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Il sale, nemico o alleato della salute? Scienziati divisi

di Maria Rita Montebelli

A distanza di pochi giorni, due articoli pubblicati su prestigiose riviste internazionali giungono a conclusioni opposte sugli effetti del sale sulla salute. Secondo la review pubblicata su JACC l’eccesso di sale è un vero e proprio flagello, a prescindere che aumenti o no la pressione. Ma un lavoro tedesco pubblicato su Cell Metabolism, lo propone addirittura come strategia vincente contro le infezioni

12 MAR - All’indomani del servizio della rivista Time dello scorso 2 marzo, dedicato al sale come potente alleato della salute nella lotta contro i batteri, arriva invece da JACC (Journal of the American College of Cardiology), la rivista dei cardiologi americani, una vera e propria doccia fredda. Una revisione degli articoli pubblicati in letteratura porta infatti gli autori di questo lavoro a concludere che il sale fa male, sempre. A prescindere dal fatto che faccia o meno aumentare la pressione arteriosa.
 
“Le risposte della pressione arteriosa alle variazioni del sodio nella dieta – spiega uno degli autori dello studio,  William Farquhar del Department of Kinesiology and Applied Physiology, Università del Delaware - mostrano un’ampia variabilità di risposte e questo ha portato al concetto di ipertensione ‘sensibile al sale’. In realtà non esistono linee guida standardizzate che consentano di classificare gli individui come affetti da ipertensione ‘sale-sensibile’.
 
Questa ‘classificazione’ scaturisce dunque solo dall’osservazione che nei periodi di dieta ad elevato contenuto di sodio, la pressione arteriosa in una determinata persona tende ad aumentare, per poi ridursi eliminando l’eccesso di sale dalla dieta. I soggetti che non mostrano alterazioni pressorie al variare del contenuto di sale nella dieta, vengono al contrario considerate ‘sale-resistenti’.”
 
Ma anche queste persone, apparentemente protette dagli effetti negativi del sale, hanno poco di che stare allegre, secondo gli autori dello studio pubblicato su JACC. Anche senza lasciare segni visibili, come quelli sulla pressione, il sale infatti esercita una serie di potenziali effetti negativi sulle arterie, compreso quello di alterare la normale funzionalità dell’endotelio, il ‘rivestimento’ interno dei vasi. Questo a sua volta provoca a cascata una serie di ricadute sulla adesione piastrinica, sulla coagulazione e sulle funzioni immunitarie. Un eccesso di sodio infine può portare anche ad un ‘irrigidimento’ della parete dei vasi. Ma non è tutto.
 
“Una dieta ad elevato contenuto di sodio – spiega un altro autore dello studio,  David Edwards dell’Università del Delaware – può provocare anche un’ipertrofia del ventricolo sinistro e, man mano che la parete di questa camera cardiaca si ispessisce, il ventricolo diventa meno compliante, cioè si riempie con maggior difficoltà e poi fa fatica a pompare il sangue verso l’aorta”.
 
E le malefatte del sale non si limitano all’apparato cardiovascolare. Una serie di studi hanno dimostrato ad esempio che un eccesso di sale provoca un deterioramento della funzionalità renale, mentre a livello del sistema nervoso simpatico attiva la cosiddetta risposta ‘fuggi-o-combatti’.
 
“Consumare cronicamente una dieta ricca di sale – spiega Farquhar – provoca una specie di ‘sensibilizzazione’ dei neuroni simpatici nel cervello, fatto questo che causa una risposta eccessiva ad una serie di stimoli, compresa la contrazione dei muscoli scheletrici. In questo modo, anche in presenza di una pressione arteriosa non elevata, l’iperattivazione simpatica cronica comporta dei danni a livello degli organi bersaglio”.
 
Non è facile naturalmente provare in maniera scientifica che riducendo il sale nella dieta, si riesca ad invertire questi fenomeni e limitare i danni. Finora tuttavia sono stati condotti una serie di studi che confermano la plausibilità biologica dell’associazione tra eccesso di sale e aumento della pressione arteriosa ed eventi cardiovascolari. E per questo l’American Heart Association raccomanda di consumare meno di 1,5 milligrammi di sodio al giorno.
 
Cosa fare dunque per limitare i danni e ridurre il contenuto di sale nella dieta di tutti i giorni? “Bisognerebbe cominciare – affermano gli autori della review – col non mettere a tavola la saliera. Ma naturalmente non basta, visto che circa il 70 per cento del sale che ingeriamo con la dieta viene dal consumo di cibi processati, compresi alcuni ‘insospettabili’, quali pane e cereali. Grande attenzione deve fare chi mangia spesso al ristorante dove è noto che si fa un abbondante uso di sale, certamente maggiore che nella cucina casalinga. Altro consiglio è dunque quello di cercare di consumare cibi preparati in casa, insaporendoli magari con spezie ed erbe al posto del sale, e di limitare al massimo le uscite al ristorante.
 
Riuscire a sradicare l’abitudine del mangiare ‘saporito’ non è certo realizzabile da un giorno all’altro e perché abbia un impatto a livello di popolazione generale, è necessario e auspicabile uno sforzo condiviso e una sinergia tra società scientifiche, industria alimentare, ristoratori, politici ed educatori.
 
Maria Rita Montebelli

12 marzo 2015
© Riproduzione riservata

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