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Salute delle donne: allarme per alcol, infarto, ictus e depressione


Rallenta l’aspettativa di vita per le italiane con un aumento negli ultimi 4 anni di soli 0,3 anni contro lo 0,4 degli uomini. Sempre di più donne consumano oltre 6 bicchieri di alcolici in un’unica occasione. Le malattie cerebrovascolari fanno segnare un numero di decessi ormai tripli rispetto al tumore della mammella. Crescono anche le malattie psichiatriche. E' questo il quadro illustrato nella terza edizione del Libro Bianco sulla salute della donna realizzato dall'Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna  (Onda).

30 SET - La crisi economica e sociale ha portato ad un primo rallentamento della crescita. Difficoltà di accesso e di opportunità preventive, e tagli nel sistema di welfare e nei bilanci familiari, hanno messo a rischio i traguardi raggiunti dalle donne negli ultimi trent’anni. In parallelo, è peggiorata anche la crescita della loro aspettativa di vita, facendo segnare il passo rispetto a quella degli uomini; ed è allarme per il crescente consumo di alcol, l’accrescimento di malattie psichiatriche, e l’aumento dei decessi per malattie cerebrovascolari. È questa l’immagine emersa dalla terza edizione del Libro Bianco sulla salute della donna, presentata oggi a Roma da alcune fra le massime autorità in tema di salute femminile e della ricerca medico scientifica.

All’interno del testo si è potuto notare come sia 'rallentata' la crescita della loro l’aspettativa di vita, con un incremento negli ultimi 4 anni di soli 0,3 anni (da 84,0 anni nel 2007 a 84,1 anni nel 2009, 84,3 nel 2010), contro lo 0,4 anni per gli uomini nel medesimo arco di tempo (da 78,7 anni nel 2007 a 78,8 anni nel 2009, 79,1 nel 2010). Un dato che si potrebbe considerare fisiologico dopo la grande crescita di questi ultimi 20 anni, ma certo anche la crisi economica e sociale ha costretto le donne a spostare le priorità verso altre problematiche, aumentando la disattenzione verso fattori di rischio tipicamente maschili, quali l’abitudine al fumo, aumentato di mezzo punto percentuale, e all’alcool, con sempre più donne che consumano oltre 6 bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione. La generale diminuzione nell’assunzione di alcol che si è registrata dal 2006 è tutta a favore degli uomini (-0,8 % fra le donne e -4,9 % nei maschi).

In generale è risultata essere scarsa anche l’attenzione alle problematiche femminili da parte delle Istituzioni: ancora troppi sul territorio i punti nascita sprovvisti di Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale (presenti in 125 dei 551 monitorati) e che realizzano meno di 500 parti l’anno, portando per esempio i parti cesarei a percentuali elevatissime rispetto al resto d’Europa, o rendendo impossibile l’utilizzo della analgesia epidurale.
Da aggiungere anche la non sempre facile disponibiltà di farmaci di ‘genere’, nonostante siano le donne le maggiori fruitrici di terapie mediche. Studi mirati sulla popolazione femminile hanno confermato, infatti, che il consumo di farmaci comuni è superiore del 20-30% fra le donne rispetto all’uomo, e del 40% per gli integratori.

In aumento le malattie prima appannaggio esclusivo del sesso maschile, in particolare quelle cerebrovascolari, che in Italia, secondo le ultime stime statistiche riportate in studi di settore, hanno fatto registrare fra la popolazione femminile circa 130 mila decessi annui con valori ormai tripli rispetto al tumore della mammella.

In crescita anche le malattie psichiatriche, mentre è in leggero calo il numero dei suicidi. Ancora limitata l’informazione e la sensibilizzazione alle diverse problematiche di salute femminile. Tagli nel sistema di welfare e nei bilanci familiari rischiano, dunque, di vanificare i traguardi (e benefici) raggiunti nell’arco di trent’anni nello stato di salute delle donne.

