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Cassazione. Nessun risarcimento per responsabilità medica se i professionisti hanno avvisato i genitori dei rischi di malformazioni e scarse chance di sopravvivenza del neonato


La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso di una coppia che si era rivolta al Tribunale e quindi alla Corte di Appello per ottenere il risarcimento dei danni a seguito della presunta "errata, negligente e imperita" assistenza al parto e alla nascita del figlio, venuto al mondo con una grave encefalopatia con idrocefalo e tetra paresi spastica. La madre era stata visitata da due medici che avevano rilevato un quadro di brachicardia fetale che avrebbe ridotto al minimo le possibilità di sopravvivenza del neonato o avrebbe dato la certezza che il feto sarebbe deceduto. LA SENTENZA.

28 MAR - Non c’è una responsabilità medica se il neonato viene alla luce con gravi patologie quando lo staff medico ha messo in guardia per tempo i genitori, spiegando loro che ci sarebbero state addirittura poche possibilità di sopravvivenza.

In base a questo principio la Corte di Cassazione (sentenza 7251/2018) ha rigettato tutti i motivi di ricorso di una coppia che si era rivolta al Tribunale per ottenere il risarcimento dei danni a seguito della presunta "errata, negligente e imperita" assistenza al parto e alla nascita del loro figlio, venuto al mondo con una grave encefalopatia con idrocefalo e tetra paresi spastica.

La madre era stata infatti visitata da due medici che, in rapida successione, avevano rilevato un quadro di brachicardia fetale che se proseguita per un certo lasso di tempo avrebbe ridotto al minimo le possibilità di sopravvivenza del neonato o avrebbe anche dato la certezza che il feto sarebbe deceduto.

La Corte di Appello infatti aveva affermato che “vi sono stati due professionisti che, in rapida successione, avevano visitato la paziente e, nel volgere  di  cinque  minuti, avevano rilevato la rapida evoluzione verso un quadro di brachicardia fetale e che, se tale condizione fosse perdurata per un'ora e 40 (così come indicato dalla parte attrice e dai suoi consulenti) vi sarebbero state  poche chance di sopravvivenza per ii neonato,  se  non  addirittura  certezza  che  ii feto sarebbe deceduto”.

Secondo la Cassazione “nel  caso  in  esame,  contrariamente  a  quanto  sostenuto  dai  ricorrenti, la Corte territoriale ha mostrato di aver debitamente esaminato le risultanze probatorie emergenti dall'istruttoria esperita, non incorrendo in alcuna omissione riguardante un fatto che, se analizzato, avrebbe potuto comportare una decisione diversa. In particolare, la Corte di merito ha esaminato gli accertamenti svolti dalla CTU … ed in ordine alle incongruenze rilevate in ordine agli orari de! tracciato cardiotoecografico, ha ritenuto che esse non avessero rilevanza ai fini della dimostrazione della responsabilità dei sanitari tenuto canto che, come già condivisibilmente evidenziato dal giudice di prime cure, la CTU svolta in primo grado aveva osservato che ‘ancorché l'annotazione riportata sul diario clinico possa essere ritenuta non rispondente al vero nella sua collocazione oraria, vi sono stati due professionisti che, in rapida successione, avevano visitato la paziente e, nel volgere di cinque minuti, avevano rilevato la rapida evoluzione  verso  un  quadro di brachicardia fetale e che, se tale condizione fosse perdurata per un'ora e 40 (così come indicato dalla parte attrice e dai suoi consulenti) vi sarebbero state poche chance di sopravvivenza per ii neonato, se non addirittura certezza che ii feto sarebbe deceduto’”.
 
Secondo la Cassazione il ricorso va integralmente rigettato e  “sussistono i giusti motivi - ai sensi dell'art. 92 c.p.c. nella formulazione risultante dalla sostituzione disposta dall'art. 2 legge n.263 del 2005, applicabile in ragione dell'epoca di introduzione del giudizio di primo grado - per l'integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità avuto riguardo alla peculiarità delle questioni e alla complessiva vicenda processuale.
 
Conferma piena quindi della decisione della Corte di Appello di negare il risarcimento del danno considerando che, anche dando per buone le incongruenze temporali negli esami evidenziate nella CTU circa gli orari del tracciato carditoecografico del piccolo, una simile circostanza non assume alcuna rilevanza per dimostrare la responsabilità dei medici.

Questo perché resta il fatto che la donna era stata visitata da due medici che l’avevano avvisata degli effetti – anche fatali - della brachicardia fetale.

Se i genitori sono stati messi in guardia sulle problematiche del feto e i medici non potevano far nulla per impedire l'evento, conclude la Cassazione, non spetta alcun risarcimento per responsabilità medica.

28 marzo 2018
© Riproduzione riservata

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