Non consentiremo a nessuno di travolgere e stravolgere il diritto alla salute, diritto fondamentale delle persone e della comunità, come recita l’Art. 32 della nostra Costituzione.
Parla per noi la storia istituzionale e politica che ci ha visto fin dal 1978 lottare nelle istituzioni e nel paese per la legge 833, istitutiva della nostra Riforma sanitaria.
Parla l’impegno personale e politico di molte e molti di noi che hanno avuto responsabilità di governo per attuarla in tutto il paese, nelle regioni, nelle strutture territoriali.
Grande è stata l’attenzione che durante e dopo la Pandemia abbiamo riservato alle criticità emerse nel sistema e alle proposte per rafforzarlo e rinnovarlo, anche grazie alle risorse del PNRR, guardando soprattutto al territorio e alle esigenze di una medicina adeguata alle sfide di salute del nostro tempo. Le risposte che vengono avanti dal governo sono insufficienti ed inadeguate, in alcuni casi pericolose come “l’autonomia differenziata” che farebbe, anche sulla salute, un’Italia a due velocità, penalizzando il mezzogiorno del Paese. La verità è che al finanziamento della sanità pubblica italiana, mancano circa 50 miliardi per avere un’incidenza media sul Pil, simile agli altri Paesi europei.
Una delle conseguenze è che cresce la spesa sanitaria privata: quella media arriva a oltre 1.700 euro a famiglia. Tanto che il 5,2% dei nuclei familiari versa in disagio economico per le spese sanitarie; 378.627 (l’1,5%)nuclei familiari si impoveriscono per le spese sanitarie e 610.048 (il 2,3%) sostengono spese sanitarie cosiddette catastrofiche, secondo recenti dati del CREA. Si scaricano sulle famiglie, ad esempio, oltre un miliardo di spesa per farmaci, e circa 2, per visite specialistiche e prestazioni diagnostiche, viste le lunghe liste di attesa che sono più che raddoppiate, in lunghezza dei tempi, soprattutto dopo il Covid. Non stiamo al passo con i paesi dell’UE a 27 e per recuperare il divario servirebbe, una crescita annua del finanziamento di almeno 10 miliardi di euro per 5 anni.
Nei documenti di finanza pubblica - sono previsti meno di 2 miliardi di euro per anno, quindi circa un settimo del necessario per il riallineamento.
Se non si interviene, si dovrà passare da un Servizio sanitario nazionale universalistico a uno basato, su una logica di universalismo selettivo, che privilegi unicamente l’accesso dei più fragili. Non solo, per allinearsi al livello degli altri Paesi europei di riferimento, in Italia mancano all’appello 30.000 medici e 250.000 infermieri. Per colmare questa carenza, il nostro Paese dovrebbe investire 30,5 miliardi di euro, tenendo conto del maggiore bisogno di personale.
Vista la carenza di vocazione e il numero chiuso alle facoltà di medicina, la soluzione sarebbe offrire loro condizioni economiche attrattive. Invece, i medici italiani, guadagnano in media il 6% in meno dei colleghi europei e gli infermieri il 40% in meno. “Senza risorse e senza personale sanitario è impossibile recuperare le liste d’attesa pur sapendo che il 65% di prestazioni sono andate perse durante la pandemia, di cui hanno sofferto soprattutto i grandi anziani.
Mettendo in conto i circa 12mila medici che vanno in pensione ogni anno, per colmare il gap, se ne dovrebbero assumere almeno 15mila ogni anno per i prossimi 10 anni.
Per gli infermieri il problema è ancora più eclatante: ne abbiamo 5,7 per 1.000 abitanti contro i 9,7 dei Paesi EU: la carenza supera le 250mila unità rispetto ai parametri europei.
Insomma, la situazione è molto critica, ci vuole una attenzione costante ed una robusta visione culturale e politica di difesa e rilancio del SSN. Ci auguriamo che tutte le istanze progressiste del paese riportino al centro del dibattito pubblico, la questione, per richiamare il governo, ad una seria e celere agenda politica, di risposte al diritto alla salute dei cittadini. A partire dalla messa in atto del PNRR, con le case di comunità, dei decreti attuativi della legge delega sulla non autosufficienza, della ricerca di risorse necessarie ed urgenti al servizio sanitario nazionale, mostrando coraggio: prelevare dagli extraprofitti e dalle rendite finanziarie una “quota di solidarietà per la salute”, che possa consentire per il prossimo triennio una iniezione di risorse umane necessarie a far ripartire con efficienza ed efficacia il sistema.
Connettere digitalizzando e innovando profondamente, le strutture organizzative ospedaliere e territoriali, i servizi di prossimità, perché nessuno rimanga indietro o da solo.
Può e deve essere fatto, convinti come siamo che la salute non è un costo, ma un investimento presente e futuro per lo sviluppo di tutta la società.
E’ pur vero però che i governi conservatori e di destra non ci sentono, non ascoltano disagi e proteste che si levano intorno al tema della salute.
