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Emofilia A con inibitori: emicizumab, un anticorpo somministrato sottocute, rivoluziona il trattamento di questa condizione

di Maria Rita Montebelli

E’ un momento di innovazioni straordinarie nel trattamento dell’emofilia, scrive un editorialista sul New England, commentando gli ottimi risultati di HAVEN 1, uno studio di fase 3, presentato oggi a Berlino al congresso dell’ISHT. E non è un’esagerazione. E’ la prima volta di un trattamento per l’emofilia somministrato per via sottocutanea e non per infusione endovenosa. Ed è la prima volta che un anticorpo bispecifico viene utilizzato per il trattamento di questa condizione difficile (emofilia A con inibitori)

10 LUG - L’emofilia A è il più comune dei gravi disordini emorragici ereditari nell’uomo ed è causata da un deficit o da una disfunzione del fattore VIII della coagulazione.
 
Negli ultimi 50 anni il trattamento on demand prima e la profilassi poi di questa condizione sono stati affidati alla terapia sostitutiva, cioè alla somministrazione endovena prima di plasma derivati (che tra l’altro sono stati alla base della ‘strage da plasma derivati’, cioè dal contagio di migliaia di persone con HIV e virus dell’epatite negli anni ’80-‘90), poi di fattore VIII ricombinante. Una terapia da somministrare per via endovenosa 2-3 volte a settimana, anche se negli ultimi mesi sono state messe a disposizione dei pazienti prodotti di bioingegneria dall’emivita media più lunga (18 ore, contro le 12 dei vecchi prodotti ricombinanti) che hanno permesso di alleggerire la schedula di trattamento.
 
La terapia preventiva che ha sostituito quella on demand (cioè da effettuare solo in caso di sanguinamento) ha prodotto un netto miglioramento della qualità di vita dei pazienti con emofilia, riducendone la disabilità articolare e proteggendoli dal rischio di sanguinamenti potenzialmente fatali. Purtroppo in circa un paziente su tre (in particolare tra quelli con deficit grave del fattore VIII) l’efficacia di questi trattamenti può essere pregiudicata dalla comparsa dei cosiddetti ‘inibitori’, anticorpi che neutralizzano gli effetti della terapia con fattore VIII, esponendo il paziente al rischio di sanguinamenti.
 
Questa complicanza è stata finora affrontata con la somministrazione dei cosiddetti ‘agenti bypassanti’ (fattore VII attivato ricombinante e concentrati di complesso protrombinico attivato) e col tentativo di indurre tolleranza immunologica nei confronti del fattore VIII, attraverso infusioni ripetute di fattore VIII per un lungo periodo di tempo.
 
Nessuno dei due approcci è ottimale, né sull’endpoint sanguinamento, né in pratica. “La qualità di vita dei pazienti ne risente – ricorda in un editoriale pubblicato sul New England Journal od Medicine David Lillicrap, del dipartimento di patologia e medicina molecolare della Queen’s University, Kingston, Canada – e il trattamento di un singolo episodio di sanguinamento può arrivare a costare fino ad un milione di dollari.”
 
Ma finalmente ci sono importanti novità in arrivo. Anzi, come la definisce l’editorialista, una ‘elegante soluzione’ al problema: l’emicizumab, un anticorpo bispecifico IgG4 ricombinante umanizzato che si lega al fattore IX e al fattore X, fornendo in questo modo una parte della funzione ‘cofattore-impalcatura’ del fattore VIII attivato. Oltre a non scatenare una risposta anticorpale neutralizzante e ad essere dunque molto efficace nel mettere al riparo dal rischio di sanguinamenti, emicizumab rappresenta un trattamento rivoluzionario nel mondo dell’emofilia anche per la sua via di somministrazione che è sottocutanea e mono-settimanale.
 
A dimostrare la validità delle performance del nuovo trattamento ci ha pensato lo studio di fase 3 HAVEN 1 presentato al congresso ISHT (International Society on Thrombosis and Hemostasis) in corso a Berlino e pubblicato in contemporanea sul New England Journal of Medicine.
 
