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Il tempo stringe, dal Manifesto all’azione per mantenere in vita il sistema sanitario nazionale

di Grazie Labate

Propongo che gli estensori del Manifesto in accordo con il  Group Coordinator-C7 2024, per la Global Health Sergio Iavicoli, Direttore Generale del Ministero della Salute e Stefania Burbo, Global Health Working Group Coordinator-C7 2024 Ministero dell’Economia e delle Finanze, Riccardo Moro, GCAP Italia, lavorino ad una proposta da portare ad Ancona, perché nell’ambito dei ministri della salute G7 l’Italia proponga che nel bilancio degli stati, compreso quello della nuova Europa, che uscirà dalle elezioni di giugno, venga aumentata la quota destinata alla salute

12 APR -

E’ inutile dire della soddisfazione provata, alla lettura del manifesto degli scienziati per la difesa del nostro SSN, molti dei quali conosco personalmente, da Luzzato a Garattini, da Mantovani a Francesco Longo , da anni impegnati nella ricerca e nella prassi, dedicati in scienza e coscienza, alle politiche della salute congrue ai bisogni dei cittadini. Stiamo invecchiando tutti, con una amarezza nel cuore e nella mente, dopo tanti anni in cui ognuno di noi si è speso per affermare un SSN universalistico, efficace ed efficiente, dobbiamo constatare che rimane il facile bersaglio dei tagli alle risorse, che i diversi governi, se si eccettua l’emergenza Covid, hanno perpetrato a danno del diritto sancito dall’art, 42 della Costituzione.

Ora però sento anche il dovere di dire che accanto al manifesto ci vuole un agire collettivo capace di imprimere un cambio di passo a partire dalle priorità sulle quali far sentire tutta la vostra e per quel poco o tanto che posso, la nostra esperienza per trovare qui ed ora, dei rimedi possibili per fronteggiare la sua salvezza ed il suo rilancio. Non mi nascondo che tutti i sistemi sanitari europei si trovano ad affrontare una tempesta perfetta di sfide, con la crisi di bilancio post-COVID, l’invecchiamento della popolazione, la crisi del personale sanitario, che minacciano la stabilità a medio e lungo termine delle politiche per la salute. Si trovano ad affrontare una raffica di minacce alla loro stabilità e a mantenere una copertura sanitaria universale, anche nelle regioni europee più ricche del nostro continente, con minor debito pubblico e con popolazione meno longeva della nostra. Esperti e leader politici di tutta la regione europea discutono su come orientare l’Europa sull’assistenza sanitaria universale di cui gode la maggior parte dei suoi cittadini.

Da noi non riesce a decollare una discussione pubblica forte, fuori dagli ideologismi per trovare soluzioni congrue a ciò che quotidianamente è sotto i nostri occhi. Così non può funzionare, il fai da te, il conformismo o peggio il corporativismo o l’interesse di pochi, non ci salverà. Il rapido invecchiamento della popolazione, la crescente carenza di personale sanitario, gli investimenti insufficienti nei sistemi sanitari e gli shock esterni come il cambiamento climatico e l’inflazione, le guerre stanno sottoponendo tutti i sistemi sanitari europei a una serie di stress test, che diventano vere e proprie minacce alla tenuta dei sistemi. Il tempo stringe per “il clima, per la demografia e per la sostenibilità in termini economici”, ha affermato Sandra Gallina, direttore generale per la Salute e la sicurezza alimentare presso la Commissione europea.

Christopher Fearne, vice primo ministro e ministro della Sanità di Malta, è stato il presidente della 73a Assemblea mondiale della sanità. L’Unione Europea sta uscendo dall’era del COVID, ma la legislazione sulla fine della crisi minaccia di creare una nuova serie di crisi. Durante l’emergenza COVID-19, ai paesi dell’UE è stata concessa la flessibilità di spendere oltre il deficit di bilancio annuale del 3,5% imposto dal blocco, consentendo sia ai paesi con sistemi sanitari forti che a quelli deboli di spendere come ritenevano opportuno per rispondere al virus e quindi per la sopravvivenza della popolazione. Tale clemenza è terminata il 31 dicembre 2023 e, poiché i governi si trovano ad affrontare massicci tagli alla spesa pubblica complessiva, sulla salute si abbatterà la mannaia: la salute è sul ceppo.

