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La riduzione del rischio: un concetto applicabile al fumo?


Cento milioni di persone sono morte, il secolo scorso, a causa del fumo. Per questo secolo si prevedono circa 1 miliardo di decessi. Politiche pubbliche, divieti, sostituti a base di nicotina possono aiutare, ma per coloro che non riescono a smettere di fumare si può ricorrere a dispositivi che siano “meno dannosi”, secondo gli esperti intervenuti alla Conferenza Internazionale sulla Riduzione dei Danni nelle Malattie Non Trasmissibili a Parigi.

05 FEB - Negli anni ’80, proprio mentre negli Stati Uniti veniva portata avanti una guerra senza quartiere contro la droga, Margaret Thatcher, nel Regno Unito, prese delle misure per tenere i tossicodipendenti al sicuro dall’HIV, come fornire degli aghi puliti per evitare gli scambi e prevenire il contagio. Fu una decisione molto controversa, che comunque permise di contrastare la diffusione del virus. Si tratta di un classico esempio di riduzione del rischio: naturalmente la soluzione migliore sarebbe stata, per i tossicodipendenti, disintossicarsi e non fare uso di droghe, ma, vista l’impossibilità di agire in breve tempo su questo aspetto, la scelta è stata quella di mettere al sicuro le persone dalle infezioni.

Un altro aspetto altrettanto controverso a cui può essere applicato il principio di riduzione del rischio è il fumo. Il tabagismo infatti causa ogni anno la morte di 7,2 milioni di persone, di cui circa 80 mila in Italia, è stato ricordato in occasione della Conferenza Internazionale sulla Riduzione dei Danni nelle Malattie Non Trasmissibili, che si è tenuta il 2 e il 3 febbraio a Parigi. Secondo le previsioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e come sottolineato dalla Professoressa Laura Rosen, del Department of Health Promotion all’Università di Tel Aviv, “in questo secolo ci si aspetta un miliardo di morti a causa del fumo”.
 
Come prevenire questi decessi? Sicuramente il modo migliore sarebbe evitare che le persone inizino a fumare e far smettere di fumare le persone che già fumano. Si tratta però di un processo complesso: si stima infatti che il 70% dei fumatori voglia smettere, ma solo il 5% ci riesca senza aiuti. I sostituti a base di nicotina, come gomme da masticare e cerotti, possono essere un supporto utile, considerando che ciò che crea dipendenza nelle sigarette è la nicotina che, pur essendo una sostanza dannosa, “non è la responsabile diretta dei tumori, delle patologie polmonari e cardiache correlati al fumo”, ha ricordato Rosen.
 
Sono prodotti efficaci nel primo periodo: “il tasso iniziale di persone che smettono di fumare è del 75%, con il tempo però la percentuale scende, fino ad arrivare ad un tasso del 14% dopo quattro anni”, ha precisato Rosen. “È fantastico che il 14% di coloro che ci provano con questi prodotti smetta effettivamente di fumare, ma la percentuale di persone che continua resta ancora molto alta e al livello della popolazione non abbiamo risolto il problema”.  I dispositivi alternativi senza combustione rappresentano, secondo Rosen, uno strumento interessante per inviare al cervello in modo efficiente, come le sigarette classiche, la nicotina, con una quantità molto inferiore di sostanze tossiche. “A coloro che non riescono o non vogliono smettere si può dare loro qualcosa che sia meno dannoso”. Tuttavia secondo la Professoressa, questi dispositivi dovrebbero essere “gestiti dai medici e inaccessibili ai giovani”.

"Secondo gli studi, le e-cig e i dispositivi che scaldano il tabacco senza combustione - producono il 93% circa di sostanze cancerogene in meno rispetto alle sigarette classiche”, ha precisato il Dottor Peter Harper ex direttore di oncologia al Guy’s, King’s and St Thomas Hospital a Londra. “Certo: la cosa migliore sarebbe smettere completamente, zero sigarette, e questa è la nostra indicazione ai pazienti. Ma smettere in modo definitivo non è facile, e tutto quello che facciamo noi medici puntando alla riduzione del danno è mirare ad ottenere un risultato concreto”.

05 febbraio 2020
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