Lo studio (primo autore Johannes Oldenburg dell’università di Bonn, Germania) - al quale ha contribuito anche la professoressa Elena Santagostino, responsabile UO Emofilia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano – ha arruolato 109 pazienti dai 12 anni in su, affetti da emofilia A con inibitori; i pazienti che avevano ricevuto trattamento episodico con un agente bypassante sono stati assegnati in maniera randomizzata, alla profilassi con una somministrazione settimanale di emicizumab per via sottocutanea o a nessuna terapia (in rapporto 2:1, rispettivamente gruppo A e B); i pazienti che erano stati in passato sottoposti a profilassi con un agente bypassante sono stati allocati ad un terzo gruppo (C) e trattati con emicizumab in profilassi.  L’endpoint primario scelto per misurare gli effetti del trattamento era la differenza nel tasso di eventi di sanguinamento trattati nei vari gruppi.
 
Il tasso di sanguinamento nei soggetti trattati in profilassi con emicizumab è risultato inferiore dell’87% rispetto al gruppo senza nessuna profilassi (tasso di sanguinamento annualizzato: 2,9 eventi contro 23,3 eventi); il 63% dei soggetti nel gruppo emicizumab non ha presentato alcune episodio di sanguinamento durante lo studio. Nei pazienti assegnati al gruppo C infine, il tasso di sanguinamento con la profilassi con emicizumab è risultato del 79% inferiore rispetto a quello ottenuto con la precedente terapia profilattica con agenti bypassanti (tasso di sanguinamento annualizzato: 3,3 eventi contro 15,7 eventi).
 
Il rischio di questi trattamenti è sempre quello di far pendere troppo l’ago della bilancia verso l’altro estremo dei disordini della coagulazione, cioè di provocare fenomeni trombotici. In questo studio ne sono stati registrati 5, ma tutti a carico di pazienti trattati con emicizumab con l’aggiunta di altri agenti procoagulanti (dosi elevate e ripetute di concentrati di complesso protrombinico attivato); nessun evento trombotico è stato invece registrato tra i pazienti in trattamento con il solo emicizumab.
 
“I risultati di questo studio di fase III – commenta l’editorialista – sono estremamente importanti per chi ha combattuto negli ultimi trent’anni la calamità emostatica della formazione degli inibitori del fattore VIII con le stesse terapie bypassanti”.-
Restano naturalmente da chiarire ancora una serie di punti, suggeriti da Lillicrap: quale sia la miglior terapia di salvataggio qualora si dovesse verificare un episodio di sanguinamento durante la terapia con emicizumab (ed evidentemente la soluzione non può essere affidata alla somministrazione ripetuta di elevate dosi di concentrati di complesso protrombinico attivato) e come integrare la profilassi con emicizumab nelle attuali schedule di induzione di tolleranza immunologica al fattore VIII.
 
Di certo, nel frattempo, la profilassi con emicizumab potrà ridurre notevolmente i tassi di sanguinamento in questa categoria di pazienti ‘difficili’. E intanto sono in corso studi per determinarne l’efficacia in una popolazioni di pazienti pediatrici con emofilia e inibitori ma anche in pazienti con emofilia, senza inibitori.
 
"Accogliamo con entusiasmo i risultati di efficacia di emicizumab negli adulti con emofilia A ed inibitori e i risultati ad interim nei bambini con inibitori. - ha affermato Maurizio de Cicco, Presidente e Amministratore Delegato di Roche Italia – Lo sviluppo di inibitori, che rendono meno efficace, o inefficace, la terapia sostitutiva con fattore VIII, rappresenta una delle principali sfide odierne nel trattamento dell’emofilia A, esponendo i pazienti ad un alto rischio di sanguinamenti ripetuti, anche potenzialmente letali e che più frequentemente possono causare danno articolare a lungo termine. Come Roche, siamo particolarmente orgogliosi di poter fare la differenza nella vita delle persone che, insieme alle loro famiglie, affrontano quotidianamente con coraggio questa malattia cronica così invalidante.”

Maria Rita Montebelli

10 luglio 2017
© Riproduzione riservata

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