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Ssn italiano a confronto con il Regno Unito, vantaggi e svantaggi

di Gabriella Scrimieri

09 GEN - Gentile Direttore,
guardando spesso in casa nostra abbiamo tanto da dire e tanto da recriminare. Sicuramente negli anni la sanità italiana ha subito contraccolpi fortissimi, ma non possiamo dimenticare che, grazie alla Legge 23 dicembre 1978, n. 833, è stato istituito il Servizio Sanitario Nazionale e con esso il concetto di salute inteso come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.

Il sistema sanitario italiano è un sistema universalistico, uno dei migliori al mondo e dai cui altri paesi negli anni hanno preso spunto. 

Cosa significa Sistema Universalistico?
Un Sistema attraverso cui vengono garantite prestazioni sanitarie a tutti i cittadini, senza distinzione di condizioni individuali, sociali e reddito. Il SSN è basato, inoltre, sul principio di uguaglianza, ovvero: tutti i cittadini hanno diritto alle medesime prestazioni a parità di bisogno. 

Questa Legge ha ottenuto anche diversi effetti, non solo positivi, infatti, si sono sviluppati contrasti tra Stato e Regioni, causati da una grave mancanza di cultura “sanitaria” dovuta ad una scarsa programmazione, assenza di standard minimi di assistenza (tanto che alcune Regioni crearono un numero esagerato di presidi sanitari, generando ulteriori disavanzi), un meccanismo di rimborso a piè di lista per nulla funzionale al contenimento e alla gestione dei costi. Aspetti così fortemente negativi che hanno poi spinto il Governo, tra il 1992 ed il 1993, a varare due decreti legislativi (502/1992 e 517/1993) che presero il nome di seconda riforma sanitaria.

La Legge 502 del 1992, cosa ha apportato di nuovo?
Sicuramente dei correttivi, atti a contenere gli sprechi, garantendo comunque assistenza sanitaria a tutti i cittadini. Gli ospedali si sono trasformati in aziende e si è sviluppato un maggiore orientamento al “mercato”, ma anche la nascita dei dipartimenti, la distribuzione di responsabilità alle regioni, in ultimo la regionalizzazione dei servizi sanitari.

Dopo l’avvento di questa Legge, le regioni possono avvalersi sullo Stato per i propri disavanzi, per cui, le responsabilità ricadono soltanto sulla governance della singola azienda. L'ente Regione, da questo momento, ha tutto l’interesse nell’osservanza e la cura dei conti economici del servizio sanitario regionale fornito ai cittadini, perché ne risponde politicamente. Inoltre, sempre la Legge 502, disegna nuovi modelli di finanziamento della sanità nazionale e regionale. Tutto questo attraverso il Piano Sanitario Nazionale, che stabiliti i Livelli Essenziali di Assistenza, definisce, in base ai bisogni dei cittadini e alle risorse disponibili (ricavate dalla fiscalità generale), una programmazione economica per distribuire alle regioni una quota capitaria pesata. La Regione, in seguito ad un proprio piano sanitario regionale, distribuisce queste risorse alle aziende. In caso di richieste di ripianamento dei disavanzi da parte delle aziende, le regioni possono avvalersi di strumenti di finanziamento quali l’uso di proprie risorse economiche e dei contributi sanitari IRAP, oltre alle entrate dirette delle strutture (ticket).

Ora è utile un confronto con altri paesi, dove alcune garanzie non sono poi così scontate.
Riporto l’esempio di una donna italiana trasferita da diversi anni nel Regno Unito per motivi di lavoro. “Nel Regno Unito, l’indicazione all’intervento chirurgico (nel mio caso un’ernia ombelicale) o al consulto con specialista è sempre mediato dal medico di base che invia al sistema informatico la richiesta di visita specialistica. Il paziente riceve una mail a cui deve registrarsi, che ti apre le opzioni di scelta dell’ospedale, nella tua zona, in cui vuoi andare. Prenoti online l’appuntamento, il medico specialista esegue la visita e ti inserisce in lista operatoria. Per il mio intervento, non urgente in tempi pre-covid, ho aspettato circa 5 mesi”.

“Ti chiamano, a questo punto, per l’accesso preoperatorio che consiste nell’incontro con il chirurgo, l’anestesista e gli esami pre operatori che, in assenza di patologie specifiche consistono in un esame urine e una emocoltura per la ricerca di MRSA (methicillin resistant staphylococcus aureus) ed impedire ai portatori di far entrare tale infezione in ospedale. Il giorno dell’intervento (il mio era programmato per il primo pomeriggio) vengo accolta in una struttura day hospital, mi viene data una poltrona, mi cambio con camicia da sala, finisco di firmare alcune pratiche amministrative ed aspetto il mio turno assieme ad altri pazienti della giornata. Con circa due ore di ritardo vengo portata in sala, mi reperiscono un accesso venoso, mi anestetizzano e mi risveglio dopo circa 1 ora e ½ in reparto. In UK i reparti non sono quasi mai stanze singole/doppie ma a corsie divise da divisori mobili”.

“Come terapia ho una flebo di fisiologica e mi viene data una brocca di acqua a cui mi attacco subito sapendo che dopo 2 ore sarei stata dimessa. Infatti in prericovero ti chiedono se a casa hai un adulto che possa prendersi cura di te in post operatorio e in caso positivo il ricovero è in day hospital anche se l’intervento è effettuato alle 5 del pomeriggio ed in anestesia generale. Dopo circa un'ora finisce la flebo e la brocca d'acqua, sono ancora un po’ debole e stordita ma pronta per la dimissione. Non esiste una dimissione medica né tanto meno una lettera di dimissione, chiedo quindi almeno di parlare con un medico che mi dia qualche informazione sull'esito dell’intervento".

“Con lunghe insistenze, e dopo circa un’ora, ho la possibilità di parlare con un medico junior che era in sala e che, a domanda, mi informa che avevano inserito una rete di circa 4 cm. Vengo a questo punto salutata (e quindi dimessa) con un blister di antidolorifici e una scatola di lassativi in caso di bisogno. Fine dell’esperienza. Non ho ricevuto nessuna chiamata per follow up né alcuna lettera di dimissione, informazioni mancanti anche al mio medico di base. A sistema risulta solo che ho eseguito un intervento di ernia ombelicale".

Da questa testimonianza si evidenzia un sistema molto proceduralizzato e informatizzato, pochissima/nulla relazione con il paziente, né medica né infermieristica, nessuna comunicazione scritta, né referti e quindi meno contenziosi, dato che manca al paziente l’informazione base. Zero anche per gli esami pre operatori e né visite di controllo.

Questa esperienza pone sicuramente alcune riflessioni. E’ il nostro sistema sanitario italiano ad essere troppo dispendioso e poco razionale, ma comunque molto attento nel garantire l’assistenza a tutti i cittadini anche non italiani e residenti all’estero, oppure, sono gli altri paesi esageratamente attenti e garantisti da un punto di vista economico ma poco funzionale all’utenza?

A voi le conclusioni


Gabriella Scrimieri
Dottore magistrale in scienze infermieristiche

09 gennaio 2023
© Riproduzione riservata

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