“In combinazione con l’inflazione e la contrazione delle economie, i governi hanno molto meno da spendere e avranno molto meno margine di manovra sui bilanci rispetto a quanto hanno avuto fin qui ha affermato Christopher Fearne, vice primo ministro di Malta e ministro della sanità europeo da più tempo. “La vittima più grande di tutto questo potrebbe benissimo essere la salute”. Fearne è uno dei tanti ministri della Sanità dell’Unione Europea che dovranno tagliare la spesa sanitaria se le rigide regole di bilancio del blocco verranno ripristinate dopo la prova elettorale di giugno. “I bilanci che gli Stati membri presenteranno alla Commissione [UE] quest’anno stanno già iniziando a riflettere questo”, ha affermato Fearne. “La spesa pubblica dovrà ridursi drasticamente e, naturalmente, la salute sarà uno dei settori che ne risentirà”.

Ma Fearne e i suoi colleghi ministri sostengono che esiste una soluzione chiara: considerare la salute come un investimento, non come un costo per i bilanci nazionali. I tagli al bilancio governativo sono pronti a provocare uno shock al settore sanitario, che è già alle prese con i nuovi costi del cambiamento climatico e con l’attuale crisi del costo della vita. È probabile che anche gli sforzi per decarbonizzare i sistemi sanitari nazionali vengano privati della priorità poiché i governi selezionano finanziamenti sempre più scarsi. Gli esperti sanitari avvertono che i tagli potrebbero avere un impatto devastante sulla qualità dell’assistenza sanitaria per gli europei. Tempi di attesa più lunghi, accesso ridotto ai servizi e un calo della qualità dell’assistenza, sono tutte probabili conseguenze dei tagli. Ce ne stiamo accorgendo ogni giorno, qui da noi. chi più ha meglio si cura. Se la spesa pubblica per la sanità dovesse crollare, ha avvertito Fearne, la porta sarà lasciata aperta all’industria privata per colmare il vuoto nel settore sanitario europeo, con risultati imprevedibili.

Il bilancio sanitario dell’UE approvato nel 2021 aveva stanziato la cifra record di 5,4 miliardi di euro per la spesa sanitaria, 11 volte l’importo stanziato nel bilancio precedente per il periodo 2014-2020. Ma i bilanci considerano ancora la salute un costo, non un investimento. Sandra Gallina è il direttore generale per la salute e la sicurezza alimentare della Commissione europea.

In linea di principio, i funzionari della Commissione Europea come Gallina concordano con il concetto di salute come investimento. "Le persone hanno iniziato a credere un po' di più nelle parole 'investire nella salute': che la salute non è un costo, ma è un investimento", ha detto Gallina, discutendo l'evoluzione dell'atteggiamento dei funzionari della commissione dell'UE durante la crisi del COVID-19. “Ora, non tutti ci credono, ma credo che in una buona parte degli attori intorno a me, cioè le persone che alla fine decidono, ci sia stato un cambio di paradigma”.

Tuttavia, Gallina è stata più misurata nella sua risposta alle preoccupazioni sollevate da Fearne, sulla pressione sul bilancio dei piccoli stati membri dell’UE, chiarendo che “non si può fare alcuna promessa” che la salute possa essere esentata dalla stretta di bilancio. “La disciplina di bilancio è disciplina di bilancio”, ha detto Gallina. “L’unica parte triste che ho nella mia cassetta degli attrezzi è che devo trovare presto la sostenibilità, cioè la fattibilità economica che sia positiva per i bilanci degli Stati membri”. Gallina ha aggiunto che l’Europa deve trovare un modo per bilanciare la necessità di sostenibilità finanziaria con il mantenimento di un sistema sanitario pubblico di alta qualità che è, e dovrebbe rimanere, un pilastro fondamentale dell’identità dell’UE.

