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Da Tagadà a Piombino. I media e gli infermieri. Parliamone

di Francesco Falli

06 APR - Gentile Direttore,
a distanza di giorni dai clamori mediatici sui tragici fatti di Piombino (inevitabili e anche necessari), vorrei tornare sulla questione, per condividere alcuni concetti che riguardano i nostri contesti professionali: il mondo dell’informazione e quello della Sanità. Prima di tutto, vorrei esprimere tutta la solidarietà umana ai familiari delle persone decedute. Solidarietà sincera e fraterna; mi dispiace moltissimo, perché ho lavorato per anni in rianimazione e il rapporto con i familiari era speciale: li ricordo come persone sempre molto attente anche alla nostra comunicazione non verbale, naturalmente…

Per la sociologia della comunicazione, l’infermiera che uccide è il massimo della ‘’notiziabilità’’, cioè rappresenta un ‘’rovesciamento di ruolo’’, secondo la definizione che Herbert Gans assegna a fatti simili: per i media è più importante un uomo che morde il cane, che non la logica ipotesi contraria; dunque, qualcuno che ha il ruolo di cura e assistenza diventa ‘’notiziabilissimo’’ se - per contro- uccide.

Questo non mi stupisce. Mi stupisce semmai il trattamento mediatico di tanta TV e di certa stampa. Credo che il massimo si sia toccato con alcuni passaggi in TV, dove l’attacco è stato rivolto all’intera categoria, in qualche modo messa sullo stesso piano e livello della protagonista di Piombino. Sono circa 430.000 gli iscritti agli albi infermieri IPASVI d’Italia. Casi come quello di Piombino, e come quello di Lugo di Romagna (la ex infermiera Daniela Poggiali è già stata condannata per omicidio a marzo) rappresentano una percentuale infinitesimale sul totale dei professionisti: per l’esattezza, pari allo 0,00048%.

Certamente, alle famiglie delle vittime calcoli del genere non interessano, e con giusta ragione. Interessa a me però far notare che diventa –almeno- non corretto processare tutti. Ed ancora una volta non posso fare a meno di notare i diversi ‘ metri di giudizio’ su fatti clamorosi che hanno riguardato altre figure.

Penso ai fatti di Vallo della Lucania, quando nella Psichiatria dell’ospedale San Luca il signor Franco Mastrogiovanni morì dopo 87 ore di contenzione abusiva ed abusata: vicenda che portò alla condanna di quasi tutti i medici del reparto (e alla francamente non comprensibile assoluzione degli infermieri: quel Giudice –evidentemente - non tenne in alcun conto l’articolo 30 del codice deontologico…per chi crede al bisogno di riconoscimento della professione, quella sentenza riportò la mia categoria all’Ottocento; mentre in altre sentenze contemporanee alcuni Colleghi sono stati condannati per non aver intercettato spaventose prescrizioni mediche di farmaci, che hanno ucciso alcuni pazienti…).

Eppure, se ci pensiamo bene, i fatti di Vallo della Lucania sono, sul piano professionale, ben più gravi di Piombino. Chiaramente non nei termini ‘’numerici’’, ma perché a Piombino, se le cose sono andate come sostiene l’accusa, siamo di fronte al gesto premeditato di una singola persona che voleva uccidere, naturalmente ‘’di nascosto’’ dal resto del team: mentre in quella Psichiatria –invece- un uomo progressivamente arriva a morire, ed infine muore, sotto gli occhi di tutti, nel disinteresse professionale ed umano individuale e generale.

Non ricordo accanimenti giornalistici, dopo l’episodio, contro la categoria medica: né li avrei capiti; così come ricordo, a seguito del suicidio ‘’in rotta di volo’’ del pilota di Germanwings Andreas Lubitz, molto rispetto nel rivolgere, a degli esperti piloti di linea, domande legate al tragico avvenimento.
Non ci sono dubbi che due fattori hanno giocato sul diverso trattamento mediatico televisivo, e anche cartaceo: il primo, è quello della considerazione, dell’appeal socio professionale, che è decisamente superiore nel caso dei piloti di linea e dei medici, rispetto agli infermieri italiani.
Il secondo fattore, legato al primo, è legato alla immagine e alla percezione di questa professione d’aiuto che non sembra essere fra le più considerate dagli italiani, purtroppo.

Mentre ricerche internazionali (ne cito solo una, fra le tante: RN4CAST) fotografano come indispensabile la adeguata dotazione e formazione degli infermieri per evitare l’aumento dei decessi ‘’ordinari’’, in Italia si continua a considerare la professione infermieristica una missione; la si confonde cronicamente e ciclicamente con ‘’altro’’ (oss, badanti, crocerossine) e su questo la stampa regolarmente scivola, con un grande, superficiale pressapochismo.

Infine, ci sarebbe molto da dire sulla nostra personale capacità di saperci descrivere, difendere, definire; sul nostro ruolo di professionisti e di comunicatori, e su quanto male abbia fatto a questa categoria – ad esempio – non solo chi compie reati, ma anche chi ha deciso che nel settore pubblico lavorano solo fannulloni, quando assolutamente non è così. A Natale, a Capodanno, a Pasqua fra le categorie sempre presenti H24 ci sono proprio gli Infermieri e sarebbe bello se, come fa il Ministro degli Interni con le Forze dell’ordine, un Ministro della Salute si recasse in quelle giornate nelle corsie di un ospedale.
Troverà ‘’al pezzo’’ gli infermieri, e non coloro che invece sono retribuiti proprio per distinguere (anche nel pubblico impiego, certamente: perché le Leggi, per quanto farraginose, esistono) i lavoratori dai fannulloni – dei quali è impossibile negare l’esistenza percentuale.

Di questo, e di tutte le cose sospese intorno a questa categoria, mi piace raccontare e ogni qual volta possibile, lo racconto: ai convegni, ai dibattiti; quando è stato presentato il ‘’libro bianco’’ della Sanità ligure; credo sia giusto, doveroso, necessario e indispensabile. E per fortuna non sono certo il solo...

Senza infermieri non c’è salute, e questo concetto non può essere distorto dagli episodi: che saranno anche notiziabili, per tornare a questo concetto; ma restano episodi. Degli episodi opposti e contrari, del cane cioè che morde l’uomo, proprio perché previsti, attesi, logici, non se ne parla quasi mai.
 
Lei ricorderà, proprio perché QS ne ha parlato, la grave distorsione mediatica che ‘La7’ ha procurato con la frase ‘’non vorrei mai essere accolta da un infermiere in pronto soccorso…’’….ebbene, su un quotidiano spezzino, il 29 marzo scorso il signor Mario Bertocchi ha invece voluto ringraziare il mio Collega Lorenzo Macchiarolo perché, in servizio al triage, ha subito capito che il suo malessere ‘’era una cosa seria’’, quando cioè l’infermiere ‘’ha accolto il paziente al pronto soccorso’’.

Talmente seria da condurre il signor Bertocchi all’arresto cardiaco, subito trattato e recuperato, grazie alla giusta ed immediata valutazione professionale dell’infermiere Macchiarolo.

In mezzo a tante parole inutili, sono sempre i fatti a portarci conferme, chiarezza, certezze. Grazie a Lorenzo, grazie al signor Mario per la sua testimonianza (anche se in fondo non è stato fatto nulla di ‘’notiziabile’’), e ancora una volta grazie a lei , direttore, per l’attenzione alle nostre tematiche, attenzione che QS dimostra da anni.
 
Francesco Falli
Presidente Collegio Ipasvi di La Spezia 


06 aprile 2016
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