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Danni erariali per errori sanitari. Asl responsabile in proprio se non denuncia per tempo i responsabili

di Fernanda Fraioli

I fatti vedono coinvolta una Asl della Sardegna che aveva omesso di denunciare i sanitari responsabili già condannati alla Procura regionale della Corte dei conti, impedendo così di procedere nei confronti del personale medico e sanitario, nei confronti dei quali è poi decorso il termine di prescrizione quinquennale per l'esercizio dell'azione di responsabilità amministrativa

03 APR -

È di questi giorni la notizia di agenzia, (quella che riportiamo di seguito è di fonte Agi) del seguente tenore: “Sanità: Gdf, scoperto in Sardegna danno erariale per 2,9 mln ‐ Cagliari, 29 mar. ‐ Ammonta a 2,9 milioni di euro il danno erariale quantificato nell'ambito dell'operazione 'Petitum', condotta dal nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Cagliari, sotto la direzione della Procura regionale della Corte dei conti della Sardegna, che ha riguardato le vicende sanitarie di quattro pazienti, ricoverati in alcune strutture ospedaliere dell'Isola.

L'operazione è stata finalizzata all'individuazione di profili di responsabilità amministrativa relativi a risarcimenti del danno scaturiti da errore medico, accertato con sentenze emesse dall’Autorità giudiziaria. Gli uomini delle Fiamme gialle hanno esaminato tutta la documentazione e l'evoluzione delle singole vicende sanitarie aveva portato: in due situazioni, a menomazioni e invalidità permanenti e, in altre due, al decesso. In alcuni casi, i medici sono stati anche condannati in sede penale. Le azioni legali, portate avanti dai familiari delle vittime di questi episodi avevano portato alla condanna di un'Azienda sanitaria della Sardegna e al risarcimento del danno, a causa della grave responsabilità constatata in capo alle equipe mediche.

L'Azienda sanitaria regionale, che aveva disposto il pagamento in favore dei danneggiati dagli errori medici, avrebbe poi però omesso di denunciare i fatti alla Procura regionale della Corte dei conti, impedendo all’Autorità contabile di procedere nei confronti del personale medico e sanitario, nei confronti dei quali è decorso il termine di prescrizione quinquennale per l'esercizio dell'azione di responsabilità amministrativa. La normativa prevede che, in tal caso, risponde del danno erariale chi ha omesso la denuncia”.

Alquanto sconcertante per i non addetti ai lavori – e non soltanto per il ragguardevole importo – ma una buona occasione per noi per fare il punto su un argomento che in tema di responsabilità amministrativo-contabile (e non solo di tipo sanitario) riveste un’importanza non da poco.

Va subito detto che non è una sentenza e neppure un atto di citazione della Procura ma, allo stato, solo l’esito di accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza che ha presentato il relativo rapporto all’organo inquirente contabile.

Notizia che se crea sconcerto presso i non addetti ai lavori, trova cittadinanza in un preciso articolo della legge che detta disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti e, solo per questo, è bene parlarne compiutamente.

È, precisamente l’art. 1, co. 3 della legge n. 20/94 e successive modifiche, a disporre che “qualora la prescrizione del diritto al risarcimento sia maturata a causa di omissione o ritardo della denuncia del fatto, rispondono del danno erariale i soggetti che hanno omesso o ritardato la denuncia. In tali casi l’azione è proponibile entro 5 anni dalla data in cui la prescrizione è maturata”.

Prescrizione che, a norma del precedente comma 2, è fissata in 5 anni decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero in caso di occultamento doloso del danno dalla data della sua scoperta.

Ma questa seconda ipotesi è differente, per quanto fortemente connessa, e merita approfondimento magari in un successivo intervento.

Tornando al caso in commento, va subito detto che non si tratta di una forma di responsabilità oggettiva contrassegnata dal fatto che un soggetto viene chiamato a rispondere di un illecito, civile o penale, senza che abbia profuso dolo o colpa, in assoluta deroga al principio fondamentale della responsabilità che necessita di un preciso nesso psichico tra il fatto verificatosi ed il comportamento del soggetto in modo da poter ricondurre in capo a questi tutte le conseguenze giuridiche del caso.

Si tratta, invece, di una forma di responsabilità ben precisa per non aver adempiuto ai propri obblighi di servizio, come, del resto sono tutte le ipotesi di responsabilità di cui si risponde davanti alla Corte dei conti.

La forma maggiormente conosciuta per la quale si risponde in questa sede è, senza dubbio, quella tipica derivante direttamente da un comportamento omissivo o commissivo non importa, purché strettamente scaturente da un proprio obbligo di servizio nel quale si sostanzia l’attività per la quale l’Amministrazione di appartenenza ha scelto il dipendente per operare tra le proprie fila.

Così il medico che svolge incarichi extra e non chiede la relativa autorizzazione, piuttosto che il chirurgo che causa una menomazione al paziente affidato alle sue cure o il contabile che non versa nelle casse dell’Amministrazione i proventi dei ticket versati dagli assisti.

Ma esiste un’altra forma di responsabilità che non si conosce con la stessa familiarità perché, forse, meno ricorrente, per quanto, come visto, normativamente prevista al pari delle altre.

È la c.d. responsabilità per omissione o ritardo nel segnalare alla Procura contabile l’avvenimento di un fatto potenzialmente causativo di danno erariale che trasla l’obbligo di risponderne, dall’effettivo autore del danno a colui che avrebbe avuto quale obbligo di servizio quello di effettuare la segnalazione.

A rigore una vera e propria beffa perché si viene a rispondere di un fatto commesso da altri unicamente per non averlo segnalato!