Tutti pensiamo a come è il sistema sanitario fortemente privatizzato degli Stati Uniti, come esempio di ciò che non vogliamo per l’Europa e per il nostro paese. L’Europa è a un buon livello e dobbiamo proteggerla, Dobbiamo non lasciare che si eroda e si arrivi a una realtà diversa che non sia l’Europa. Il dottor Hans Kluge, direttore della regione europea dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha avvertito che lo storico aumento della disuguaglianza economica, accompagnato dai profitti record delle aziende private, sta minando la resilienza dei sistemi sanitari in Europa e nel mondo. “Non abbiamo mai visto che la povertà estrema e la ricchezza estrema siano aumentate simultaneamente e in modo brusco così dirompente “Vediamo aziende giganti che pagano quasi nessuna o poche tasse, ottenendo benefici inimmaginabili, mentre per la prima volta nella storia recente, abbiamo sempre più bambini che vanno a letto la sera con lo stomaco affamato non solo nei paesi più poveri ma anche in quelli mediamente più ricchi della nostra regione, dove però si è elevata la povertà assoluta.

“La nostra regione non è più quella resiliente ai disastri di una volta”, ha affermato. La crisi del personale sanitario in Europa è una bomba a orologeria” . Nonostante abbia più medici, infermieri e operatori sanitari di base che mai, l’Europa si trova ad affrontare un paradosso: la carenza di operatori sanitari sta crescendo, è più grande di quanto non sia stata negli ultimi decenni e sta ancora peggiorando. Oggi, nella regione europea dei 53 membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità mancano circa 1,8 milioni di operatori sanitari. Si prevede che tale numero salirà a 4 milioni entro il 2030 se non si farà nulla per correggerne il corso. “Il problema numero uno è la crisi degli operatori sanitari che abbiamo qui in Europa perché non c’è salute senza personale sanitario”. La pandemia da COVID-19 ha messo in luce ed esacerbato i problemi profondamente radicati che affliggono il personale sanitario europeo. Il burnout, la retribuzione bassa e le condizioni di lavoro pericolose, stanno allontanando in massa gli operatori sanitari dagli ospedali di tutto il continente.

Secondo il rapporto “Time to Act” dell’OMS Europa, pubblicato lo scorso anno, circa il 40% degli operatori sanitari è alle prese con depressione e ansia, mentre il 70% riferisce di sentirsi esaurito. I tassi di abbandono tra gli operatori sanitari stanno aumentando e, di conseguenza, maggiore stress viene posto su coloro che restano. "Alcuni passi sono stati compiuti, ma non è stato fatto abbastanza", ha affermato Alvaro Cerame, presidente del comitato del personale medico dell'Associazione europea dei medici junior. “Dobbiamo essere una priorità politica”. Quasi 50.000 operatori sanitari europei hanno perso la vita a causa del COVID-19. Coloro che sono sopravvissuti alla pandemia continuano a lottare contro pesanti oneri derivanti dalla salute mentale, dall’esaurimento fisico e dalla morte di colleghi – per COVID o suicidio – che rendono insopportabile per molti la permanenza in prima linea.

Ricordiamo che queste sono le anime coraggiose, gli eroi che hanno salvato la società in prima linea nella pandemia. Gli operatori sanitari che incontro amano ciò che fanno. Per tanti non è un lavoro, è una vocazione, le persone che lasciano il mondo del lavoro semplicemente non hanno scelta, e la disperazione che vedo è davvero, umiliante. Gli scioperi degli operatori sanitari nel Regno Unito, di cui ho dato conto molte volte, su questo giornale, sono un avvertimento continuo. Si sono trasformati in una crisi incontrollabile che ha appena superato il triste traguardo di un milione di visite mediche annullate , Sono un avvertimento per gli altri paesi europei sulle conseguenze dell’abbandono del proprio personale sanitario. Dobbiamo lavorare subito a migliorare la pianificazione e la previsione delle esigenze della forza lavoro. e questo mi pare chiaro nella testa della Ministra Bernini e del ministro Schillaci che pur nella ristrettezza delle norme di Bilancio hanno fatto un primo passo sia per gli accessi alla facoltà di medicina che anche con i deboli aumenti contrattuali per il personale medico e non del SSN. Anche i medici europei stanno invecchiando a un ritmo allarmante , e il continente non sta producendo abbastanza nuovi medici per sostituirli. In media, il 30% dei medici in Europa ha più di 55 anni e in 13 paesi almeno il 40% dei medici ha più di 55 anni e andrà in pensione entro il prossimo decennio.

