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50° Congresso Sivemp. “Salute animale e umana a rischio se non si assumono altri veterinari nel Ssn”. Intervista a Grasselli

di Ester Maragò

“La veterinaria pubblica è vicina al collasso. Una situazione paragonabile a quella del ponte di Genova, si tira a campare, si riduce la vigilanza e la sorveglianza sui rischi. Ma prima o poi arriva il crollo e a farne le spese sarà la salute animale e umana e di conseguenza l’economia agro alimentare. Con costi enormi”, dice il leader sindacale in questa intervista che anticipa i temi del 50°Congresso nazionale dei veterinari che si apre oggi a Roma. Grasselli auspica una ripensamento del “Governo del cambiamento” sulla legge di Bilancio che risponda anche alle richieste delle Regioni per un incremento del fondo sanitario.

07 NOV - “Se non sarà avviato un piano di assunzioni adeguato nessuno chieda alla medicina veterinaria di garantire i Lea e di proteggere il paese dalle epizoozie che serpeggiano intorno e dentro l’UE. Una situazione paragonabile a quella del ponte di Genova, si tira a campare, si riduce la vigilanza e la sorveglianza sui rischi. Ma prima o poi arriva il crollo e a farne le spese sarà la salute animale e di conseguenza l’economia agro alimentare. Con costi enormi”.
 
Non ci sta Aldo Grasselli, segretario nazionale della Sivemp, in questa intervista a tutto campo traccia i contorni di una politica sanitaria nazionale che non solo ha tradito le aspettative di chi opera nel Ssn, ma ha anche relegato la medicina veterinaria in una posizione di secondo piano non comprendendone l’importanza strategica.
 
Se oggi venisse meno l’organizzazione dei Servizi Veterinari pubblici, la loro funzione di gestione dei rischi e la capacità di certificazione sanitaria sulle filiere dell’alimentazione animale, dell’impiego del farmaco veterinario, delle condizioni di benessere nei trasporti degli animali e nella sicurezza delle produzioni e trasformazioni alimentari, il nostro paese non esporterebbe nemmeno un prosciutto.
 
Dottor Grasselli, il vostro convegno si apre in un momento non facile per chi opera nel Ssn. L’incremento dei fondi atteso per la sanità non c’è stato. Soprattutto manca all’appello un finanziamento vincolato per il rinnovo dei contratti. Tutto questo nell’anno che celebra i 40 anni del Ssn. Cosa significa questo per la vostra categoria?
Salutare i 40 anni di vita del Servizio sanitario nazionale con assemblee nelle aziende sanitarie e uno sciopero nazionale dei dirigenti che hanno il ruolo prevalente nella realizzazione della sanità è più che sufficiente per dare la misura della delusione e del malcontento che serpeggia tra medici, veterinari e sanitari. Anche i cittadini dovrebbero indignarsi per lo stato di degrado della politica sanitaria del Paese. Dire “prima gli italiani” a nostro avviso significa “prima la salute”. Ma la legge di bilancio del cambiamento persegue una linea di condotta comune a quella dei governi precedenti: togliere risorse alla sanità pubblica e dare libero sfogo al mercato della salute, per chi se la potrà permettere. La medicina veterinaria pubblica ha poi una sua specificità che la politica raramente comprende: tutelare la salute animale, controllare e rimuovere i rischi delle filiere agro-zootecnico-alimentari non significa solo proteggere il benessere animale (tema che recentemente è assurto alla ribalta di interi partiti) la salute animale e umana, ma significa anche proteggere da crisi di sicurezza alimentare la filiera del “Food made in Italy”, cioè una bella fetta di Pil.
 
Il prossimo 23 novembre la sanità si fermerà. Quindi cosa si aspetta?
La resipiscenza del Governo Salvini-Di Maio. Noi non scioperiamo solo per un contratto scaduto da 9 anni, per ottenere riconoscimenti assolutamente legittimi come gli stessi incrementi attribuiti al restante personale della PA, un superamento della legge madia che blocca i fondi contrattuali al 2016, l’inserimento in massa salariale della “indennità di esclusività di rapporto” che dopo 19 anni si è svalutata del 50% e non indennizza più alcuna scelta di campo a favore del Ssn. Scioperiamo perché non vediamo un progetto di messa in sicurezza del Ssn. Ci aspettiamo che il governo del cambiamento si assuma le sue responsabilità emendando la legge di Bilancio, esattamente come chiedono anche le Regioni. Il tema della “sostenibilità del Ssn” è un dibattito ormai drammatico che non ha sbocchi se non si ragiona in un modo diverso.
Occorre fare riferimento al profilo economico in senso ampio (con riguardo al contributo del settore sanitario alla crescita, all’occupazione, al progresso scientifico, allo sviluppo economico e, al contempo, al contributo degli altri settori alla tutela della salute, trasporti, industria, comparto agro-zootecnico-alimentare, istruzione, ecc.), al profilo ambientale (ovvero al rapporto tra evoluzione del settore sanitario ed ecosistemi nei quali l’uomo vive e che condivide con le popolazioni animali), al profilo culturale-politico (le conoscenze e il sistema di valori che sorreggono le scelte degli individui e della collettività rispetto ai temi della salute), al profilo sociale (ovvero ai fattori che contribuiscono a migliorare il benessere complessivo di una collettività: dalla qualità della vita al rispetto dei diritti umani, dall’uguaglianza sociale alle libertà individuali, dalla coesione territoriale alla sicurezza delle comunità), al profilo intergenerazionale (con riguardo al tipo di tutela della salute che l’attuale generazione di contemporanei ritiene di voler lasciare in eredità alle future generazione e alle solide basi su cui costruirlo).
Se è vero che il Servizio sanitario nazionale deve concorrere al miglioramento dello stato di salute degli individui e delle collettività, dovranno essere i bisogni di salute epidemiologicamente rilevati alla base della programmazione sanitaria, da cui derivano modelli organizzativi idonei alla realizzazione degli obiettivi, non un determinato volume di spesa. I servizi non possono essere modellati solo sulla disponibilità̀ contingente di risorse.
 
