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Lettera di un giovane infermiere a Lorenzin: “In troppi via dall’Italia”


"Stiamo aspettando che il ministero che lei rappresenta ci renda giustizia, anzi ci renda un lavoro che ci permetta di mantener fede al giuramento fatto ai cittadini. Perché non promuove un incontro con i tanti giovani infermieri italiani?”

13 FEB - Riportiamo di seguito la lettera aperta al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, di un giovane infermiere, "figlio del blocco del turnover". "Stiamo aspettando che il ministero che lei rappresenta ci renda giustizia, anzi ci renda un lavoro che ci permetta di mantener fede al giuramento fatto ai cittadini”.
 
Caro Ministro,
sono Francesco Scerbo, giovane Infermiere Libero Professionista.
Sono un infermiere dottorando di ricerca che - come fanno tutti i sognatori - ha deciso di credere in un sogno chiamato Istruzione e Professione.
Sono figlio del blocco del turnover, (fa sorridere detta cosi, lo so). Quel blocco che sta strangolando il sistema sanitario Nazionale fin dalle sue fondamenta: i professionisti che lo compongono.

Eppure martedì sera, a Ballarò, ero in prima fila. La aspettavamo dalle 22.30, ma sorridendo dico che a un ministro possiamo perdonare anche il ritardo.
Quello che mi ha fatto riflettere non è stato il ritardo, ma le parole dette. La storia del “Noi formiamo quanti professionisti ci chiede la Sanità” mentre poi non veniamo messi nelle condizioni di far concorsi dando colpe di tizio, caio, sempronio problema, mi permetto di dire, che è uno slogan troppo consumato per poter avere presa sul nostro umore. Umore, già, perché noi combattiamo tutte le mattine proprio contro quello.

L’umore di una classe politica che afferma la necessità di assumere per il bene primario del cittadino ma non lo fa per i più svariati motivi.
L’umore dei nostri “datori di lavoro” che (grazie a dei metodi di assunzioni che ledono fortemente il diritto al lavoro in tutte le sue caratteristiche) viene evidenziato licenziando con preavviso di tre giorni, il “collaboratore”. Eppure questi colleghi vengono collocati dentro le strutture pubbliche e private andando a coprire turni come veri e propri dipendenti.

L’umore di organizzazioni sanitarie, che a volte sono vicine ad essere organizzazioni “criminali” (termine forte lo so, ma sempre a Ballarò mi ha insegnato a chiamare le cose per quelle che sono) che pagano, pardon, sottopagano professionisti con 7-8 euro l’ora (al lordo, i contributi dovranno essere pagati da noi).

Decantiamo il sistema sanitario nazionale con spillette e riconoscimenti ma facciamo finta di non vedere che, mentre tutto questo avviene, c'è un pezzo d'Italia che sta andando via, non per scelta ma per esigenza. Ormai sono migliaia i miei coetanei e colleghi che, portandosi dietro emozioni e dubbi, paure e aspettative, partono con un biglietto di solo andata.

Ci sono tanti nostri coetanei che per realizzarsi devono lasciare casa e famiglia. Stiamo mandando via un pezzo d'Italia pensante che sta andando a sistemare il sistema sanitario di altre nazioni. Stiamo diventando la cantera (termine calcistico caro a Matteo Renzi) dell’Inghilterra o la Germania di turno.
E’ bello finire sui giornali dicendo che gli infermieri italiani che formate siamo bravi. Ma la verità, quella scomoda, è che dietro questo lato bello della medaglia, il lato di quanto gli infermieri italiani siano amati, lodati, cercati e ampiamente utilizzati negli stati Uniti d’Europa (come dice il premier) ha un’altra storia da raccontare. Dobbiamo essere onesti fino in fondo, perché siamo in un momento storico in cui perdiamo i pezzi “made in Italy” e, finire sui giornali per competenze acquisite tramite percorsi accademici da esibire all’estero, mi sa di “ imbiancata su un muro che sta crollando..”

Gli infermieri Italiani vanno a Londra, Monaco o altrove perché in Italia non c’è lavoro. Gli infermieri italiani neolaureati vanno a Londra perché in Italia, dentro gli ospedali, quelli che ci stanno, effettuano turnazione h24 con l’età media ormai a 56 anni.

Ecco le cose che avrei voluto chiederLe ministro, deluso dalla Sanità d’oggi ma ancora innamorato della mia professione.

Stiamo aspettando tutti fiduciosi che le Sue parole abbiano seguito e siano tramutate in stabilizzazioni e concorsi.

Stiamo aspettando. Aspettando che il ministero che lei rappresenta ci renda giustizia, anzi ci renda un lavoro che ci permetta di mantener fede al giuramento fatto ai cittadini “...di mettere la mia vita al servizio della persona umana; di perseguire come scopi esclusivi la difesa e il recupero della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale. Faccio queste promesse solennemente, liberamente e sul mio onore”

Le chiedo, se ne avesse la possibilità, un incontro con dei giovani infermieri che, come me, si trovano in queste situazioni, per comprendere meglio dalla loro voce il disagio che sentono per rispettare ciò in cui credono e la preoccupazione di non poter avere la serenità di assistere come la professione richiede.
 
Dr. Francesco Scerbo
Infermiere – Ph.D. Student

13 febbraio 2016
© Riproduzione riservata

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