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Congresso nazionale chirurghi. “Vogliamo più responsabilità e autonomia"


Le 19 società scientifiche della chirurgia ospedaliera e universitaria riunite a Roma chiedono anche di diventare co-gestori della politica sanitaria. Preoccupano infatti i tagli lineari della spending review: “Faremo la nostra parte. Che rigore sia, ma sia anche sviluppo ed equità”

24 SET - “Ci candidiamo a diventare interlocutori privilegiati delle istituzioni. Per questo chiediamo una maggiore responsabilizzazione e autonomia dei clinici nel loro lavoro quotidiano”.
È questo il messaggio che arriva dal primo congresso nazionale “Unità e valore della chirurgia italiana”, che vede per la prima volta riunite a Roma all’Auditorium Parco della Musica, fino al 27 settembre, 19 società scientifiche nazionali di area chirurgica. Con un obiettivo comune: tutelate l’universalità del sistema sanitario e la salute dei pazienti.
Una kermesse aperta ieri dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha annullato ufficialmente un francobollo commemorativo – una figura umana stilizzata su sfondo bianco, composta dai diversi ferri utilizzati in chirurgia – realizzato per celebrare l’unità e il valore scientifico della scuola chirurgica italiana.
 
“Il mondo della chirurgia lancia un segnale di razionalizzazione alla sanità – ha affermato Adriano Redler, pro rettore dell’Università La Sapienza di Roma e presidente del Congresso – unifichiamo le iniziative, cogliamo l’occasione della crisi economica per ritrovarci tutti coinvolti nella stessa discussione. Un modo per ricreare quell’unità che negli ultimi anni era mancata”.
 
A preoccupare i professionisti è soprattutto la stretta economica che sta mettendo in serie difficoltà il futuro della sanità italiana.
“Se continua questa politica di tagli indiscriminati al sistema sanitario – ha spiegato Gianluigi Melotti, presidente della Società italiana di chirurgia – si avranno pesanti ripercussioni sui livelli di salute dei nostri cittadini, molto più di quanto non possiamo oggi immaginare. Corriamo il rischio di praticare non il rigore necessario, ma di scadere in un rigorismo burocratico che impoverisce senza cambiare la situazione. Noi chirurghi siamo preoccupati per questo ci siamo uniti in congresso: per aumentare il volume del nostro grido di dolore, ma anche per far crescere la nostra capacità di interlocuzione e obbligare la politica misurarsi con noi. Il sistema pensato 20 anni fa non sta più in piedi con gli aggiustamenti – ha aggiunto Melotti – e non regge da Nord a Sud. Serve una tavolo, un pensatoio, per rivedere il sistema e salvarlo, e noi professionisti ci siamo e ci stiamo. Abbiamo fatto l’evidenza portando la chirurgia italiana ai vertici del mondo e vogliamo continuare su questa strada. Faremo quindi la nostra parte. Che rigore sia, ma sia anche sviluppo ed equità”.
 
Una preoccupazione raccolta dal presidente Napoletano, che ha osservato come queste no siano generiche lamentele, ma a uno sforzo costruttivo per rendere compatibili le esigenze della finanza pubblica col diritto alla salute.
 
Una linea sposata da Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sul Ssn: “Trovo condivisibili le parole del Presidente della Società Italiana di Chirurgia. Credo, infatti, che i 21 miliardi di tagli al Ssn, realizzati dalle ultime manovre del governo Berlusconi e dalla spending review del governo Monti, possano indebolire in maniera grave quel concetto di equità delle cure che è un elemento fondante della nostra Costituzione. I chirurghi sono una parte essenziale del nostro Ssn e sicuramente il lavoro, nelle sale operatorie e nei reparti, può essere organizzato ancora meglio, ma la strada – conclude Marino – non è quello di impoverirlo”.
 
 
Bisogna perciò investire sulla sanità e sui professionisti italiani “Esiste un made in Italy della chirurgia – ha sostenuto Redler – inserita in un sistema solidaristico, che dobbiamo mantenere e che l’Oms ritiene tra le prime al mondo. La nostra forza? La squadra. Abbiamo una grande squadra di chirurghi capaci che garantiscono la certezza del risultato. Lo vediamo ogni giorno. L’Italia chirurgica non è più caratterizzata di soli grandi nomi, di numeri uno, ma si avvale di una squadra altamente specializzata e omogeneamente preparata. Ma l’organizzazione sanitaria ancora per alcuni aspetti deficitaria e lacunosa, impedisce un omogeneo ed identico trattamento. Gli episodi di cronaca, i titoli sui giornali, sono un vento di denuncia che rischia di favorire sempre più l’atteggiamento “pavido” del singolo chirurgo, alimentando la medicina difensiva e la caduta della vocazione alla professione. Questo, per fortuna, è contraddetto dalle innumerevoli richieste di immatricolazione alle facoltà mediche, a testimonianza di una professione ancora ambita, faticosa e appagante come nessuna”.

24 settembre 2012
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