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Le RSA escono dalla crisi

di Marco Trabucchi

23 GIU -

Gentile Direttore,
un convegno tenutosi in questi giorni a Milano, organizzato dal Pio Albergo Trivulzio, ha dato un’immagine lucida di dove si collocano in questo momento storico le strutture residenziali per anziani. Lo scenario è oggi particolarmente difficile, come è ben noto, e come di seguito indicato. Però si intravvedono alcune risposte possibili.

1. A breve si incominceranno a percepire le conseguenze della forte riduzione delle nascite avvenuta negli ultimi decenni. Quella più immediata sarà la difficoltà a trovare persone in grado da operare come caregiver, sia informali nelle famiglie, sia formali. E’ un dato indiscutibile, che difficilmente potrà essere contrastato (vedasi le incertezze nel facilitare l’immigrazione sia di personale già qualificato sia di persone che potrebbero essere adeguatamente formate in Italia)

2. La spettanza di vita media continua a crescere. E’ quindi presente nelle nostre comunità un numero sempre più elevato di vecchi, molti di quali con un pesante carico di malattie e di invalidità e quindi “costosi” sia sul piano organizzativo che economico. Al problema età va aggiunto quello determinato dalla solitudine, condizione sempre più grave, causata da vari fattori, in particolare dalla crisi del modello tradizionale di famiglia. Questa ha influenze pesanti sull’organizzazione complessiva dei servizi, perché riduce la possibilità concreta di una loro fruizione in ambito domiciliare, con il conseguente necessario aumento delle risposte residenziali

3. Una forte incognita è oggi rappresentata dal finanziamento al sistema di welfare, sempre più in difficoltà a causa della riduzione della forza lavoro (a sua volta inasprita dal ritardo delle nuove generazioni ad assumersi la responsabilità di un lavoro stabile) e del peso indotto dal finanziamento di un gravoso sistema pensionistico. E’ ben noto che il PNRR finanzia i costi strutturali, ma che dal 2026 il funzionamento dovrà essere garantito dal fondo sanitario nazionale.

4. Quale sarà la cultura di fondo che caratterizzerà il nostro prossimo futuro? Quanto tempo sarà necessario per superare lo shock della pandemia? Le comunità avranno superato la dicotomia noi/io nel regolare la propria vita? Gli atteggiamenti “ageistici”, caratterizzati da pregiudizi sulla vecchiaia in generale e dal rifiuto di attuare adeguati atti di cura in età avanzata, diverranno prevalenti?

5. La pandemia ha prodotto un drammatico allungamento dei tempi per le cure. Se continuerà l’incertezza sull’evoluzione della malattia sarà quasi impossibile prevedere il superamento dell’attuale condizione, che potrebbe durare per lungo tempo. Fino a quando dovremo ancora preoccuparci della sindrome post-covid nei soggetti anziani? Ed, eventualmente, quale peso eserciterà sul sistema dei servizi?

6. Quale sarà il contributo della tecnologia nelle sue varie applicazioni per aumentare la qualità della vita delle persone anziane, sia all’interno del domicilio sia nei diversi servizi. Sarà possibile superare le resistenze all’innovazione poste sia dagli anziani stessi sia dagli operatori? Sarà possibile che, come avviene in molti altri campi, anche nella cura dell’anziano il digitale diventi il motore principale della crescita? L’intelligenza artificiale alleata dei progressi della biologia certamente permetterà una nuova era di scoperte, che avranno un impatto formidabile sulla qualità della vita delle persone non più giovani; nessun ambiente di cura dovrà essere escluso dalla fruizione dei recenti progressi

Di fronte a questo scenario la risposta delineata durante il convegno, e che trova nel Pio Albergo Trivulzio un modello significativo di impegno, è caratterizzata da alcune parole chiave:

a) formazione degli operatori a tutti i livelli, spesso con funzioni di supplenza di fronte all’assenza delle agenzie formalmente predisposte sul tema della cura e dell’assistenza all’anziano fragile affetto da malattie croniche;
b) supporto agli operatori che hanno attraversato la tragedia della pandemia e che oggi devono affrontare il difficile ritorno ad una normalità ancora precaria;
c) il supporto si esprime, prima ancora che a livello psicologico, con l’espressione dell’orgoglio da parte degli operatori perché costituiscono il fulcro centrale della cura delle persone anziane, che non troverebbero altre risposte alla loro sofferenza;
d) controllo attento e continuo della condizione degli ospiti dei vari servizi, evitando di accettare senza impegno professionale  e pratico la possibile evoluzione negativa dello stato di salute e dell’autosufficienza; d) ricerca e  sperimentazione di nuove modalità di cura, a livello del singolo e dell’organizzazione della rete dei servizi;
e) coscienza che le strutture per gli anziani sono “mondi vitali”, dove si incontrano la giovinezza  degli operatori con l’età avanzata degli ospiti. Sono caratterizzati dall’impegno per un continuo miglioramento della qualità della vita dei nostri concittadini più fragili.

Prof. Marco Trabucchi
Gruppo di Ricerca Geriatrica, Brescia





23 giugno 2022
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