SaniTalk. Riconoscere il ruolo del middle management e imparare a parlare la stessa lingua
di Michela Perrone
Nel primo SaniTalk si è parlato del ruolo dei dirigenti sanitari, del rapporto con il territorio e della necessità della formazione, universitaria e non solo. Le criticità non riguardano solo gli aspetti economici, ma soprattutto quelli gestionali, che devono essere svecchiati alla luce anche dell’esperienza accumulata durante la pandemia.
29 GEN - Conoscenza reciproca, comunione di intenti, necessità di formazione e uniformità di linguaggi: sono stati questi i punti cardine emersi dal primo SaniTalk, l’appuntamento live mensile di SaniTask, la nuova iniziativa editoriale di Sics, sostenuta incondizionatamente da Alfasigma, che approfondirà i temi più importanti che interessano il management sanitario a tutti i livelli.
La prima puntata è stata dedicata proprio al management del futuro, alla luce anche del vissuto del sistema sanitario durante quest’anno di pandemia.
“Credo che un buon manager sia colui in grado di trovare una sintesi tra la governance dei processi assistenziali e quella economica – ha esordito Arturo Cavaliere, presidente della Società Italiana di Farmacia Ospedaliera (Sifo) e direttore della Farmacia aziendale della Asl di Viterbo – Il contesto sociale e sanitario in cui viviamo è complesso e spesso i margini di autonomia della singola azienda sanitaria sono risicati”.
Per quanto riguarda i farmacisti ospedalieri, Cavaliere ha ricordato l’importanza del ruolo, riconosciuta da più parti: “Durante la pandemia è emerso con più forza che la categoria che rappresento ha un ruolo trasversale, in grado di interagire con tutte le figure aziendali apicali, intercettando i bisogni di assistenza e coniugando alle poche informazioni disponibili capacità manageriali e organizzative”.
Serve maggiore flessibilità Gianfranco Finzi, presidente dell’Associazione nazionale dei medici delle direzioni ospedaliere (Anmdo) e direttore Sanitario Ospedali privati riuniti di Bologna, ha sottolineato come il top management sia autonomo, mentre “il middle management rischi di rimanere ingessato in norme che non favoriscono l’autonomia. La pandemia ci ha dimostrato che ci deve essere più flessibilità nella possibilità decisionale. Credo che stiamo entrando in una nuova era in cui non possiamo più rimanere legati a modelli organizzativi del passato. Credo che sia arrivato il momento di mettere mano a una riforma sanitaria che comprenda anche nuove funzioni peri manager in sanità”.
Che i tempi siano cambiati è stato evidenziato anche da Francesco Ripa di Meana, presidente della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso) e direttore generale degli Istituti Fisioterapici Ospitalieri, Istituto Regina Elena e San Gallicano: “In questi 25 anni di aziendalizzazione c’è stato un profondo cambiamento dal punto di vista del management e sono nate figure che prima non esistevano. È ora importante non parlare solo di top management, ma anche di quella classe dirigente intermedia che deve avere la capacità di esercitare i margini di autonomia esistenti in maniera proattiva, compartecipando alla costruzione della soluzione. In questo senso deve esserci un maggiore riconoscimento del ruolo”.
Nonostante se ne parli da anni, oggi in ambito sanitario permangono i silos di spesa (e di investimento). Cosa andrebbe fatto per superarli una volta per tutte? “Le società scientifiche dovrebbero creare un sentire comune tra gli esperti del settore affinché per esempio l’innovazione non sia mortificata dai tetti della spesa farmaceutica – ha suggerito Cavaliere – Ormai abbiamo tutti gli elementi per costruire un modello pilota che una volta collaudato possa diventare un riferimento per le istituzioni a favore di un cambiamento epocale come può essere quello dell’abbattimento dei silos”.
