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Perché non si può mettere (Monti) tra parentesi

di Ivan Cavicchi

I 30 miliardi di tagli lineari alla sanità ereditati da questo e dal precedente governo non si potranno restituire al sistema. Ma il prossimo presidente del Consiglio (Bersani?) dovrà però fare proprio quello che Monti non ha fatto. E cioè coniugare “emergenza con cambiamento

23 GEN - Come tutti sanno le (parentesi) delimitano le parole per isolarle dal discorso. Ieri Errani è tornato a parlare di “Patto per la salute su cui confrontarci con riferimento alle risorse e alle prestazioni” . La netta sensazione che ho avuto è che egli intenda praticamente mettere Monti tra parentesi, (Monti), dimenticandolo come un brutto sogno, per continuare con il solito tran tran. L’idea di una riforma rifondativa della sanità pubblica non sembra neanche sfiorarlo, anche se su questo giornale sono in tanti ormai a pensarci, persino la Fiaso notoriamente sensibile al vento e cauta a dove mettere i piedi.
 
(Monti) … in pratica significa poter chiedere, a Bersani il probabile futuro primo ministro, di ridarci i 30 mld che i tagli lineari ci hanno estorto, o comunque di farci degli sconti e di rifinanziarci in qualche modo la sanità. Trovo questo modo di ragionare non solo irrealistico, ma anche un serio ostacolo alla governabilità di Bersani, e molto poco riformista.
 
La spending review è un concetto giusto se inteso in modo corretto, è invece scorretto il modo lineare come è stata declinata. L’obiettivo di ridurre la spesa sanitaria, in un momento come quello che sta vivendo il paese, non è antipopolare perché è possibile liberare nella sanità un mucchio di soldi mal spesi e rispettare i diritti delle persone. Quello che è sbagliato è definanziare il sistema scaricando i costi sui cittadini e soprattutto sui più deboli. I piani di rientro non vi è alcun dubbio che sono devastanti ma l’obiettivo di tornare in pareggio e di governare la spesa sanitaria non è devastante. Bisogna avere programmi che intervengano in tempi ragionevoli nei sistemi di spesa per cambiarli. Non è sbagliato parlare di rigore, è sbagliato interpretare il rigore con il rigorismo alla Bondi.. .senza sviluppo e senza equità. Anzi sono convinto che, nei confronti in particolare della sanità, il futuro presidente del Consiglio dovrà fare proprio quello che Monti non ha fatto cioè coniugare “emergenza con cambiamento” chiarendo le condizioni di compossibilità tra “rigore, sviluppo ed equità”. Quindi ho l’impressione che andare da Bersani mentre perdura la recessione e il pil continua a calare e chiedergli dei soldi per la sanità non sarà facile e quei 30 mld di tagli lineari che erediterà da Monti gli faranno sicuramente comodo. Lui ha sempre detto “basta tagli” ma non ha mai detto che i tagli fatti sarebbero stati revocati.
 
Ma a parte tutto non esiste solo il problema delle risorse e delle prestazioni. Chi può negare che c’è un problema di governance? Che il Titolo V ha prodotto gravi effetti collaterali? Che le aziende così come sono non possono andare avanti? Che i patti per la salute sono falliti uno dietro l’altro? Che il modello attuale di finanziamento alle Regioni non sta più in piedi?
 
Eppoi ancora, come se non bastasse, altri problemi che se non affrontati come si deve rischiano di esplodere: il contenzioso legale, la responsabilità medico sanitaria, la medicina opportunista, il sistema ospedaliero allo stremo, le condizioni di lavoro degli operatori, la caduta della qualità dei servizi, le diseguaglianze di trattamento, le disparità degli esiti dei trattamenti, l’abbandono sociale ecc ecc.
 
In ragione di tutto questo e di molto altro, se proprio volessimo dare una mano al futuro primo ministro secondo me dovremmo non solo assorbire i 30 mld con una ben ponderata spending review , ma trovare il modo di intervenire sulle antieconomicità strutturali del sistema tutte riconducibili a modelli, schemi, logiche, soluzioni, culture ampiamente superate. Mi sembra di sentire il nostro futuro presidente del Consiglio: “uè ragazzi.. se il giro d’Italia lo facciamo con il triciclo della nonna andiam mica lontano”. Se proprio vogliamo aiutare Bersani è necessario che si punti a quella parolina che tutti fanno finta di non sentire e che si chiama “compossibilità”, cioè un cambio di logica per cambiare un sistema da dentro e fare in modo che la sanità costi il “meno compossibile” con i diritti. Questa è la sfida per il riformismo. Se proprio volessimo aiutare Bersani non dovremmo limitarci a fare patti su risorse e prestazioni, per tenerci un sistema comunque iniquo, sprecone e mal governato, ma dovremmo proporgli di ripensare un sistema pubblico a antieconomicità zero che addirittura liberi risorse. Se andiamo a proporgli più spesa e se la spesa pubblica continuerà a crescere prima o poi sarà proprio Lui a mettere in qualche modo la sanità pubblica (tra parentesi). E’ questo che mi preoccupa più di tutto.
 
Insomma più che patti che mettano tra parentesi il (cambiamento) si tratta di fare patti che mettano tra parentesi (l’invarianza). Oggi la sorte della sanità pubblica non è legata alla bufala della sostenibilità ma alle nostre capacità riformatrici. Ciò che è insostenibile non sono le quantità di risorse in gioco ma le qualità del sistema che le dovrà spendere. Se proprio volessimo vincere il giro d’Italia bisognerebbe mettere… (“triciclo della nonna”).
 
Ivan Cavicchi

23 gennaio 2013
© Riproduzione riservata


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