L’Italia ha il personale medico più anziano d’Europa, con quasi il 60% dei medici di età superiore ai 55 anni. Se oggi un numero maggiore di operatori sanitari se ne andasse, il divario si trasformerebbe in un abisso, con conseguenze potenzialmente disastrose per la qualità e l’accesso all’assistenza sanitaria. Dobbiamo allora innanzitutto concentrarci sul mantenimento degli operatori sanitari che già abbiamo perché ci vuole molto tempo per produrne di più. Quindi tratteniamo e motiviamo le persone che abbiamo migliorando le loro condizioni di lavoro e rendendo la professione più attraente. Il cambiamento demografico ha già spinto molti paesi europei, tra cui la Francia, ad aumentare l’età pensionabile per correggere gli squilibri di bilancio che emergono quando troppo pochi lavoratori sostengono il sistema di assistenza sanitaria e pensionistico, per effetto dell’invecchiamento della popolazione. Sebbene l'evoluzione demografica dell'Europa verso una società più anziana sia inevitabile, la soluzione a lungo termine, dicono gli esperti, deve essere in primo luogo quella di ridurre la pressione creata da richieste evitabili sul sistema sanitario. Ciò significa garantire che un numero maggiore di persone goda di più “anni di vita sana” durante la mezza età e l’invecchiamento. Ciò può essere raggiunto promuovendo l’alfabetizzazione sanitaria e combattendo in modo proattivo problemi sanitari evitabili come l’obesità attraverso l’educazione e la sensibilizzazione a migliori stili di vita, nonché politiche fiscali, ambientali e alimentari che consentano scelte e stili di vita più sani.

Aspettare di trasformare velocemente una grande nave con più di 500 milioni di persone a bordo non è facile né giusto, ma si può e si deve scegliere una rotta da percorrere lungo la quale arrivare ad un futuro sostenibile per tutti, in cui non vi sia disuguaglianza all’interno dei paesi o degli Stati membri, sul terreno delicato del diritto alla salute. Che fare? Dare continuità all’azione del Manifesto degli scienziati. Vorrei ricordare che avendo l’Italia la presidenza a livello europeo del G7 ha previsto per il 9-10-11 ottobre ad Ancona il G7 dei ministri della salute. Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, al G7 Salute di Nagasaki nella sessione di lavoro incentrata sul Global Action Plan, per contribuire al raggiungimento di una copertura sanitaria universale più resiliente, equa e sostenibile attraverso il rafforzamento dei sistemi sanitari, affermava l’anno scorso che: “L’Italia, come il Giappone, ha una popolazione particolarmente longeva, ma l’aspettativa di vita sta aumentando in tutto il mondo e con essa anche l’aumento di patologie, spesso croniche, e di disabilità che modificano gli stili di vita e impattano sulla spesa sanitaria. L’invecchiamento in salute è uno dei temi più urgenti da affrontare, un fattore chiave per la promozione della salute e la prevenzione delle malattie. La pandemia ha evidenziato la necessità di interventi integrati per rispondere a bisogni sanitari e sociali e in Italia, in questo senso, dovremmo riorganizzare la sanità di prossimità basata su equipe multispecialistiche e investendo sull’innovazione e su nuove modalità di assistenza come la telemedicina.