Il rapporto con il territorio
“Dal punto di vista manageriale ancora oggi l’organizzazione del territorio è parcellizzata tra medici di medicina generale, servizi ambulatoriali, servizi territoriali, e il resto delle cure primarie. Tutte culture diverse che continuano a ragionare in modo differente”, ha evidenziato Ripa di Meana, secondo il quale la vera sfida oggi non è contrapporre territorio e ospedale, ma averne una visione integrata: “Porre il paziente al centro non è una questione ideologica, ma una necessità assoluta. Il Piano della cronicità ci ha mostrato che questo è possibile”.
Potenziare il territorio significa sfruttare la tecnologia (telemedicina, applicazioni per il monitoraggio…) ma anche lavorare sull’empowerment del paziente, che è sempre più informato.
Per Gennaro Volpe, presidente della Confederazione delle Associazioni Regionali di Distretto (Card) e direttore generale della Asl di Benevento, “si deve ripartire dal rilancio del distretto, poiché è importante avere un territorio forte che affianchi l’ospedale. Si parla da anni di rete territoriale,ma le risorse sono sempre state ridotte. Servono soldi, ma anche infrastrutture tecnologiche per entrare con il digitale nella casa del paziente. Personalmente ritengo che le Usca, allargate a professionalità come fisioterapisti e psicologi possano essere la base di un team multidisciplinare che si muove sul territorio occupandosi davvero della presa in carico dei pazienti”.
Il nodo della formazione
“Il futuro della sanità è legato soprattutto a una sfida formativa”. Non ha dubbi, Tiziana Frittelli, presidente Federsanità e direttore generale Azienda ospedaliera universitaria di Roma Tor vergata, che declina la sua proposta per il rilancio del Ssn in quattro punti: “Rimodulare la programmazione delle scuole di specializzazione in base ai bisogni reali; adeguare la formazione dei mmg in modo da renderla più completa; allineare i linguaggi tra professionisti diversi e prevedere una formazione anche per i pazienti e i caregiver, attraverso il terzo settore e le associazioni dei pazienti”.
In tutto questo, non può mancare l’integrazione socio-sanitaria,con il coinvolgimento dei distretti e degli amministratori locali: “Ci siamo accorti che, laddove ci sono delle incomprensioni, spesso queste sono legate alla mancanza di conoscenza delle reciproche esigenze”, ha notato Frittelli.
E ancora, il ruolo della politica: “Da una parte abbiamo i Dg, che hanno una profonda conoscenza della materia, dall’altra i politici eletti, che spesso fanno fatica a seguire la complessità del mondo sanitario – ha evidenziato Finzi – Ritengo che sarebbe opportuno che queste persone avessero qualcuno del loro staff in grado di aggiornarle periodicamente. Penso che in questo modo vi sarebbe un vantaggio generalizzato”.
Prossimo episodio: deburocratizzazione
Il SaniTalk di febbraio sarà dedicato alla deburocratizzazione della sanità, un tema quanto mai attuale anche per fare il punto sulla bontà delle numerose deroghe emesse in questi mesi. “La pandemia ci ha mostrato che ci sono delle possibilità per fare meglio e più velocemente”, ha osservato Ripa di Meana, invitando a cogliere il lato positivo di questa “sperimentazione” forzata. Cavaliere ha invitato a “effettuare una deburocratizzazione su binari chiari: per fare un esempio non virtuoso, nel nuovo Codice degli appalti non è normato l’acquisto in urgenza dei dispositivi in deroga. Gli amministratori hanno dovuto fare riferimento al Dpcm per poterlo fare”.
Per Finzi è importante “ragionare non solo sulla parte economica, ma aprire un tavolo di confronto per tutto quello che riguarda la documentazione sanitaria, snellendo laddove possibile e privilegiando l’informatizzazione”.
Per Frittelli, infine, “occorre agire anche sulla responsabilità professionale e sanitaria dove non sono coinvolti solo gli operatori sanitari, ma anche le filiere gestionali. Proprio su questo tema Federsanità sta chiudendo in questi giorni un tavolo tecnico per una nuova proposta normativa”.