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Farmaceutica. L'appello delle aziende: "Università e industria insieme per preparare al meglio i giovani al mondo del lavoro"


A conclusione della nona edizione dello Stresa Forum Pharma i rappresentanti del mondo aziendale farmaceutico rimarcano: "Giovani laureati in corsi sanitari ben preparati dal punto di vista tecnico-scientifico ma completamente a digiuno di competenze manageriali e gestionali: in una parola formati nel sapere ma non nel saper fare". 

30 MAG - “Aggiungere al sapere il saper fare nella preparazione accademica dei giovani”. È quanto emerso durante la tavola rotonda dello Stresa Forum Pharma dedicata alle Conoscenze, competenze e caratteristiche dei manager del futuro nel mondo accademico, regolatorio e industriale. A moderare sono stati il dott. Marco Scatigna (Direttore scientifico di Sanofi Italia nonché Presidente della Fondazione Sanofi Aventis) e il professor Pierluigi Navarra (Farmacologo all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma).
 
Tavola rotonda in cui si sono confrontati accademici e industriali per superare le lacune formative nei giovani laureati in discipline scientifiche. Ne hanno parlato Pierluigi Bruschetta (Manager Partner, LSC LifeSciences Consultants), Francesco De Santis(Presidente ItalFarmaco Holding SPA e Vice Presidente Farmindustria), Patrizia Fabricatore (Vice PresidenteHuman Resources Astra Zeneca SPA), Giorgio Foresti (Chief Executive Officer Fidia Farmaceutici SPA) e Patrizia Hrelia (Ordinario di Tossicologia all’Università di Bologna e Presidente della Società Italiana di Tossicologia – SITOX).
 
“Giovani laureati in corsi sanitari ben preparati dal punto di vista tecnico-scientifico ma completamente a digiuno di competenze manageriali e gestionali: in una parola formati nel sapere ma non nel saper fare". Proprio per questo le Università sono chiamate a fornire allo studente strumenti formativi a livello non solo clinico ma anche  legislativo, regolatorio e manageriale: diversamente da così "il laureato non sopravvive professionalmente in azienda. Ad egli rimane allora l’opportunità di cercare occupazione in Università, dove in realtà le opportunità sono poche, e rinuncia a essere protagonista attivo dell’industria del benessere, che crea sviluppo e ricchezza per il sistema Paese”. È questo il ritratto fatto da Marco Scatigna, per rilanciare un settore tanto competitivo, volano dello sviluppo economico e della competitività culturale ed economica nazionale.
 
È anche Patrizia Fabricatore a portare la propria testimonianza, da responsabile delle risorse umane per Astra Zeneca SPA, sulla difficoltà di trovare idonei candidati laureati e aspiranti professionisti dell’industria: “Di fronte ai candidati laureati e titolati a vario livello ho sempre più la percezione di avere davanti persone che non abbiano la minima idea di come funzioni un azienda – segnala la manager –. Questo costituisce un danno per noi, che non troviamo personale qualificato e ovviamente per i neolaureati, inidonei a crescere in azienda e trovare occupazione in un settore strategico da ogni punto di vista, sia all’esterno, per la capacità di creare un mercato di grande peso per il Pil nostrano, sia all’interno, per lo studente stesso che magari ripiega verso occupazioni come collaboratore in farmacia, informatore farmaceutico o dottorando con poche speranze di carriera”.
 
Come rimediare? “L’Università cominci almeno a fornire strumenti agli studenti affinché acquisiscano non solo capacità tecnico-scientifiche ma anche capacità di problem solving, su flessibilità e adattabilità”. Questo si chiede ai giovani prima ancora delle conoscenze tecniche per entrare in azienda, rimarca Fabricatore: “Le aziende ricercano sempre più enterprise leader”.
 
Francesco De Santis evidenzia: “L’Università, eccellente nella formazione dei contenuti, è chiamata a fornire strumenti indispensabili per i professionisti del domani, anche in ambito brevettuale:  senza la capacità di brevettare tecnologie e farmaci l’Accademia difficilmente può rimanere sul mercato”.
 
Pierluigi Navarra segnala che per i neolaureati una strada percorribile potrebbe essere quella dei  Master, più che delle scuole di specializzazione o dei dottorati di ricerca, perché queste ultime due soluzioni impegnano diversi anni e portano lo studente troppo tardi nel mercato.
 
Il Presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, partecipando ad un’altra sessione del meeting di Stresa, segnala come il settore farmaceutico sia, dati alla mano, un settore produttivo che l’Italia non può permettersi di trascurare, dato il suo contributo a crescita e Pil: “L’innovazione – spiega Scaccabarozzi – è un concetto che per definizione comporta competizione e fare competizione costa denaro, dunque le fascinazioni che disegnano l’industria farmaceutica come lobby di potere e accentramento di plusvalore sono facili fantasie e ingrate visioni nei confronti di un sistema di professionisti nato per tutelare la qualità della vita dei cittadini. Perciò – conclude il Presidente – sia anche compito nostro educare la collettività nel riconoscere l’industria farmaceutica come industria del benessere: abbiamo bisogno di laureati che credano nell’industria e vogliano rischiare”.
 
Patrizia Hrelia, presidente della Sitox afferma: “Ai rappresentanti delle aziende farmaceutiche dico: offrite maggiori possibilità di tirocini pre-laurea, promuovete i dottorati industriali, per permettere agli studenti di imparare “la lingua dei datori di lavoro” e di sviluppare quella formazione manageriale che chiedete ai laureati”.
 
Secondo il presidente SIF Cantelli Forti: “Naturalmente il laureato in Medicina avrà prima di tutto una vocazione clinica piuttosto che da dirigente sanitario o direttore scientifico aziendale. Così farmacisti, biotecnologi e tutte le altre figure di laureati nel settore biomedico: sia allora compito anche dell’industria venire negli Atenei a tenere lezioni almeno per mettere a conoscenza lo studente delle ulteriori opportunità professionali. Compito dell’Università sia dare, in primis, gli strumenti tecnici e compito dell’industria sia quello di fare scouting e formazione attraverso iniziative a cui l’Università sarebbe disponibile”.
 
Ma l’intervento di Cantelli Forti non si limita a “tamponare” la critica degli industriali e punta il dito contro le politiche del lavoro: "Persistono ancora problemi di genere giuridico-sindacale: se un precario non può rimanere tale per troppo tempo senza essere assunto e finisce per rimanere a casa, allora stage e tirocini servono a poco, perché sono troppo brevi e non garantiscono continuità didattica nell’obiettivo di impartire conoscenze manageriali".
 
A segnalare che la farmacologia non è più la materia di un tempo ma che si è evoluta anche nel senso di comprendere le dinamiche di mercato è il farmacologo e direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche ”Mario Negri” Silvio Garattini: “Chiamiamo farmacoeconomia quella disciplina, declinazione della farmacologia, che studia, per esempio, la sostenibilità della spesa pubblica, tanto quanto il destino merceologico del farmaco”.
 
Insomma, oggi anche il farmacologo non vive più nella proverbiale torre d’avorio dello scienziato chino sui propri esperimenti ma è persona-ponte tra scienza e società.

Ufficio stampa Società Italiana di Farmacologia (SIF)

30 maggio 2016
© Riproduzione riservata

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