Gentile Direttore,
costituitasi nel 2018, compito della nostra Associazione di osteopati è l’approfondimento delle buone pratiche di assistenza, delle modalità per ridurre il rischio terapeutico, della salvaguardia deontologica e della compatibilità tra esercizio professionale e pedagogia a questo dedicata. A quest’ultimo tema dedico la seguente riflessione.
I costanti rinvii del Decreto sulla formazione e sulle equipollenze degli osteopati dimostrano che la conclusione dello stesso iter sia arenata su criticità concernenti la stessa visione culturale e scientifica della professione: problemi ai quali gli approfondimenti di nostro riferimento fornirebbero soluzione. In sintesi, la difficoltà di regolamentare una professione che trae fondamento dai principi propri delle medicine tradizionali e complementari, pur avendo l’osteopatia fin dai suoi albori coniugato gli stessi principi con le verifiche di efficacia basate sull’evidenza, può trovare risposta proprio dall’analisi culturale di tale esperienza originale nel suo dualismo. Non basta reclamare un generico diritto al riconoscimento indifferenziato di tutti gli osteopati.
Viceversa, regolamentato il ruolo sanitario e preventivo degli osteopati, occorre avere il coraggio di riconoscere modalità e linee guida della loro pratica professionale a tutela della Salute e della specificità assistenziale.
Si tratta, cioè, di definire una prospettiva interdisciplinare complessa, fondata su un insieme di competenze scientifiche, mediche ed umanistiche per fornire contributo innovativo e diffuso ai sistemi di cura occidentali. Allo scopo, è essenziale definire anche in Italia un corso di studi in osteopatia autonomo anziché omologato e subordinato a preesistenti pedagogie sanitarie. Né potrebbe esservi diversa epistemologia pedagogica per una professione sanitaria di primo contatto, riferita alle evidenze delle indicazioni e delle controindicazioni del più completo trattamento manuale, ma anche ai contesti relazionali, multiculturali ed interprofessionali sanitari con l’obiettivo fondamentale di un’alleanza terapeutica con i pazienti e i medici per cure preventive, autonome e centrate sul paziente.
Inoltre, se obiettivo comune è il riconoscimento dei nuovi professionisti sanitari mediante iscrizione all’Ordine TSRM e PSTRP, ovviando in tal modo a rischi, precarietà e discriminazione fiscale, rappresenta interesse collettivo l’inquadramento delle loro competenze in modo da garantire autonomia ed efficienza assistenziale (cfr.: L. 3/2018, art. 7).
Infatti, solo valorizzando la complessità del patrimonio culturale degli osteopati deriverebbe sostegno alla professione medica in termini interdisciplinari, educativi e di orientamento sanitario, come testimoniato per altro dalle risultanze in sede di cooperazione inter-specialistica.
L’Osteopatia, cioè, costituendo professione di frontiera tra i principi allopatici e tradizionali, esente da responsabilità di cura nelle patologie conclamate e nei processi riabilitativi, dovrebbe progredire in autonomia attraverso proprie modalità di formazione scientifica e verifiche di efficacia, orientandosi cioè verso analisi sia quantitative che qualitative nel campo delle complessità antropologiche e dei rispettivi riscontri sanitari.
Luigi Ciullo