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Senza infermieri non c’è futuro per la sanità e l’assistenza in Italia

di Cecilia Sironi

15 OTT - Gentile Direttore,
sono un'infermiera italiana diplomata ("vecchio" corso triennale ospedaliero) nel 1980. La mia prima esperienza di lavoro fu a Londra (anche se come nursing auxiliary, in attesa di ottenere il riconoscimento del mio titolo e lavorare come State Registered Nurse nel servizio sanitario inglese). Scrivo stimolata dalla lettera del dott. Magnone, innanzitutto per ringraziarlo e per chiedergli se possiamo unire le forze in una comune campagna a favore della nostra salute, dell’assistenza ai cittadini italiani, di chi crede davvero nella prevenzione e nell’educazione alla salute, di chi ha mantenuto gli ideali e condivide ancora i valori che hanno portato la sanità italiana a punti di eccellenza, che hanno visto l’Italia in prima linea dai secoli in cui in Inghilterra e altri Paesi c’era ancora il buio più totale sull’accoglienza alle persone bisognose.

Nel 1980 l'impatto con lo status, l'organizzazione, la cultura specifica, l'ampia gerarchia e carriera aperta agli infermieri mi fecero intuire il gap esistente con l’Italia. Tornai nel mio amato Paese e, tutte le scelte che seguirono, lo studio in Italia, il perfezionamento in Irlanda e Inghilterra, l’impiego delle ferie e dei week-end per scrivere libri, l’insegnamento in scuole per infermieri e dal 1986 in università, l’attuale impegno associativo in CNAI (Consociazione nazionale delle associazioni infermiere/i), ebbero e ancora hanno un solo scopo: “fare qualche cosa” per gli infermieri italiani.

Perché? Per ottenere successo? Per creare una “corporazione” professionale distinta da quella medica? Per nulla affatto. Faccio tutto perché ero e sono convinta che senza infermieri preparati la salute degli italiani è a serio rischio (pardon, oggi si deve dire “competenti” perché la parola d’ordine europea e quindi italiana su tutti i livelli formativi è competenza e competenze, non importa se poi cambia solo un’etichetta!).

Con l’attuale aumento della povertà e il clima di spending review trasversale e con “strani” criteri chi ne farà le spese saranno ancora le fasce più deboli. La Presidente della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi nell’intervista con Lei del 3 ottobre u.s. ha finalmente segnato una svolta: chi ci darà una mano per uscire dall’invisibilità? Anche il Convegno di CNAI del 25-27 ottobre a Roma intende sostenere questo accorato appello: senza infermieri non ci sarà alcun futuro per la sanità e l’assistenza italiane, per i nostri anziani, per la prevenzione che urge attuare nelle scuole e università per i nostri giovani. Mi fermo qui, ma come investire sul cambiamento degli stili di vita, sulla prevenzione di malattie, infezioni, traumi, depressione e suicidi (e mi fermo con l’elenco) senza la presenza capillare d’infermieri di famiglia, infermieri nelle scuole, infermieri negli atenei, infermieri nei distretti facilmente accessibili in ambulatori dedicati e multi-professionali?

In Italia ci sono notevoli risorse infermieristiche preparate ma impiegate male. Vogliamo eliminare questo spreco utilizzandole?
 
Scusi lo sfogo, amo troppo la mia professione  e il mio Paese per non essere sinceramente preoccupata per il futuro.
 
Cordiali saluti,

Cecilia Sironi
Presidente nazionale CNAI

 

15 ottobre 2012
© Riproduzione riservata

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