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Errori di fatto nel trattare la violenza contro le donne

di Gemma Brandi

04 DIC -

Gentile Direttore,
è impressionante quanto inutili e potenzialmente dannosi siano gli elenchi delle notizie di cronaca nera riguardanti la violenza contro le donne. Simili giaculatorie, che nulla aggiungono al fatto di cronaca in sé, contribuiscono a normalizzare questa tipologia di eventi. Ci si può a buon titolo chiedere perché certuni vi ricorrano con una insistenza che ne mostra semmai l’indifferenza, più che la partecipazione di cui vorrebbero dare prova.

Sarebbe assai più utile limitarsi a non mortificare le donne - e figlie, la moglie, le colleghe... - nella propria esistenza, con azioni che certi soloni codardamente mascherano dietro una gentilezza di facciata e che hanno l’obiettivo di minare la solidità della forza femminile, che costoro avvertono come minacciosa e contro cui muovono sospinti dalla sordida e violenta molla del gioco al massacro in cui la brama di potere e di condizionamento sconfina in una psicopatologia gratuita o demenziale, dannosa al singolo e alla collettività.

Del pari pericolose sono le parole della criminologa televisiva per eccellenza che ieri esaltava la salute mentale dell’attuale campione di femminicidio. Costei, che nella vita professionale non deve avere mai conosciuto clinicamente, al massimo periziato l’autore di simili reati, animata dal pregiudizio di cui dà costante prova mondo visiva, contribuisce a portare fuori strada l’opinione del profano costretto ad ascoltarla, mentre si permette di affermare che, una persona che non ha neppure visto, sia sana di mente per tipologia di reato. Roba da ignoranti patentati di diritto e psicologia. Oggi che hanno smesso di parlare di raptus, deo gratias, provano a far passare il raptus per malattia mentale. Il raptus non c’è più, ed è vero, perché il reo folle annuncia sempre e ripetutamente il passaggio all’atto- dunque non ci sarebbe più la malattia mentale all’origine di gesti inspiegabili. La premeditazione sarebbe invece indice di salute psichica. Altra roba da non credere, per chi abbia frequentato la paranoia e sappia come esista un crescendo rossiniano nel delirio e nei suoi epiloghi, un crescendo che include la lievitazione dell’odio nei confronti della vittima in virtù di un travisamento folle della realtà e prevede la immaginazione del delitto e la sua costruzione ben prima che questo accada.


Cosa che nulla toglie al carattere fondamentalmente psicopatologico del reato quando è in gioco una incapacità di intendere o di volere. Forse Lorsignori che non conoscono le ricche riflessioni sulla erotomania, la più pericolosa tra le declinazioni della paranoia, dovrebbero studiarsela prima di procedere a elenchi che hanno, grazie alla doxa, l’effetto contrario a quello che sembrano volere o ad affermazioni inaccettabili, che purtroppo formano il pensiero diffuso e alimentano il replicarsi di reati in questo campo. Potrebbero cominciare con la lettura di un romanzo di formazione come è L’amore fatale di McEwan: chissà che non si appassionino al tema e smettano di fare danno.

Gemma Brandi
Psichiatra psicoanalista
Esperta di Salute Mentale applicata al Diritto



04 dicembre 2023
© Riproduzione riservata

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