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Troise (Anaao): “Escludendo la sanità dall'agenda di governo si vuole creare un sistema duale ed impoverire quella pubblica”

di Costantino Troise

Non nel nome, però, di chi, come noi, continua a ritenere la sanità pubblica una necessaria infrastruttura civile, le cui sorti non sono separabili da quelle di chi oggi continua, con sacrificio e responsabilità, a garantirne le funzioni. Con il sapere ed il sapere fare acquisito in un percorso formativo di lunghezza e complessità senza pari e l'orgoglio di quello che è. Nonostante tutto.

02 DIC - La manifestazione di sabato 28 novembre è stata una proposta civile e professionale prodotta da una straordinaria volontà, fino alla testardaggine, di portare in piazza, quasi a metterlo sotto gli occhi di tutti, il disagio, non di oggi ma acuito da questi anni liquidi, di una categoria professionale, che è centrale in tutti i sistemi sanitari del mondo, insieme con la sofferenza dei luoghi del suo lavoro, che poi sono i luoghi cui i cittadini chiedono di rendere esigibile il loro diritto alla salute. Un evento non routinario, realizzato in maniera unitaria sotto l’egida della Federazione degli Ordini professionali, nel nome di una alleanza tra Medici, fuggendo una nefasta coazione a ripetere conflitti orizzontali, in risposta alla involuzione recessiva della sanità pubblica che coinvolge i caratteri fondanti l’esercizio della professione e la relazione di cura con il paziente.
 
A parere di molti esiste una consapevole strategia di ridurre l'intervento pubblico in sanità, anche a fronte di indicatori economici del Paese in crescita, per lasciare spazio alla iniziativa privata, profit e non profit, attraverso un commissariamento della spesa multilivello, da quello macro delle Regioni a quello micro degli ospedali, fino agli stipendi di quei medici, dirigenti sanitari, veterinari, infermieri che, a detta financo del ministro della salute, tengono in piedi, grazie alla loro dignità ed al loro lavoro, quello che resta del SSN.
 
Se si sceglie di dirottare ad altri lidi la spesa sanitaria, presente e futura, non si può lasciare i medici esposti da soli in prima linea a reggere la forbice tra risorse disponibili e domanda di salute. A metterci la faccia, come si usa dire. E se qualcuno vuole sapere quello che significa, prego guardare il rapporto Oasi 2015 che descrive uno scenario che mescola “più oneri privati e più rinuncia alle cure”. Insomma si curi chi può . O dare uno sguardo all'uso intensivo, fino all'abuso, del lavoro medico, alle soglie del caporalato, che fa gridare al crollo del sistema organizzativo ed alla chiusura dei pronto soccorso se ricondotto nei binari delle leggi. La mobilitazione unitaria è stata accompagnata dalla disattenzione della politica e delle istituzioni, in tutt’altre faccende affaccendate, e dal silenzio dei giornali che fanno opinione, per i quali la parola medico ha dignità di notizia solo accanto al miracolo tecnologico o alla miseria umana.
 
Oggi la protesta incontra altre motivazioni per arrivare allo Sciopero generale del 16 dicembre, che ha una sua piattaforma, come si sarebbe detto una volta. Con il cantiere della legge di stabilità aperto non si può non partire da quanto c'è o non c'è al suo interno. Non ci sono finanziamenti certi per contratti e convenzioni che, dopo 6 anni di blocco, valorizzino la fatica e la responsabilità del lavoro richiesto, mentre c’è il comma 128, destinato a divenire famigerato almeno quanto il 566 regalatoci da una altra finanziaria, che continua a sottrarre alle tasche dei medici e dirigenti sanitari risorse storiche per portarle alla maggior gloria delle aziende. Insomma, la mano destra non dà mentre la sinistra toglie, aggravando quella perdita del potere di acquisto delle retribuzioni della dirigenza sanitaria che è pari al debito pubblico pro capite. Anche l'idea di infilare elementi ordinamentali, quale quello che riguarda la università, nella legge di stabilità, è da rigettare perché non è possibile pensare di alterare, magari con un voto di fiducia, le architetture istituzionali riorganizzando la rete ospedaliera del SSN intorno alle necessità, vere e presunte, della didattica universitaria, che oggi funziona da variabile indipendente del sistema sanitario, al riparo da tagli e ristrutturazioni. Un mondo che si sente altro ed autorizzato a viversi diverso dai comuni mortali.
 
La questione spinosa dell’applicazione della direttiva europea sull'orario di lavoro non può essere utilizzata come elemento di ricatto addossandole addirittura la chiusura di Pronti soccorso, alibi pronto per chiedere a gran voce nuove proroghe legislative, sfidando le sanzioni europee per coprire la inefficienza di chi ha lasciato trascorrere anni invano. Essa ha reso evidente la necessità di un piano, anche pluriennale, di assunzioni e di stabilizzazione di precari, ormai storici come i disoccupati napoletani, attraverso un finanziamento aggiuntivo che ripeta per la sanità quanto fatto per la scuola. E permetta di affrontare l’impatto della gobba demografica, che vedrà uscire dal lavoro attivo migliaia di medici nei prossimi anni, mentre oggi condanna 70enni a turni notturni e festivi. E desta perplessità anche l'idea di migliorare i livelli di sicurezza delle cure per cittadini ed operatori non attraverso una legge organica, quale pure la Commissione affari sociali ha approvato, ma uno spezzatino di norme legislative.

Se il sistema sanitario ha bisogno, come appare evidente, di cambiamenti, il contratto di lavoro è strumento appropriato di governo ed innovazione, sede privilegiata di cambiamenti da dare e da chiedere. Essendo desaparecido, non sono vietati confronti a tutti i livelli istituzionali, ai quali l’Anaao Assomed, come le altre OOSS, non si è mai sottratta.

Se si continua in maniera schizofrenica ad escludere la sanità dalla agenda di governo e dalla ripartenza del paese, rinunciando a reclutare le intelligenze e le competenze professionali, i loro valori etici e deontologici, per invertire le curve di caduta della qualità e del consenso sociale, e quelle di contestuale crescita dei costi, vuol dire che si vuole avviare una sanità duale, impoverendo la sanità pubblica di risorse economiche ed umane. Non nel nome, però, di chi, come noi, continua a ritenere la sanità pubblica una necessaria infrastruttura civile, le cui sorti non sono separabili da quelle di chi, procedendo in direzione ostinata e contraria per dirla con De Andrè, oggi continua, con sacrificio e responsabilità, a garantirne le funzioni. Con il sapere ed il sapere fare acquisito in un percorso formativo di lunghezza e complessità senza pari e l'orgoglio di quello che è. Nonostante tutto.
 
Costantino Troise
Segretario nazionale Anaao Assomed

02 dicembre 2015
© Riproduzione riservata

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