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I Forum di QS. Sanità pubblica addio? Agneni: “Le ‘mediche’ potranno migliorare la sanità?”

di Maria Luisa Agneni

La crescita e la preponderante presenza numerica delle donne potrebbe migliorare la professione? Potrebbe portare vantaggio alla medicina? Non sono pochi, anche sul piano scientifico coloro che ritengono che il genio delle donne sia un vantaggio per tutti” e non si deve limitare ai problemi contrattuali

07 APR -

L’ultimo libro del prof Cavicchi “Sanità Pubblica Addio-il cinismo delle incapacità” è un libro di denuncia, di riflessioni e di proposte da parte di uno dei maggiori esperti in materia che ha vissuto in prima persona tutte le vicende che hanno riguardato il SSN dalla sua nascita ad oggi.

Per la prima volta vengono elencati tutti gli errori che sono stati fatti dalla riforma del 1978 in poi, che nei tempi successivi avrebbe avuto bisogno di integrazioni , arricchimenti e perfezionamenti alla luce delle consapevolezze derivate dalla teoria della complessità (approdata in Italia solo negli anni ottanta) e che invece è stata controriformata cioè modificata in maniera regressiva, peggiorativa e incoerente rispetto all’articolo 32 della Costituzione suo iniziale faro ispiratore .

Così l’art. 32 man mano ha perso la sua forza e il suo significato, quello voluto dai padri costituenti ,la vera “arché” che ha orientato la riforma dopo il fallimento del sistema mutualistico.

E’ successo, sorprendentemente, a causa di una forza politica, la sinistra, protagonista sia della riforma del 1978 sia, della sua successiva progressione controriformista .

E’ un libro che ci offre la possibilità di comprendere meglio quello che è successo nella sanità del nostro Paese, è una descrizione puntuale che sintetizza gli interventi legislativi sul SSN nel corso degli anni e li pone cronologicamente in modo da renderli comprensibili non solo nel contenuto ma soprattutto nella loro logica demolitrice fino ad oggi che il SSN sta all’inevitabile e prevedibile epilogo.

E’ l’ulteriore libro del Prof Cavicchi che tutti i medici dovrebbero leggere perché, ad eccezione dei colleghi che si occupano solo di Sanità, noi clinici, nel tempo, abbiamo dovuto recepire il senso delle varie riforme, adeguandoci, comprendendo in maniera frammentaria senza averne una visione d’insieme. Ecco in questo libro troveremo il modo di ricostruire una realtà con l’aiuto di attendibili informazioni e soprattutto di preziose ed acutissime riflessioni.

In particolar modo i giovani colleghi potrebbero farsi un’idea di come siamo giunti alla situazione attuale e fare scelte più consapevoli nel mondo del lavoro.

Cavicchi ci segnala che chi avrebbe dovuto formarci ed informarci su questi argomenti, ovvero chi ci dovrebbe rappresentare come i sindacati o come le istituzioni ordinistiche non solo non lo ha fatto ma non ha battuto ciglio sull’avvicendarsi delle riforme a vantaggio di scelte aziendali che avrebbero ed hanno inciso sul nostro lavoro e non sempre a beneficio del sistema universalistico, dimostrando scarsissima lungimiranza.

Effettivamente anche noi medici, aggiungo io, abbiamo le nostre responsabilità, piuttosto distratti e individualisti , presi dal lavoro, non coesi come categoria ma illusi di trovare comunque una propria comfort zone nel proprio contesto senza percepire alcun rischio.

Per chi lavora nel SSN questo disinteresse è imperdonabile come lo è anche l’accettazione di una deriva verso la totale crisi della medicina e della sanità da parte degli ordini, con rarissime eccezioni, che dovrebbero avere a cuore il futuro della nostra professione, e da parte dei sindacati , con rarissime eccezioni, che hanno fatto a gara ad accettare ed adeguarsi vagheggiando invano addirittura opportunità di miglioramenti lavorativi ed economici mai avvenuti.

La Fnomceo tra l’altro ha inserito alcuni principi delle confro-riforme addirittura nel nostro codice deontologico (vedi l’art.6).

Così nel tempo il senso dell’articolo 32, apparentemente immodificato,viene riformato e trasformato dalla politica.

Infatti con il pretesto ripetuto in tutte le salse che non si può dare tutto a tutti, anziché considerare l’essenza dell’art. 32 come irrinunciabile punto di riferimento e mettere mano coraggiosamente ad una riforma strutturale del SSN ,la politica ha apportato modifiche ed integrazioni che hanno snaturato il suo valore portando il Sistema alla crisi attuale.

Una riforma che avrebbe dovuto tener conto del nuovo concetto di salute più ampio e più complesso rispetto a quello di impostazione igienistica del 1947 in cui fu scritto l’articolo.

Così facendo in nome dell’economicismo, dell’aziendalismo, della privatizzazione, dell’appropriatezza, della sostenibilità, la politica ha scelto e sceglie di vincolare il diritto alla salute come diritto “finanziariamente condizionato” illudendosi di gestire la sanità come aziende. Aziende a diritto privato naturalmente dove le prassi saranno “amministrate” contrariamente a quelle di diritto pubblico dove invece le prassi vengono “disciplinate.”

Nel libro vengono descritti e commentati con la nota perspicacia e schiettezza dell’autore tutti i momenti più determinanti che ci hanno portato alla crisi attuale: dalla legge 502 del 1992 a quella del 1999 con l’individuazione dei LEA e soprattutto la nascita delle Aziende con le sue ripercussioni alla creazione successiva del sistema “ multipilastro” (sistema pubblico, privato ,terzo settore…) alla creazione del walfare aziendale e al passaggio dalla sanità integrativa a quella sostitutiva.

