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Vaccinazioni. Usa in controtendenza: infomazioni social non influiscono sulla copertura


Secondo uno studio condotto negli Usa, le informazioni sui vaccini pubblicate sul web e sui social media e fornite durante la gravidanza migliorano le percentuali di bambini vaccinati. Un dato nettamente in controtendenza rispetto alla nostra realtà. I rosultati dello studio sono stati pubblicati da Peditrics

07 NOV - (Reuters Health) – Molti genitori che esitano a vaccinare i loro figli e che non si fidano delle fonti tradizionali rappresentate dalle autorità scientifiche cercano informazioni online. Partendo da questa premessa, Jason M. Glanz e colleghi del Kaiser Permanente Colorado di Denver, hanno valutato l’efficacia delle informazioni sui vaccini pubblicate sul web e sui social nel migliorare l’accettazione delle vaccinazioni nell’ambito del Colorado Vaccine Social Media study. I risultati dello studio sono stati pubblicati online il 6 novembre su Pediatrics.

I ricercatori hanno fornito informazioni sui vaccini in modo casuale a 1.093 donne in gravidanza (età media 32). Le fonti di informazione, con un rapporto 3: 2: 1, erano le seguenti: un sito web con componente social interattiva (VSM), sito web senza interazioni (VI), semplici e usuali informazioni preventive pediatriche (UC). Al momento dell’arruolamento nello studio, il 14% dei partecipanti era titubante sull’efficacia dei vaccini e più del 62% aveva riferito di utilizzare Internet con frequenza almeno settimanale per avere informazioni sulla salute. Valutando gli 888 partecipanti (44% esitanti sui vaccini, 34% favorevoli) sottoposti a 200 giorni di follow-up, è emerso che più di un terzo dei gruppi VSM e VI (35,0%) ha visitato almeno una volta i siti web assegnati. I partecipanti del gruppo VSM hanno anche contribuito attivamente con 90 commenti e domande online durante il periodo dello studio.

Le valutazioni
Il team di ricerca ha valutato il numero di giorni under-vaccinated e up-to-date, dalla nascita all’età di 200 giorn,i in relazione a sei vaccini raccomandati dall’ Advisory Committee on Immunization Practices: epatite B, rotavirus, difterite-tetano-pertosse acellulare, pneumococco Haemophilus influenzae b, pneumococco e poliomielite. Il numero medio dei giorni under-vaccinated era significativamente inferiore nel gruppo VSM (438,5 giorni) rispetto al gruppo UC (465,4 giorni), ma non differiva notevolmente tra i gruppi VSM e VI o tra i gruppi VI e UC. Alla fine del follow-up, il 92,5% dei neonati VSM, il 91,3% dei neonati VI e l’86,6% dei neonati UC eranoin linea con le vaccinazioni. All’età di 200 giorni, i neonati del gruppo VSM avevano una significativa maggiore probabilità di essere in regola con le vaccinazioni rispetto ai neonati del gruppo UC (odds ratio, 1,92), indipendentemente dal fatto che le loro madri avessero manifestato diffidenza nei confronti dei vaccini.

I risultati sono stati confermati in una subanalisi che includeva solo la vaccinazione contro morbillo-parotite-rosolia, ma le differenze non erano statisticamente significative. “Questi risultati suggeriscono che interventi interattivi e informativi gestiti all’esterno dell’ambiente medico scientifico possono migliorare l’accettazione del vaccino”, concludono i ricercatori.

Fonte: Pediatrics 2017

Reuters Staff

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

07 novembre 2017
© Riproduzione riservata

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