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Action Aid: “Esenzione ticket e riconoscimento nei Lea delle conseguenze da mutilazioni genitali femminili”. In Italia le hanno subite oltre 87mila donne, 5mila bambine a rischio


06 FEB - Non solo tolleranza zero e lotta alle mutilazioni genitali femminili (MGF). ActionAid chiede anche un segnale concreto a sostegno di chi questa pratica l’ha già subita e ne paga le conseguenze. Esenzione dal ticket sanitario, ma anche riconoscimento delle conseguenze fisiche e psicologiche di tali pratiche e inserimento nella lista dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) per le patologie croniche.

“Secondo le stime disponibili – spiega ActionAid in una nota -, in Italia, nel 2019, le donne portatrici di MGF erano 87.600, di cui 7.600 minorenni, mentre le bambine a rischio circa 5.000, provenienti prevalentemente dall’Egitto e dalla Nigeria. Tuttavia, questi numeri non riflettono l’effettiva diffusione del fenomeno dal momento che si tratta di una pratica ancora poco conosciuta e riconosciuta”.  
 
Da molti anni, ricorda l’organizzazione, la legge italiana (l. n. 7/2006) vieta le mutilazioni genitali femminili, stabilendo al contempo la realizzazione di una serie di misure di prevenzione e assistenza a favore delle vittime in capo a diversi Ministeri e alle Regioni. Tuttavia, sottolinea, “molte sono le criticità registrate. Innanzitutto, la mancanza di formazione di chi, nel settore sociale, sanitario, educativo e legale, entra in contatto con bambine, ragazze e donne a rischio o già soggette a MGF; il coinvolgimento limitato delle comunità praticanti; l'accesso ridotto ai servizi assistenziali e medici, soprattutto per la ricostruzione e la rigenerazione dei tessuti genitali”. 
 
Per garantire a chi ha subito una mutilazione genitale femminile tutto il supporto necessario, secondo ActionAid è fondamentale che le istituzioni a livello nazionale e regionale si attivino per migliorare le politiche e le procedure attualmente disponibili. “Il Sistema sanitario nazionale deve riconoscere le conseguenze fisiche e psicologiche derivanti dalle MGF, prevedendo il loro inserimento nella lista dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) per le patologie croniche e consentendo l’esenzione del ticket. Bisogna inoltre garantire l'accesso alle cure anche per le donne e ragazze prive di assistenza sanitaria mediante apposita codifica STP (Straniero temporaneamente presente) o titoli equivalenti a seconda dello status giuridico”. Inoltre, “istituendo appositi codici di Raggruppamento omogeneo di diagnosi (DRG - Diagnosis-Related Group) per la ricostruzione chirurgica funzionale, sensoriale e anatomica della vulva e la sua rigenerazione tissutale, anche le Regioni possono svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere il diritto alla piena salute sessuale e riproduttiva delle donne portatrici di MGF e assicurare, al contempo, un adeguato rimborso economico agli ospedali in caso di intervento”.
 
“La comunità scientifica internazionale è concorde nell’affermare che, nelle donne che hanno subito una mutilazione e che ne fanno richiesta, la semplice deinfibulazione è spesso insufficiente a curare i sintomi cronici legati alla pratica”, segnala nella nota la dottoressa Barbara Grijuela, Medico Chirurgo, specialista in Ostetricia e Ginecologia, ASST Santi Paolo e Carlo di Milano. “Le tecniche di ricostruzione che possono essere proposte sono molteplici – spiega - , ma nessuna ha una specifica codifica DRG e un adeguato rimborso della procedura. Ciò implica che vengano utilizzati codici di chirurgia riparativa e rigenerativa creati per altre patologie, con il rischio che la codifica risulti non appropriata e che quindi la procedura non venga adeguatamente rimborsata”.
 
Allo stesso tempo sarebbe necessaria, secondo ActionAid, a livello regionale, la creazione di unità multidisciplinari specializzate che utilizzino risorse già presenti sul territorio, integrando mediatrici linguistico-culturali debitamente formate e specialisti in chirurgia plastica. “Tale opportunità nasce da una proposta da parte della SICPRE - Società italiana di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva-rigenerativa ed Estetica che nella figura della sua Presidente Dott.ssa Stefania de Fazio e grazie ad associati come il chirurgo plastico Dott. Massimiliano Brambilla, è molto attiva sul fronte delle mutilazioni genitali femminili”, spiega l’organizzazione.

ActionAid chiede, inoltre, “maggiore trasparenza” per quanto riguarda “l’applicazione della legge n. 7/2006. Allo stato attuale, infatti, non risultano disponibili relazioni periodiche sulle misure preventive, sui servizi di sostegno, sul numero verde nazionale 800.300.558 e sulle iniziative di informazione e formazione previste, a cui la Legge di bilancio destina annualmente risorse dedicate. Anche il futuro Piano nazionale contro la violenza maschile sulle donne, in sinergia con i piani antiviolenza regionali, deve prevedere azioni strutturate e continuative di ricerca, sensibilizzazione, informazione e formazione”.  
 
“Ancora troppo spesso – dichiara Aisha Ba, Community Trainer per ActionAid Italia - le mutilazioni genitali femminili sono considerate un fenomeno lontano, che non ci riguarda. E invece sono una forma di violenza presente in molti territori italiani, resa invisibile dalla scarsa attenzione delle istituzioni e dall’inadeguata conoscenza di chi, a vario titolo professionale, può entrare in contatto con bambine, ragazze e donne che potrebbero essere interessate da questa pratica lesiva”.

“Per rendere visibile una gravissima violazione dei diritti umani e, soprattutto, prevenirla e combatterla – prosegue - , è necessario che sia le istituzioni centrali sia quelle locali mettano in campo una strategia multi-agenzia di lungo periodo. Quest’ultima, tra le altre, deve prevedere attività adeguatamente finanziate e regolarmente implementate rivolte alle comunità praticanti e agli attori chiave dei settori educativo, sanitario, sociale e legale per dotarli di conoscenze specifiche e di strumenti operativi e di coordinamento che consentano l’emersione, l’invio e la presa in carico di casi potenziali o effettivi di MGF nei vari territori del Paese. In questo contesto, Community trainer e mediatrici linguistico-culturali devono avere un ruolo centrale perché siamo ponti imprescindibili tra culture che facilitano l’accesso ai servizi permettendo davvero di combattere le MGF in Italia”, conclude Aisha Ba.

06 febbraio 2024
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