Non è un caso che i 2 servizi sanitari più longevi a base universalistica sono sotto scacco. In Inghilterra e in Italia la crisi è molto profonda e ormai il confronto avviene a botta di scioperi, perché i tagli alle risorse finanziarie sono stati profondi e laceranti, soprattutto per le risorse umane e per i servizi territoriali. E’ stato un anno intenso di scioperi per L’inghilterra, medici ed infermieri sono sul piede di guerra, sciopereranno per altri 5 giorni dal 13 luglio. Lo sciopero sarà il più lungo periodo di azione sindacale nella storia del NHS.
L’azione senza precedenti dei medici, che altro che giovani, hanno fino ad otto anni di esperienza come medico
ospedaliero specializzato o tre anni di esercizio già in medicina generale, si svolgerà dal13 luglio fino al 18 luglio. Sarà il quarto sciopero quest’anno, portando un disagio non indifferente con migliaia di prestazioni ed interventi rinviati. Più di mezzo milione di operazioni e procedure diagnostiche o specialistiche sono state rinviate a causa dell’ondata di scioperi nel NHS che sono iniziati verso la fine del 2022 nell’aspra disputa con il Governo, sugli stipendi bassi nel NHS.
La British Medical Association (BMA) chiede il “ripristino completo” della retribuzione, che è stata tagliata del 26%, negli ultimi 10 anni. Il governo ha offerto il 5% per porre fine alla querelle. La denuncia di BMA è fortissima:
“Il servizio sanitario nazionale è uno dei risultati di cui questo paese va più orgoglioso ed è vergognoso che abbiamo un governo apparentemente contento di lasciarlo declinare fino al punto di crollare, con decenni di tagli salariali reali ai medici, che li allontanano e li condannano ad una condizione di lavoro ormai insopportabile”.
“A pochi giorni dal 75° compleanno del NHS, la scarsità della sua forza lavoro ci ha lasciato con 7,4 milioni di persone in lista d’attesa per interventi chirurgici e procedure, 8.500 posti di medici non coperti negli ospedali e medici che riescono a malapena a sopravvivere, tentati da un governo straniero a lasciare il NHS, dove vengono pagati 14 sterline all’ora, per contratti che li valutano esattamente il doppio.
Il premier conservatore Rishi Sunak e il ministro della salute Steve Barclay non appaiono per niente impegnati a voler risolvere la situazione.
Molti dei cosiddetti giovani medici hanno già lasciato il Regno Unito per paesi come l’Australia. I membri del Royal College of nursing hanno annunciato che sono intenzionati a continuare gli scioperi fino a Natale, i consulenti ospedalieri e gli specialisti sciopereranno anche loro per 2 giorni a luglio. La BMA ha dichiarato che i suoi membri sciopereranno il 20 e 21 luglio. Solo i sindacati di coloro che hanno contratti a termine, hanno risolto la questione con i ministri, firmando un contratto per paramedici, infermieri e fisioterapisti, circa un milione di lavoratori del NHS, che hanno accettato un aumento di stipendio del 5% per quest’anno e una somma in contanti per l’anno scorso.
Ma la maggior parte dei sindacati rappresentativi del personale del NHS hanno rifiutato l’offerta e Il NHS è sull’orlo dell’abisso.
“Gli ospedali non saranno in grado di funzionare normalmente se i consulenti, cioè gli specialisti, i medici più anziani dei reparti, sciopereranno per perseguire le loro richieste di stipendio e di investimenti nelle strutture pubbliche”, ha affermato l’amministratore delegato di NHS Providers. “ E’ diventato incredibilmente difficile oggi gestire un ospedale e altri servizi critici”.
La British Medical Association (BMA) sta cercando di convincere i ministri a ripristinare il calo del 35% del valore dei loro stipendi dal 2008, per quelli che sono stati gli anni di tagli salariali duri in termini reali. Si sta profilando uno scenario in cui potrebbe avvenire “un ritiro indefinito dal lavoro” a meno che Rishi Sunak e Barclay non presentino un’offerta migliore e più credibile rispetto al misero aumento del 5% che hanno proposto. Gli scioperi senza fine, sono anche pericolosi per il servizio sanitario. I pazienti stanno perdendo la fiducia nel NHS, a causa della cancellazione di così tanti appuntamenti e operazioni rinviate. La soddisfazione del pubblico per il servizio, già a livello basso dopo il Covid e le follie di Boris Jhonson, potrebbe diminuire ulteriormente, se i ministri, il Parlamento, la Politica e la BMA non risolveranno la controversia.
Il governo deve porre fine a questo braccio di ferro, pagando i medici quanto valgono e risarcendo quanto in tutti questi anni hanno tagliato e rilanciando un grande piano di riqualificazione di NHS.
Ciò aiuterebbe a mantenere i medici nel servizio sanitario nazionale, porrebbe fine alla dipendenza da agenzie costose di collocamento e renderebbe giustizia al diritto alla salute del popolo inglese.
Il governo deve farsi avanti.
Grazia Labate
Ricercatrice in economia sanitaria, già Sottosegretaria alla salute