potenziamento della risposta immunitaria, fino alla riduzione dell’infiammazione e del dolore. A questi si aggiungono i vantaggi certificati sui livelli di attenzione, sulla memoria, sulla creatività, ma anche sulla capacità relazionali.

Le prescrizioni di natura sono già state implementate in diversi Paesi, che adattano il concetto ai propri sistemi sanitari e ambienti naturali. Per esempio, dal 2018, in Scozia, il Servizio Sanitario Nazionale (NHS) ha iniziato a prevedere le prescrizioni di natura per aiutare a trattare una serie di disturbi, tra cui ipertensione, ansia e depressione: grazie alla collaborazione con la Royal Society for the Protection of Birds (RSPB), si possono prescrivere l’osservazione degli uccelli, passeggiate in spiaggia o altre attività open air, come la cura di un giardino. Negli Stati Uniti, iniziative come Park Rx America invitano i medici a prescrivere attività in natura, e il National Park Service supporta questo movimento, promuovendo attivamente il tempo nei parchi nazionali. In Canada il programma PaRx, sostenuto dalla British Columbia Parks Foundation, invita a prescrivere un pass per la natura ai pazienti, incoraggiandoli a trascorrere più tempo nei parchi provinciali. Nella pratica, i medici cosa possono fare? È indispensabile fornire ai pazienti indicazioni e “dosi” molto specifiche: trascorrere almeno 20 minuti al giorno nella natura urbana, almeno 5 ore al mese nella natura semi-urbana (e cioè in luoghi rurali dove la presenza dell’essere umano è evidente ma ridotta), e almeno 3 giorni all’anno nella natura selvatica (in aree dove la presenza umana è contenuta e scarsa). È utile anche adattare la prescrizione all’età, alle condizioni di salute e agli interessi individuali. Infine, a livello psicologico c’è più aderenza alla terapia quando la ricetta è scritta e riporta le specifiche “dosi” raccomandate.

Se trascorrere del tempo in natura è il nuovo standard di riferimento per il benessere, anche la creazione di natura indoor è in forte espansione. La biofilia, dal greco “amore per la vita”, venne alla ribalta nel 1984, quando E.O. Wilson, biologo, naturalista ed ecologo della Harvard University, affermò che amare la natura fa parte del nostro DNA e che la natura “detiene la chiave della nostra soddisfazione estetica, intellettuale, cognitiva e persino spirituale”. Oggi il Biophilic Design o Progettazione Biofilica porta negli spazi interni le precise esperienze di natura di cui il cervello ha bisogno, e dovrebbe diventare lo standard di progettazione architettonica per tutti gli spazi di vita interni, senza eccezioni. “Gli esseri umani sono più generosi, cooperativi e lungimiranti quando sono circondati dalla natura”, ha affermato Tim Beatley, professore di architettura presso l’Università della Virginia e direttore esecutivo del progetto Biophilic Cities, che lavora per integrare la biofilia nei centri urbani di tutto il mondo: in Italia, Verona è stata eletta prima “Città Biofilica” parte di questa rete di città impegnate a massimizzare la relazione tra cittadini e natura nel loro habitat urbano.

La connessione con la natura promuove anche la conservazione del pianeta: lo dimostra una revisione sistematica di 16 metanalisi rilevanti, che hanno esaminato i risultati di 832 studi indipendenti, che evidenzia come le prescrizioni di natura possano aiutare i pazienti a rendersi conto del loro bisogno di natura e li motivino a proteggerla per sé stessi e per le generazioni a venire. Il futuro delle prescrizioni di natura potrebbe essere influenzato dalle ricerche sul DNA, e questo potrebbe significare che ciascun paziente saprà quale tipologia di natura gli è più congeniale su base genetica: una app aiuterebbe poi a indirizzarlo verso la prescrizione di natura ideale e a geolocalizzarla in base a dove si trova. Per ora è sufficiente andare all’aperto e lasciare che la natura offra gratuitamente i suoi benefici: i sistemi sanitari che comprendono e abbracciano quest’evidenza vedranno i frutti del loro impegno non solo nell’immediato ma anche negli anni a venire.

Dott.ssa Rita Trombin
Presidente Accademia Italiana di Biofilia (AIB)
Psicologa Ambientale ed Esperta in Biophilic Design



15 novembre 2023
© Riproduzione riservata

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