Il ministro ha anche ricordato che “l’universalità è uno dei principi fondanti del servizio sanitario e che vi è urgenza di implementare l’approccio One Health che continuerà a rappresentare una priorità per l’Italia anche durante la presidenza italiana del G7”. Il 18 gennaio di quest’anno si è tenuto a Roma nella sala Spazio Europa, in Via IV Novembre il “Dialogo tra la società civile italiana del Civil7 e le Istituzioni Italiane in apertura dell’anno di Presidenza Italiana del G7”, l’incontro tra la Coalizione della Società Civile italiana e le Istituzioni Italiane ha messo in evidenza che migrazioni, sicurezza alimentare, salute globale, clima ed energia, economia e finanza devono esserele questioni al centro del dibattito nella definizione dell’Agenda G7. Si è affermato Che: “stiamo vivendo un'epoca in cui gli impatti combinati di cambiamento climatico, conflitti, shock economici, pandemia globale, prolungato indebitamento pubblico-privato, le guerre vicine e lontane, hanno esacerbato le disuguaglianze sociali ed economiche, aumentando le discriminazioni, l'insicurezza alimentare e la fame, la salute i flussi migratori forzati, le emergenze umanitarie. Donne, giovani e anziani sono tra le persone colpite in maniera sproporzionata dalle policrisi di questa epoca. Forte del suo radicamento locale in tutto il mondo, la Società Civile internazionale riunita nel Civil7 (C7) è attiva nell'avanzare proposte e approcci basati sui Diritti Umani, suggerendo ai decisori politici raccomandazioni concrete, sostenendo la trasparenza nel processo decisionale, portando i più esclusi e fragili al centro del dibattito politico

I numeri della povertà aumentano, i progressi sul clima sono troppo lenti, le disuguaglianze crescono mentre diventano più forti i populismi, che generano violenze e guerre. Gli impegni dell’Agenda 2030 scadono fra sei anni, ma a questi non corrisponde un’iniziativa adeguata per intervenire sui nodi sistemici come commercio, finanza, tassazioni internazionali, standard di lavoro e migrazioni, salute e alimentazione, ha sottolineato Riccardo Moro, Chair C7 e Co-Portavoce per GCAP Italia. Occorre un impegno urgente, che veda i paesi del G7 contribuire ai processi multilaterali delle Nazioni Unite, i soli che possono svolgere un esercizio di governance internazionale. Non affrontare queste sfide significa rinunciare a difendere la promozione della giustizia sociale, ambientale ed economica, la salute globale, insieme agli impatti dei cambiamenti climatici, ai flussi migratori, alla crisi alimentare, ai bisogni umanitari crescenti e alle guerre e conflitti in aumento. Queste sono le principali tematiche sulle quali il C7 dirige le proprie attenzioni e sulle quali ha costituito dei gruppi di lavoro specifici, con un approccio comune “Su questi temi il C7 ha richiesto un confronto esigente con le Istituzioni politiche italiane da affrontare in un processo di reale trasformazione sociale.

Propongo allora che gli estensori del Manifesto in accordo con il Group Coordinator-C7 2024, per la Global Health Sergio Iavicoli, Direttore Generale del Ministero della Salute e Stefania Burbo, Global Health Working Group Coordinator-C7 2024 Ministero dell’Economia e delle Finanze, Riccardo Moro, GCAP Italia, lavorino ad una proposta da portare ad Ancona, perché nell’ambito dei ministri della salute G7 l’Italia proponga che nel bilancio degli stati, compreso quello della nuova Europa, che uscirà dalle elezioni di giugno, venga aumentata la quota destinata alla salute e venga considerata nei bilanci un investimento e non più un costo. Inoltre incontri il governo italiano e tutte le forze politiche del nostro parlamento prima dell’inizio della campagna elettorale per le europee, per lo sblocco della posizione dell’italia di ratifica del MES in Europa, le cui caratteristiche della linea di credito Pandemic Crisis Support Credit Line, messa a punto dall’Eurogruppo, e quindi approvata dal Consiglio europeo e dal Board of Governors del Mes, nella primavera del 2020, con l’obiettivo specifico di finanziare le spese, dirette o indirette, di carattere sanitario riconducibili all’epidemia da Covid-19, che attualmente vede l’importo massimo per ogni paese pari al 2 per cento del Pil nazionale, che per l’Italia vogliono dire circa 36 miliardi, parte dei quaòi, circa 16 possano essere utilizzati per risolvere le sorti del SSN italiano nella prossima manovra finanziaria. Misuriamo attraverso questo impegno il grado di responsabilità delle forze politiche iprima di affrontare la campagna elettorale per le europee perché qui “o si fa il SSN o si muore”.

Grazia Labate

già sottosegretaria alla sanità, ricercatrice in economia sanitaria .



12 aprile 2024
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