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Speciale Asco. Per Stefano Cascinu (Aiom), in oncologia è tempo di restyling

di Maria Rita Montebelli

Per il presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica è necessario ridefinire al più presto il disegno dei trial clinici alla luce dei progressi della biologia molecolare, ridisegnare l’organizzazione dell’assistenza oncologica attraverso reti e centri d’eccellenza, e centralizzare in Europa i processi di autorizzazione e rimborsabilità del farmaco

01 GIU - La crisi economica da una parte e la velocità con la quale la ricerca consegna alla pratica clinica molecole sempre più sofisticate, richiede al più presto un cambiamento delle regole generali: da quelle con le quali sono stati disegnati finora i trial clinici, ai processi registrativi e di rimborso, all’assistenza oncologica. “Le aziende – afferma Stefano Cascinu, presidente Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), da Chicago, dove è in corso il 50° Congresso dell'American Society of Clinical Oncology (Asco) – cominciano a capire che se si continua così non ci sarà più sostenibilità per nessuno: né per lo Stato, né per loro, perché è inutile produrre farmaci, che non possono essere venduti perché nessuno può permetterseli. Un campanello d’allarme in questo senso, viene dalla fascia Cnn (fascia C non negoziata), dove tutti i nuovi farmaci approvati dall’EMA vanno a finire da un anno circa a questa parte. Nata con l’intento di far restare i medicinali in questo stato per un periodo breve di approvazione, in realtà si sta trascinando per molti farmaci. E intanto ci sono Regioni che autorizzano l’acquisto di questi nuovi farmaci, altre che non autorizzano; e addirittura, anche all’interno di una stessa Regione, ci sono Aziende Ospedaliere che comprano il farmaco e altre no; oppure a comprarlo deve essere lo stesso cittadino, magari attraverso la sua assicurazione sanitaria. Un fatto questo che innesca dei processi di diseguaglianza incredibili”.

Allo stesso tempo, per rendere sostenibile il progresso terapeutico, è necessario ridurre il carico di malattia e fare prevenzione, che significa diagnosi precoce, attraverso le campagne di screening, e attenzione agli stili di vita. “Questo congresso – prosegue Cascinu - segna un cambio di orientamento di una società importante come l’ASCO che, come già sta facendo da molti anni l’Aiom, si è aperta molto più alla prevenzione, come elemento fondamentale per preservare la sostenibilità del sistema”.

In cinque anni, solo attraverso l’implementazione delle campagne di screening oncologico, nel nostro Paese si potrebbero risparmiare 6 miliardi di euro e ben 50 miliardi in tutti i Paesi della comunità europea. Attualmente, il conto che il tumore presenta ai sistemi sanitari è di 16 miliardi l’anno in Italia e di 126 miliardi in Europa, mentre il carico umano della malattia è impressionante, con tre decessi al minuto. Nel 2012, i casi di tumore diagnosticati in Europa sono stati 3.450.000 e i decessi correlati 1.750.000. Per questo l’Aiom chiede al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin che i sei mesi di presidenza italiana del Consiglio dell’UE, diventino il semestre di prevenzione contro il cancro.

Le patologie tumorali che assorbono maggiori risorse finanziarie in Europa sono il tumore del polmone (18,8 miliardi l’anno), quello del seno (15 miliardi), del colon-retto (13,1 miliardi) e della prostata (8,43 miliardi). La spesa media in Europa per la cura del cancro è pari a 102 euro per cittadino; L’Italia si colloca al di sopra della media europea, con 114 euro a persona. In Italia per alcuni tipi di tumore, la sopravvivenza è superiore alla media europea; nel 2013 erano 2,8 milioni i pazienti con sopravvissuti al tumore e nel 2020 si stima che saranno 4,5 milioni.

L'aumento di sopravvivenza più importante negli ultimi anni è indubbiamente imputabile alle terapie adiuvanti; ne sono esempi il tumore della mammella e quello del colon-retto. “Ma questi milioni di persone sopravvissute alle neoplasie – ricorda la dottoressa Stefania Gori, segretario AIOM - presentano una serie di problematiche, alle quali gli oncologi non sono abituati a rispondere e che richiedono per essere affrontate adeguatamente una forte sinergia con la medicina generale; su questo Aiom sta costruendo dei progetti specifici”.

L’assistenza oncologica in Italia va ridisegnata, su due capisaldi: i centri d’eccellenza, per il trattamento delle malattie rare (es. osteosarcoma nei bambini) e le reti oncologiche, per i tumori più diffusi (mammella, colon-retto, polmone e prostata). “Il Piano Oncologico 2011-2013 – spiega il prof. Cascinu - è finito in  fondo ad un cassetto, senza essere stato mai approvato. Quel piano prevedeva, come punti chiave, le reti oncologiche, che sono state realizzate solo in Lombardia, Piemonte/Val d’Aosta, Toscana e Provincia autonoma di Trento e la prevenzione. Le reti devono superare il problema della logistica e della competenza; se si lavora tutti insieme in più punti, non si fa muovere il paziente, ma si garantisce lo stesso tipo di trattamento a tutti. E a questo, continuiamo a credere. Non è questione di chiudere le piccole oncologie, ma di garantire la migliore qualità di cura ai pazienti: chi si farebbe operare da un chirurgo che fa un intervento all’anno per un tumore del pancreas? Gli interventi più complessi vanno centralizzati, anche attraverso la collaborazione con centri di altre regioni. Allo stesso tempo, non è pensabile far spostare un paziente di 150 Km per fare chemioterapia; non è etico ed è anche antieconomico. Con il Cipomo stiamo lavorando in Agenas, a costruire i requisiti minimi delle reti oncologiche. Speriamo che entro la primavera del 2015 sia pronto il documento da sottoporre alla Conferenza Stato-Regioni”.

Le nuove conoscenze di biologia molecolare porteranno intanto a disegnare nuovi trial clinici. “Non sarà più necessario fare trial clinici con migliaia di pazienti – spiega Cascinu - ne basteranno magari 50-100, accuratamente selezionati dal punto di vista molecolare; con uno studio così, si registrerà un farmaco e questo porterà a cambiare tutto il sistema di registrazione dei farmaci. Sarà necessario che le autorità regolatorie seguano questi progressi, con la stessa elasticità e prontezza con le quali, noi oncologi li seguiremo dal punto di vista clinico. Anche i processi registrativi e di rimborso andranno rivisti. In linea con quanto espresso da un recente editoriale pubblicato su Lancet Oncology, riteniamo che l’EMA debba occuparsi non solo della valutazione del beneficio clinico della terapia, esaminata in termini di efficacia, ma anche del suo prezzo e rimborsabilità. In questi giorni si terrà infine una joint committee EMA-FDA per discutere come rendere omogeneo il processo di autorizzazione regolatoria delle due agenzie, alla luce delle nuove evidenze, che evidentemente i vecchi trial clinici non riescono più a soddisfare”.

Maria Rita Montebelli

01 giugno 2014
© Riproduzione riservata

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