Una delle più grandi criticità è la carenza di personale. Come si traduce questa problematica nella vostra attività?
Lo scenario è comune a tutte le professioni mediche e sanitarie. Una mancata programmazione e il blocco del turn over ha di fatto portato a la situazione vicino al baratro. Anni di risparmio sul personale stanno per costare cari. Nel giro di 5 anni uscirà dal Ssn il 40% dei medici veterinari specialisti inquadrati nella dirigenza dei dipartimenti di prevenzione. Se non sarà avviato un piano di assunzioni adeguato nessuno chieda alla medicina veterinaria di garantire i Lea e di proteggere il paese dalle epizoozie che serpeggiano intorno e dentro l’UE. La situazione è paragonabile a quella del ponte di Genova, si tira a campare, si riduce la vigilanza e la sorveglianza sui rischi, si esegue solo una medicina veterinaria difensiva, ma prima o poi arriva il crollo e a farne le spese sarà la salute animale e di conseguenza l’economia agro alimentare. Nelle epidemie animali (sempre che non riguardino anche la salute umana e allora il problema si fa ancora più pesante) i costi sono enormi. Si parla di milioni di animali allevati che devono essere isolati, abbattuti e distrutti. Significa buttare alle ortiche anni di ricerca, selezione genetica, lavoro, posizionamento strategico sui mercati internazionali dei nostri prodotti alimentari. E allora lo Stato (il Governo cui resterà in mano il cerino) distribuirà indennizzi, incentivi, sgravi inutili a filiere devastate …. e subirà una sensibile recessione. Lo abbiamo visto e patito negli anni passati con gli episodi di BSE-mucca pazza, Influenza aviaria, afta epizootica, peste suina che però, grazie ad organici freschi e adeguati sono state soffocate sul nascere. Domani, se non ci sarà un servizio veterinario efficiente in ogni Asl le cose non andranno molto peggio.
 
40 anni di Ssn. Come si è evoluta la medicina veterinaria in questi anni?
La medicina veterinaria, nel sistema delle relazioni internazionali, è stata uno dei temi sui quali si è riversata e mantenuta la maggiore attenzione. Solo in Italia, dove è in seno al ministero della Salute e poi della sanità delle Regioni anziché nell’alveo dell’agricoltura come nei restanti paesi UE, la medicina veterinaria risulta spesso poco più che una funzione decorativa per molti assessori e dirigenti degli apparati sanitari. Non se ne comprende l’importanza strategica a fronte - tutto sommato - dei suoi costi irrisori. Se oggi venisse meno l’organizzazione dei Servizi Veterinari pubblici, la loro funzione di gestione dei rischi e la capacità di certificazione sanitaria sulle filiere dell’alimentazione animale, dell’impiego del farmaco veterinario, delle condizioni di benessere nei trasporti degli animali e nella sicurezza delle produzioni e trasformazioni alimentari, il nostro paese non esporterebbe nemmeno un prosciutto. Senza contare che sarebbe alquanto difficile dare risposte alla richiesta di tutela del benessere degli animali e alla lotta al randagismo che una sempre più spiccata sensibilità degli italiani invoca.
 
Quali sono i temi principali dei lavori congressuali?
Ovviamente parleremo di Contratto e di proteste, di innovazione del ruolo del sindacato, di nuova narrazione della sanità pubblica. Il nostro Sindacato è soprattutto impegnato per assicurare un ruolo autorevole della medicina veterinaria preventiva nel Ssn. Il nostro Congresso si concentrerà sia sulle problematiche del contingente sia sulla proiezione strategica della nostra professione. Apriremo un confronto sulla medicina veterinaria pubblica necessaria al Paese nei prossimi anni, non solo sotto il profilo del numero dei veterinari ma in particolare sulla qualità delle loro specializzazioni necessarie negli anni futuri. Abbiamo posto sotto verifica la soluzione delle macroaziende sanitarie indicandone i punti deboli e la necessità di ripristinare il “governo di prossimità dei processi” della sanità veterinaria che non risponde solo ad esigenze locali ma soprattutto a obblighi comunitari e internazionali.
La nostra professione sta cambiando rapidamente col mutare delle condizioni socio economiche e delle abitudini alimentari, con la nuova sensibilità animalista, con i nuovi squilibri climatici, con le nuove opportunità commerciali e le nuove materie prime per le filiere alimentari, con le nuove criticità che vanno dall’impatto ambientale degli allevamenti intensivi al problema della Antimicrobico Resistenza, all’importazione di specie animali esotiche e alla migrazione di quelle selvatiche, al bioterrorismo e alla diffusione di patologie animali come strumento di guerra fredda, dal benessere degli animali allevati alla sicurezza alimentare in una società aperta e cosmopolita che deve proteggere la salute come bene primario per la stabilità e il progresso. La medicina veterinaria è una professione che si basa su un criterio ben radicato: One World - One Health – One Medicine.
 
Ester Maragò

07 novembre 2018
© Riproduzione riservata

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