Gentile direttore,
a proposito di appropriatezza e salute sessuale e riproduttiva. Invitato alla festa nazionale di Italia Viva, il Ministro Orazio Schillaci, parlando dei mali che affliggono il nostro Sistema sanitario nazionale, ha denunciato l’esistenza di “un 20-30% di inappropriatezza” nei nostri ospedali.
L’appropriatezza delle prestazioni è uno degli indicatori fondamentali nel monitoraggio dell’attività delle strutture ospedaliere: nel DPCM del 29.11.2001, definendo i livelli essenziali di assistenza (LEA), si afferma che sono “inappropriati i casi di ricovero ordinario o in day hospital che le strutture sanitarie possono trattare in un diverso setting assistenziale con identico beneficio per il paziente e con minore impiego di risorse”.
E’ doveroso, dunque, ricordare al Ministro le innumerevoli denunce di inappropriatezza fatte negli anni in tema di interruzione volontaria della gravidanza: ancora oggi, nonostante l’aggiornamento delle linee di indirizzo ministeriali abbia finalmente ammesso, nell’agosto 2020, la deospedalizzazione delle procedure farmacologiche, queste continuano ad essere eseguite per la quasi totalità in day hospital e, in alcuni casi, addirittura in regime di ricovero ordinario. Ciò viene fatto non sulla base di motivazioni e valutazioni cliniche, ma esclusivamente sulla base di dichiarazioni di principio basate su pregiudizi ideologici. Gli stessi pregiudizi che avevano spinto AIFA ad ammettere il regime ambulatoriale sin dal 2013, ma solo per gli aborti spontanei.
Pur non esistendo alcuna evidenza scientifica della utilità di tali esami, che di fatto costituiscono, insieme al costo elevato, un importante ostacolo all’accesso alla contraccezione, non viene fatto alcun controllo su tali prescrizioni e sui medici prescrittori, che, come dipendenti del Servizio sanitario nazionale, dovrebbero conoscere e attenersi alle linee di indirizzo e alle linee guida. L’esempio fatto dal Ministro è calzante: “Se uno ha mal di schiena non deve fare la risonanza magnetica, deve andare dal medico che lo visita e capisce qual è l'esame che deve fare” (QS 14.9). Analogamente, se una donna vuole prendere la pillola contraccettiva, deve andare dal medico, che non deve prescrivere di default la ricerca di polimorfismi dei fattori della coagulazione, ma deve valutare l’esistenza o meno di controindicazioni, e, in assenza di esse, rilasciare la prescrizione.
Se la maggioranza dei medici, per la paura di ritrovarsi soli davanti al magistrato, o anche per ignoranza, prescrive esami inutili, il dovere delle istituzioni sarebbe quello di colmare con una corretta formazione eventuali lacune, e di rassicurare i prescrittori che attenersi alle linee guida e alle raccomandazioni non comporterà, in caso di inevitabili, possibili seppur rare complicazioni, il rischio di trovarsi soli a fronteggiare una richiesta di risarcimento.
Il ministro Schillaci è un clinico e un uomo di scienza.
Speriamo dunque che saprà voltare le spalle ai tabù e ai pregiudizi che considerano la salute sessuale e riproduttiva una questione privata, e che, da clinico e uomo di scienza, vorrà affrontare il tema dell’appropriatezza organizzativa e delle prestazioni, ascoltando i clinici e le società scientifiche, valutando le evidenze e le esperienze degli altri paesi.
Oggi, come in passato, chi sceglie di fare il medico sceglie un percorso di studi lungo e difficile, che non sarebbe sostenibile se non vi fosse, oltre alla prospettiva professionale, una motivazione etica. Se però, oggi, i giovani devono confrontarsi con un modello di medicina che è sempre più quello di un mestiere ostaggio dei pregiudizi ideologici, non ci si deve stupire se molti neolaureati optino poi, come ha sostenuto il Ministro, per le specializzazioni più remunerative e che lasciano maggiore spazio all’attività privata, fuggendo dalla Sanità pubblica. Sarebbe compito delle Università e delle istituzioni, a cominciare dal Ministero della Salute, non deludere quella spinta iniziale che dovrebbe, invece, essere alimentata e sostenuta, avendo cura delle risorse economiche ed umane del nostro Sistema sanitario nazionale, che si intrecciano, inevitabilmente, con i fondamentali diritti delle persone.
Anna Pompili
Consigliere Generale Associazione Luca Coscioni