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Diabete e tumori: i nuovi risvolti di una relazione pericolosa


Due studi, sul carcinoma della prostata e della mammella, presentati al congresso annuale dell’EASD da giovani ricercatori della Società Italiana di Diabetologia rivelano nuovi importanti novità della relazione che lega il diabete ai tumori e suggeriscono inediti bersagli terapeutici e marcatori di aggressività per alcuni tumori. Lusinghieri risultati per la ricerca italiana che quest’anno come non mai è stata protagonista al congresso europeo di diabetologia.

13 SET - Il diabete aumenta notevolmente il rischio di sviluppare un tumore o una recidiva. Per questo, controllare bene questa condizione rappresenta anche un modo per fare prevenzione contro i tumori. Ma la relazione pericolosa tra queste due condizioni va ben oltre ed investe il campo della terapia oncologica: un diabete fuori controllo può infatti addirittura interferire con la risposta al trattamento antitumorale.
 
Se ne è parlato a Lisbona, in occasione del congresso annuale dell’EASD (European Association for the Study of Diabetes), dove la dottoressa Maria Rosaria Ambrosio dell’Università Federico II di Napoli, vincitrice di un travel grant della Società Italiana di Diabetologia, ha presentato una ricerca che individua uno dei meccanismi attraverso i quali l’iperglicemia induce resistenza al tamoxifene, un inibitore selettivo del recettore per gli estrogeni, utilizzato nel tumore della mammella.
 
In particolare, elevati livelli di glucosio modificano la sensibilità delle cellule del tumore della mammella al tamoxifene agendo sul CTGF (Connective Tissue Growth Factor); e già studi precedenti avevano dimostrato che una maggior espressione del fattore CTGF risulta correlata con la resistenza ai trattamenti anti-tumorali.
L’eccesso di glucosio inoltre promuove la secrezione di interleuchina-8 (IL-8) da parte degli adipociti e in questo modo modula il fattore CTGF sulle cellule di tumore della mammella, riducendone la risposta al tamoxifene.
 
 
Gli autori ribadiscono dunque la raccomandazione di uno stretto controllo della glicemia nelle donne diabetiche affette da cancro della mammella, anche allo scopo di ottenere una migliore risposta ai farmaci anti-tumorali. L’individuazione del CTGF come mediatore della risposta al tamoxifene, potrebbe inoltre portare a farne un futuro bersaglio terapeutico per contrastare la farmaco-resistenza nelle pazienti diabetiche affette da carcinoma mammario.
 
“Si tratta di una ricerca importante con promettenti ricadute cliniche  per le donne diabetiche affette da tumore della mammella – commenta il professor Giorgio Sesti, presidente della SID – L’avanzamento delle conoscenze in questo campo potrebbe consentire in futuro di ottenere una maggiore risposta ai farmaci anti-tumorali”.
 
Un altro studio presentato a Lisbona da Sebastiano Messineo dell’Università della ‘Magna Graecia’ di Catanzaro e colleghi invece investigato il ruolo della metformina (terapia utilizzata contro il diabete di tipo 2), nel tumore della prostata, arrivando alla conclusione che questo farmaco potrebbe ridurre l’aggressività i questo tumore.
 
Lo studio ha valutato l’effetto della metformina su cellule di cancro della prostata sia in condizioni normali, che di ipossia.
La mancanza di ossigeno gioca un ruolo cruciale nell’aggressività dei tumori solidi.  Durante la progressione del tumore infatti l’ipossia stimola l’espressione di alcuni geni particolari, come l’HIF1 (hypoxia-inducible factor 1) che a sua volta induce la produzione di visfatina, un’adipochina che gioca un ruolo importante nel promuovere la proliferazione delle cellule tumorali.
 
In questo studio, il trattamento con metformina (farmaco usato nel diabete di tipo 2 che in precedenti studi ha dimostrato importanti effetti anti-proliferativi), si è rivelato in grado di ridurre in maniera importante i livelli circolanti di visfatina, sia in condizioni normali che di carenza di ossigeno. Questi risultati dimostrano dunque che l’attività antiproliferativa della metformina, nelle cellule di tumore della prostata, potrebbe essere mediata, almeno in parte da un’azione sull’asse HIF1/visfatina. La visfatina potrebbe inoltre trovare impiego in clinica come biomarcatore di aggressività nei pazienti con tumore della prostata.
 
“La nostra ricerca individua un nuovo meccanismo molecolare attraverso il quale la metformina può svolgere la sua azione anti-proliferativa in pazienti con cancro della prostata, un tumore relativamente frequente nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 e altre condizioni di insulino-resistenza – spiega il professor Antonio Brunetti, che ha coordinato lo studio – Infatti, inibendo l’asse HIF1/visfatina, la metformina agirebbe ostacolando il metabolismo della cellula tumorale. Sono necessari ulteriori studi per valutare se un simile meccanismo può essere operativo in altri tumori più frequentemente associati alla malattia diabetica”.  
 
“I risultati di questa ricerca potrebbero avere promettenti ricadute cliniche per gli uomini affetti da tumore della prostata – commenta il professor Sesti – La visfatina sembra essere un sensibile biomarcatore non invasivo per il monitoraggio dell’aggressività del cancro della prostata e la metformina un utile trattamento di questa forma neoplastica. Sono particolarmente lieto che tali ricerche possano essere presentate in un importante congresso internazionale da giovani ricercatori sostenuti dalla SID”.

13 settembre 2017
© Riproduzione riservata

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