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Renzi: “Per la sanità serve un piano decennale per personale e formazione. Non autosufficienza e long-term care, le grandi sfide”. Le proposte dell’ex premier per la corsa alla segretaria PD


“Solo nei prossimi anni andranno in pensione circa 30.000 medici. Occorre elaborare un piano decennale dei fabbisogni di personale e di formazione, reinvestendo i guadagni di efficienza che derivano dall’innovazione nel servizio sanitario e in primo luogo in tutto il suo personale, a partire da infermieri e medici”. Così la mozione per la candidatura di Renzi alla segreteria del PD. LA MOZIONE RENZI.

17 MAR - “Prendersi cura della persona Welfare e salute”, si intitola così il capitolo della “Mozione Renzi” emersa dalla tre giorni del Lingotto della settimana scorsa.
 
Per la sanità in particolare indica la non autosufficienza e le long- term care come tra le grandi sfide per il futuro del nostro welfare e poi si lancia la proposta di un “Piano decennale dei fabbisogni di personale e di formazione, reinvestendo i guadagni di efficienza che derivano dall’innovazione nel servizio sanitario e in primo luogo in tutto il suo personale, a partire da infermieri e medici”, per far fronte alla prossima carenza di personale che investirà il servizio sanitario nazionale.
 
Altro punto toccato le liste d’attesa e l’umanizzazione dei servizi  con più attenzione “alla relazione di cura tra medico, equipe assistenziale e persona ammalata”.
 
Ecco il capitolo integrale della Mozione su Welfare e Sanità:
“Prendersi cura della persona significa innanzitutto proteggere gli individui e le famiglie dalle conseguenze negative della sorte avversa. Affrontare il bisogno per far fiorire le capacità, il merito, sapendo che sotto c’è una rete di sicurezza.
 
Il welfare non deve risarcire, deve sostenere la persona, il rischio, la sua voglia di mettersi in gioco. Protetti dal welfare state, si può osare di più. L’Italia, le sue forze migliori, hanno bisogno di innovazione. Il welfare deve sostenerla. Il welfare deve essere una rete di sicurezza, deve proteggere quanti subiscono le conseguenze di forze più grandi di loro, delle quali non hanno colpa.
 
Non deve risarcire per la sfortuna, ma ridurne l’impatto negativo sulla vita delle persone. Deve mettere tutti, anche chi è stato colpito dalla sorte, nelle condizioni di fiorire, di realizzarsi. Il welfare deve essere un trampolino.
 
Una persona con disabilità deve ottenere prestazioni e servizi per superare i maggiori ostacoli della sua condizione, e lo steso vale per chi è povero, vulnerabile, o per chi ha perso il lavoro. Chi è povero o vulnerabile non è diverso da chi non lo è. Sono le conseguenze delle proprie azioni ad essere differenti: chi ha può permettersi di commettere errori, chi non ha non può permetterselo, perché le conseguenze sarebbero disastrose. Chi non ha non può scegliere liberamente.
 
Affrontando il bisogno, il nuovo welfare deve consentire a tutti di poter scegliere, favorendo l’iniziativa delle persone e premiandone gli sforzi. Bisogna continuare con il lavoro svolto negli ultimi tre anni di governo, rafforzando e completando le misure introdotte e introducendo nuove politiche pubbliche alla luce di tre sfide da affrontare: il bisogno e la povertà, la sfida demografica, il cambiamento tecnologico e del lavoro.
 
Questo richiede politiche contro la povertà, politiche per l’occupazione femminile, politiche per la famiglia, politiche per la non autosufficienza, politiche per la salute. A cominciare dal reddito di inclusione, introdotto dal governo Renzi con 1,5 miliardi di euro strutturali, che finalmente è legge ma che deve essere portato a regime in un orizzonte di legislatura, aumentandone le risorse e garantendo a tutti i poveri un reddito sufficiente a essere parte attiva della società.
 
Sapendo anche che un reddito non basta: occorrono servizi, per l’inserimento sociale e lavorativo. Bisogna fare di più sul fronte delle politiche per l’occupazione femminile. Il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro è tra i più bassi nei paesi avanzati. Questo è uno spreco per l’Italia, non cresceremo mai senza la piena inclusione delle donne nel mercato del lavoro.
 