Purtuttavia è una tipologia adeguatamente prevista e disciplinata dal legislatore per ricordare l’obbligo che grava su ognuno dei vertici dei servizi di effettuare la segnalazione alla Procura contabile affinché sia messa nelle condizioni di procedere per accertare l’eventuale sussistenza di un danno erariale e metterlo, così, correttamente a carico dell’autore della condotta pregiudizievole.

La denuncia di fatti dannosi per il pubblico erario costituisce un essenziale presupposto per l’attivazione del sistema giurisdizionale diretto all’accertamento delle responsabilità amministrative a garanzia del buon uso delle risorse pubbliche che costituisce interesse dell’intera collettività.

La collaborazione in tal senso da parte degli apparati pubblici è necessaria anche ai fini della previsione normativa suddetta.

È, quindi, un’autonoma e specifica forma di responsabilità amministrativa sancita dall’art. 20 del DPR n. 3/57 che individua nei vertici dei servizi i soggetti a cui carico è posto l’onere di denuncia.

La norma viene, altresì in rilievo nei casi in cui il legislatore, nel delineare l’ambito di giurisdizione della Corte dei conti, rinvia alla disciplina vigente in materia di responsabilità degli impiegati civili dello Stato come, nel caso degli amministratori e dipendenti delle strutture sanitarie pubbliche per i quali esiste specificamente l’art. 28 del dpr n. 761 del 1979.

Il presupposto, allora, perché sorga l’obbligo di denuncia è il verificarsi di un fatto dannoso per la finanza pubblica.

Obbligo legato alla conoscenza o alla possibilità di conoscenza dei presunti fatti dannosi, attraverso l’uso dell’ordinaria diligenza professionale che può essere pretesa dal soggetto obbligato, in considerazione della qualifica e delle funzioni concretamente espletate, a fronte di un danno che deve essere concreto ed attuale, atteso che per dare luogo ad un dovere di denuncia non è sufficiente la potenzialità lesiva dei fatti.

Quanto al contenuto che la denuncia deve presentare, ai sensi dell’art. 20 del dpr n. 3/57, sono “tutti gli elementi raccolti per l’accertamento della responsabilità e la determinazione dei danni”, quindi l’indicazione del fatto dannoso – nel senso di descrizione del comportamento dannoso e/o del procedimento amministrativo seguito per evidenziare le illegittimità o le diseconomie gestionali originate da tali comportamenti o procedimenti – nonché l’importo del presunto danno.

È, sicuramente, un elemento facoltativo della denuncia, tranne i casi in cui sia chiara la partecipazione di determinati soggetti ai fatti dannosi (ad es. nel caso di condanne penali che sembra essere proprio il caso in commento), l’indicazione nominativa di coloro cui possa presuntivamente essere imputato l’evento lesivo.

Nell’ipotesi di decesso di uno dei presunti responsabili, si devono indicare anche i nominativi degli eredi per la possibile traslazione della responsabilità in capo a costoro, ma in un unico caso previsto dal legislatore (che, magari affronteremo in altra occasione) e che è l’indebito arricchimento.

Quanto alla tempistica che la denuncia deve rispettare, una volta verificatosi l’evento lesivo, essa deve essere immediata e deve essere effettuata sulla base degli atti in possesso dell’Amministrazione, pur rimanendo intatta ed indiscussa l’acquisizione di ulteriori elementi in un momento successivo dell’attività istruttoria.

La necessità di una tempestiva denuncia, si desume dalla lettera della legge che, non soltanto attiene ai casi di “omessa”, ma anche di “ritardata” denuncia, cioè di quella pervenuta alla Procura competente quando non è più tecnicamente possibile l’attivazione delle iniziative giudiziali prima della scadenza del termine di prescrizione.

La necessaria immediatezza della denuncia non esclude un ragionevole grado di completezza determinato dal livello di conoscenza che l’Amministrazione può assicurare anche tramite il sollecito esercizio dei propri obblighi di accertamento, che consente al Procuratore contabile di avviare le iniziative di competenza.

Tanto anche e soprattutto laddove hanno preso avvio iniziative dell’Autorità giudiziaria penale ove l’amministrazione – fermo restando le obiettive diversità delle due tipologie di indagine, penale e contabile – è tenuta a denunciare alla competente Procura contabile con comunicazione documentata, gli eventi di cui è venuta a conoscenza, massimamente in considerazione del possibile dilatarsi dei tempi dell’indagine penale, notoriamente molto meno celere di quella contabile.

Una denuncia, sicuramente effettuata “allo stato degli atti” e che non limita un più esaustivo sviluppo in prosieguo.

Auspicabile ed amministrativamente corretto – oltre che egoisticamente valido per non incorrere in responsabilità altrui solo per mancata segnalazione – sarebbe una periodica comunicazione di fatti potenzialmente pregiudizievoli per le casse erariali da effettuare alla Proccura contabile competente per territorio, con riserva di ulteriori e più specifiche collaborazioni in ipotesi di successivi viluppi.

Tutto quanto detto finora, in termini di obbligatoria collaborazione con l’inquirente contabile, non impedisce all’Amministrazione di esercitare i poteri ad essa direttamente intestati in relazione ai fatti emersi.

Così l’amministrazione può, ad es., in qualità di creditrice, “costituire in mora” i responsabili del danno al fine di interrompere la decorrenza della prescrizione e/o di assumere proprie iniziative nei confronti del dipendente per conseguire, in via amministrativa, la rifusione del danno con tempestiva segnalazione al PM contabile il quale, a fronte dell’eventuale risarcimento del danno, evita, così, di chiamare in giudizio i responsabili.

Fernanda Fraioli

Consigliere della Corte dei conti



03 aprile 2023
© Riproduzione riservata


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