E che dire dell’intramoenia? Di fronte ad una inderogabile necessità di cure si sono discriminati i cittadini più deboli dal puto di vista economico.

Una opportunità per i medici di guadagnare di più, in mancanza di aumenti stipendiali, che ha allargato il divario fra chi può permettersi assistenza a pagamento (compresa quella ospedaliera e di degenza) e chi no con strutture e professionisti invarianti e che ha contribuito non poco a rompere il rapporto fiduciario fra pazienti e medici.

La creazione delle “competenze avanzate” affidando agli infermieri alcune competenze mediche per risparmiare ha poi messo insieme economicismo e corporativismo, provocando la concorrenza fra le professioni anziché promuoverne la loro cooperazione, con il rischio di abbassare l’asticella della qualità .

La riforma del titolo V e un PNRR totalmente sbilanciato sulla privatizzazione, faranno il resto.

Assolutamente condivisibili i capitoli sull’Ospedale mai riformato, anzi, oggetto di ostilità con copiosi tagli di posti letto in nome della de-ospedalizzazione sempre vagheggiata ma invano, sul Medico di Medicina Generale in conflitto con le regioni e dimezzati nel loro impegno considerati nel loro agire sia professionisti a convenzione sia dipendenti all’interno delle strutture aziendali con le prevedibili infelici conseguenze.

Oltre al capitolo sulla grande occasione mancata e cioè sul rammarico per una autentica e determinante riforma del SSN che una certa politica, in tempi favorevoli, ha rinunciato a fare almeno finora, vorrei segnalare la questione della femminilizzazione della medicina e della professione medica che ritroviamo dibattuta nel libro e che dovrebbe essere considerata un cambio epocale.

A tutt’oggi è un’altra occasione mancata perché al momento le donne medico, le “mediche”, hanno dimostrato di non avere le ali per volare ossia di non avere un pensiero per riformare la medicina e di conseguenza la sanità.

La medicina nel diventare scienza si è connotata di caratteristiche maschili, è una scienza maschile e tale rimane fino ad oggi malgrado la prevalenza femminile che dimostra che non basta avere una maggiore consistenza numerica per un cambiamento ma è necessario anche un pensiero che avvii e sostenga ciò che andrebbe cambiato.

Perché negli organismi di rappresentanza ( sindacati – ordini- fnomceo) le donne sono ancora pochissime? Perché siamo così poco rappresentate? Preferiamo lavorare a testa bassa e lasciare ai colleghi uomini le cariche di una rappresentanza tanto debole quanto democraticamente legittima? (sono pochissimi i medici che votano alle elezioni ordinistiche e sono pochi gli iscritti ai sindacati).

Forse queste istituzioni non si sono rese attrattive o forse sono così deludenti che da loro ci si può solo allontanare? Ma non si cambierà nulla se si rimane fuori e per questo bisogna impegnarsi , sperando che si abbia qualcosa da proporre.

La crescita e la preponderante presenza numerica delle donne potrebbe migliorare la professione? Potrebbe portare vantaggio alla medicina? Non sono pochi, anche sul piano scientifico coloro che ritengono che il genio delle donne sia un vantaggio per tutti” e non si deve limitare ai problemi contrattuali. Definire un pensiero di cambiamento è difficile, necessita ricerca, approfondimenti, sensibilità, confronto con saperi diversi, ipotesi di lavoro, saper affrontare le complessità della scienza, del malato, della medicina, della società.

Un rischio di malinteso potrebbe sfociare in un mero problema di potere e risarcitorio: siamo più numerose e vogliamo contare di più; piuttosto legittimo ma a rischio di scivolamento nell’ideologia.

Ma la questione medica femminile deve farsi pensiero cioè immaginarsi e poi tradursi in una nuova idea di professione, di medicina e di conseguenza di sanità e di organizzazione del lavoro in contesti attualmente impermeabili alla variabile di genere per una migliore e maggiore specificazione dell’individuo e della persona.

Il modo di agire la professione delle donne con l’attenzione alla relazione che diventa ulteriore mezzo di conoscenza della persona malata e non solo dell’organo malato , l’attitudine a considerare la complessità della persona che soffre non è forse in linea con la scienza impareggiabile che tutti abbiamo apprezzato nel precedente libro del prof Cavicchi?

Lì la sostituzione nell’impianto concettuale della medicina della malattia con il malato e l’inserimento del medico come quarto modulo protagonista impareggiabile sembra essere un assist proprio alle “mediche”!

Un assist dedicato a chi come noi avrà la possibilità di considerare anche la singolarità della persona che soffre che non sarà mai compresa in alcuna procedura standardizzata.

Finora questa preziosa istanza non è stata raccolta dalle “mediche” che sono quelle che più di altri sanno cosa significa, per la loro attitudine, studiare il malato nella sua complessità senza tralasciare contesti e particolari e che faciliterebbero l’iniziale cambiamento delle prassi in medicina.

Mi auguro che questo sia raccolto al più presto dalle colleghe che essendo in maggioranza possano non solo contare di più ma anche determinare cambiamenti vantaggiosi per tutti per una futura scienza impareggiabile .

Maria Luisa Agneni

Pneumologa Ambulatoriale ASL Roma 1

Leggi gli altri interventi al Forum: Cavicchi, L.Fassari, Palumbo, Turi, Quartini, Pizza, Morsiani, Trimarchi, Garattini e Nobili, Anelli, Giustini, Cavalli, Lomuti, Boccaforno, Tosini, Angelozzi, Agnetti, Quici.



07 aprile 2023
© Riproduzione riservata


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