Le azioni da intraprendere sono molteplici: introdurre forme di flessibilità oraria e funzionale sul luogo di lavoro; aumentare la flessibilità oraria dei servizi pubblici; ridurre gli ostacoli che impediscono la creazione di asili nido aziendali (consentendo che gli incentivi introdotti dal governo Renzi sul welfare aziendale dispieghino tutti i loro effetti); abbattere il costo degli asili nido che oggi grava in modo insostenibile sui bilanci delle famiglie giovani; ma anche creare infrastrutture telematiche per far fiorire un mercato regolare di servizi alle famiglie (area a bassa produttività da sottrarre all’economia sommersa).
 
Occorre insomma un investimento in primo luogo culturale per avere al contempo maggiore occupazione femminile e più bambini. Mettere le giovani famiglie in grado di realizzare i propri piani di vita significa anche affrontare il problema abitativo, con politiche fi scali che favoriscano l’affitto a costi sostenibili.
 
Occorre inoltre mettere mano a due riforme epocali per il welfare italiano: la non autosufficienza e gli assegni al nucleo familiare. Sulla non autosufficienza, bisogna distinguere tra anziani e persone giovani o in età da lavoro con disabilità, consentendo regole distinte di risposta a esigenze distinte.
 
Se per gli anziani non autosufficienti il bisogno è garantire e strutturare un sistema di long-term care e la sua sostenibilità, per le persone con disabilità l’obiettivo è il sostegno alla vita indipendente, la rimozione degli ostacoli a una vita piena e perfettamente integrata.
 
Anche qui le azioni da intraprendere sono molteplici: promuovere forme leggere di intervento residenziale, attivando partnership pubblico-privato che forniscano risposte ai bisogni di cura contribuendo al recupero urbanistico; costruire le infrastrutture telematiche per consentire l’organizzazione di servizi di cura e accompagnamento.
 
L’impatto occupazionale di tutte queste innovazioni sarebbe enorme. Occorre però superare l’approccio del poco a tutti e graduare l’assegno per i servizi di cura in base al bisogno e alla capacità contributiva della famiglia.
 
Anche gli assegni al nucleo vanno rivisti in senso equitativo, un’operazione complessiva che coinvolge anche le detrazioni per fi gli a carico. Un assegno universale per i figli, rivolto a tutte le famiglie con fi gli e graduato in base alle condizioni economiche della famiglia è la strada maestra.
 
Prendersi cura della persona significa anche tornare a investire in politiche pubbliche della salute: nell’innovazione tecnologica e organizzativa, nel rafforzamento delle reti della ricerca, tutti straordinari volani occupazionali. Ma l’investimento deve in primo luogo essere nelle donne e negli uomini che nella sanità lavorano e nella relazione che questi hanno con i cittadini.
 
Solo nei prossimi anni andranno in pensione circa 30.000 medici. Occorre elaborare un piano decennale dei fabbisogni di personale e di formazione, reinvestendo i guadagni di efficienza che derivano dall’innovazione nel servizio sanitario e in primo luogo in tutto il suo personale, a partire da infermieri e medici. Questo significa anche prendere azioni efficaci contro le liste di attesa, così come umanizzare i servizi, porre attenzione alla relazione di cura tra medico, equipe assistenziale e persona ammalata.
 
Tutto questo richiede di ripensare il welfare italiano, fare una scelta contro la categorialità e a favore dell’universalismo: tutti quanti sono in una determinata condizione di bisogno devono avere diritto a forme di protezione, indipendentemente dal fatto se siano lavoratori o lavoratrici dipendenti o autonomi, o se lavorino o meno.
 
Le trasformazioni dell’economia portano alla creazione di un pavimento di diritti sociali accessibili a tutti, sui quali si innestano poi diritti ulteriori, costruiti con la contribuzione, individuale o collettiva, cumulabili nel tempo, portabili tra stati occupazionali, trasferibili nelle fasi del ciclo di vita e utilizzabili per vari scopi a richiesta del cittadino (formazione, periodi di sabbatico, periodi di cura).
 
Solo così saremo in grado di affrontare e governare i cambiamenti che ci attendono, prendendoci cura di ciascuno in base all’effettivo bisogno di protezione”.

17 marzo 2017
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