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Medici stranieri in Italia. Sono più di 18mila. Più che raddoppiati in 15 anni. Ma il Ssn resta un miraggio


La maggior parte lavora nel privato e l'integrazione è ancora problematica. “Il privato è una scelta forzata, ha spiegato il presidente dell’Amsi che si riunisce a Congresso il 3 dicembre, dal momento che per partecipare ai concorsi pubblici è necessario avere la cittadinanza”. Numerosi anche gli stranieri in altre professioni sanitarie come infermieri, fisioterapisti, odontoiatri e farmacisti.

28 NOV - Sono sia uomini che donne, in pari percentuale, e il loro numero è aumentato di oltre il 60% negli ultimi 15 anni. Si tratta dei medici di origine straniera che operano in Italia. Questi camici bianchi, dal 2011 ad oggi, sono passati da quasi 15mila unità a sfiorare le 18mila.
 
Come si sia evoluta la carriera di questi professionisti in Italia sarà uno dei temi del Congresso Amsi, l’associazione pioniera dell'integrazione tra i professionisti della salute,in programma il prossimo 3 dicembre a Roma, dalle ore 8.30  alle ore 15.30, presso la Clinica Ars Medica.
 
E’ Foad Aodi, presidente di Amsi e membro della commissione Salute Globale della FNOMCeO a ripercorre le tappe di questa integrazione e collaborazione: “Oggi  - ha spiegato - attraversiamo la terza fase dell'immigrazione dei medici e dei professionisti della Salute. Negli anni '60 venivano studenti di origine straniera a studiare in Italia. Il 40% dei laureati rimaneva a lavorare nel nostro Paese. La seconda fase dell'immigrazione è quella che abbiamo conosciuto dopo la caduta del muro di Berlino, con un'affluenza di medici e professionisti della Sanità già laureati nei loro Paesi, in particolare provenienti dai Paesi dell'Est - Russia, Romania, Moldavia, Albania e Polonia - Nella terza fase, che viviamo da 4 anni, arrivano meno studenti a causa del numero chiuso per l'immatricolazione ai corsi di laurea, ma i medici che lavorano in Italia sono in continua crescita con due cambiamenti importanti: è diminuita considerevolmente l'affluenza dai Paesi dell'Est ed è cresciuto il numero dei medici e professionisti della Salute che provengono dai Paesi arabi e sudamericani”. 
 
Nonostante le politiche di integrazione di Amsi vadano avanti da 16 anni ci sono ancora degli scogli da superare: la maggior parte dei medici stranieri in  Italia opera solo nel privato: “una scelta forzata  - ha spiegato il presidente dell’Associazione - dal momento che per partecipare ai concorsi pubblici è necessario avere la cittadinanza”. 
 
Cresce il numero di stranieri anche per le altre figure che ruotano intorno al mondo della sanità come infermieri, fisioterapisti, odontoiatri e farmacisti. Al primo posto ci sono gli infermieri, maggiormente dei Paesi dell'Est,  che oggi hanno raggiunto le 37mila unità. I fisioterapisti, invece, sono più di 3.500 e provengono soprattutto dai Paesi arabi, africani e sudamericani. I farmacisti superano i 2000. Anche per queste professioni la situazione è la stessa dei medici: lavorano soprattutto nel privato perché non possono partecipare ai concorsi pubblici. Durante il Congresso  sarà annunciata l'istituzione dell'Unione Medica Euromediterranea (UMEM) che conta già 35 membri tra Federazioni, Istituti, Associazioni e diverse realtà sanitarie dei Paesi Euromediterranei, tra i  quali Amsi ed il movimento Uniti per Unire risultano  soci fondatori. 
 
Nonostante le difficoltà ancora da affrontare i membri Amsi si dicono orgogliosi del lavoro fatto finora: “ abbiamo organizzato più di 500 Convegni di aggiornamento professionale  - ha sottolineato Michele Baleanu, portavoce di Amsi di origine rumena - tutti volti alla cooperazione internazionale e alla conoscenza. Continuiamo a fornire consulenze a tutti i professionisti italiani e di origine straniera attraverso i nostri sportelli Amsi, per il loro l'inserimento nel mercato del lavoro sia in Italia che all'estero - ha concluso - come hanno dimostrato le recenti richieste di lavoro in Arabia Saudita, in Ecuador, in Qatar, nei Paesi arabi e africani che abbiamo divulgato”.

28 novembre 2016
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