“Le donne – ha dichiarato Francesca Merzagora, Presidente dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (ONDa) – sono gli indicatori più attendibili dei bisogni della società: nei luoghi di lavoro, in famiglia, nel volontariato, nella società civile, nelle istituzioni. Proprio per la peculiarità ed il ruolo che ricopre nella società, occorre prestare alla donna una maggiore attenzione ed una specificità di tutela, anche e soprattutto in tema di salute”. “Troppo spesso, invece – ha proseguito - la medicina ha avuto un atteggiamento di indifferenza nei confronti della sfera femminile e non ha saputo valorizzare la figura della donna lasciandola sola di fronte ad alcune patologie di genere. Per ricostruire e migliorare il tessuto sociale e sanitario italiano occorre dunque rivolgere un’attenzione specifica, non solo sanitaria, ma anche sociale, culturale, lavorativa, alla donna con il coinvolgimento di Istituzioni, Asl, Regioni e Associazioni da sempre attente al benessere e alla salute”.


“La pubblicazione del Libro Bianco – ha affermato Massimo Scaccabarozzi, presidente Farmindustria – è un’occasione importante per concentrarsi specificamente sulle esigenze, anche terapeutiche, di tutte le donne. Considerando poi che la loro aspettativa di vita è ormai di oltre 84 anni, le imprese del farmaco si trovano ad affrontare una ‘sfida nella sfida’: garantire trattamenti adeguati alle loro necessità quando sono in età avanzata”. “Sono più di 1.000 i farmaci in sviluppo nel mondo per malattie che colpiscono l’universo femminile – ha sottolineato -. L’industria farmaceutica offre il proprio contributo non solo attraverso medicinali innovativi, ma anche diffondendo la consapevolezza delle caratteristiche di genere. Non a caso Farmindustria è da anni al fianco di O.N.Da perché il principio dell’appropriatezza delle cure non vuole essere uno slogan, ma un criterio che ispiri istituzioni, imprese, centri di eccellenza, medici, società scientifiche e associazioni dei pazienti”.

“Un rallentamento verso il miglioramento della salute femminile – ha commenta Emanuela Baio, capogruppo Api in commissione Igiene e Sanità al Senato – è ciò che emerge da questa edizione del Libro Bianco. Le donne necessitano invece di un’attenzione maggiore da parte della sanità. Lo dimostra il fatto che in Italia su 551 punti nascita, solo 125 sono provvisti di Unità Operative di Terapia Intensiva Neonatale. Peccato che già con la Legge Finanziaria 2008 avevamo stanziato 7 milioni di euro per potenziare le unità di terapia intensiva neonatale”. “Solo un’efficace e attenta politica di prevenzione, di accesso alle cure e adeguati strumenti e terapie – ha concluso - possono garantire alle donne un deciso cambio di marcia, verso una concreta tutela della loro salute. Allo stesso modo Istituzioni e associazioni devono lavorare in maniera sinergica affinchè di fronte ad alcune patologie di genere le donne non si sentano mai più sole”.

“Anche per questo – ha aggiunto Sabrina De Camillis, responsabile dell’Intergruppo Parlamentare Medicina di Genere – ho ritenuto utile costituire questo ‘Intergruppo’ cui hanno già aderito oltre settanta tra deputati e senatori dei diversi gruppi politici. Una decisione derivata dalla constatazione che, nonostante le diverse iniziative esistenti sul territorio nazionale rivolte alla medicina di genere, non si riescono a fare concreti passi in avanti”. “Tuttavia – ha continuato - è bene segnalare che il Parlamento ha recentemente approvato un provvedimento normativo in materia di sperimentazione clinica e per la riforma degli ordini delle professioni sanitarie, in cui per la prima volta si inserisce in un testo di legge il tema della medicina di genere, chiarendo che la sperimentazione clinica va condotta su volontari equamente ripartiti tra i due generi”.

30 settembre 2011
© Riproduzione riservata

Approfondimenti:

spacer Il Libro Bianco 2011 di ONDa

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