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Il colpo di grazia al servizio sanitario calabrese

di Filippo Maria Larussa

19 DIC - Gentile Direttore,
è all’attenzione dei media il disegno di legge (incardinato nella competente Commissione con corsia preferenziale, per una rapida approvazione entro fine anno) che prevede lo scorporo dei c.d. “presidi ospedalieri a gestione diretta” dalle AA.SS.PP., e l’incorporazione nelle AAOO di riferimento: un iter velocissimo per una legge destinata a cambiare radicalmente (in peggio!) la sanità calabrese.
 
A prescindere dagli “strafalcioni” tecnico–normativi che traspaiono dalla lettura del testo, evidenziati da un esperto di vaglia quale il prof. Iorio, proverò a spiegare, senza tecnicismi (mi scuseranno gli addetti ai lavori) alcune deleterie conseguenze pratiche derivanti dalla conversione in legge dell’attuale formulazione del testo. Che, giova ricordarlo, more solito in Calabria, è stato redatto senza aver consultato, come ovvio e  prassi in altre realtà, le categorie professionali che vi lavorano.
 
Il progetto prevede l’applicazione del “modello lombardo” di separazione tra Enti erogatori di prestazioni sanitarie (gli ospedali) ed Enti acquirenti delle stesse (le Aziende Socio-Sanitarie Territoriali o A.S.S.T.): un format introdotto da almeno 20 anni ma rivisto e corretto per le molteplici criticità funzionali emerse in fase applicativa.
 
Ne consegue che le A.S.S.T. possono, in base a valutazioni di convenienza economica ed affidabilità, comprare, per i cittadini del loro ambito, pacchetti di prestazioni (ricoveri, interventi ambulatoriali, diagnostica strumentale e di laboratorio, ecc.) o da “ospedali pubblici” o da strutture accreditate (note come case di cura e/o laboratori  privati “convenzionati”): concorrenza in regime di mercato libero.
 
Peccato che le seconde, in Calabria non offrano, se non con pochissime lodevoli eccezioni, prestazioni in emergenza-urgenza (leggi: non hanno Pronto Soccorso) e neanche di alta complessità (leggi: accettano casi non “rognosi” ma remunerativi, i cosiddetti malati in elezione, ergo decidono chi e quando ricoverare). Altra storia in Veneto, Emilia, Toscana ed, ovvio, Lombardia, dove la concorrenza è tra pari, e, non a caso, la Sanità funziona.
Segnalo infine (ma si potrebbero elencare diverse criticità) che il personale dei nosocomi interessati sarebbe funzionalmente e gerarchicamente gestito dall’Ospedale HUB di riferimento provinciale,con inevitabile, sia pur temporanea, disattivazione di reparti e servizi se le esigenze assistenziali prioritarie dell’Azienda Ospedaliera incorporante rendessero necessaria la mobilità d’urgenza del personale medico e sanitario.
 
Ricordo che per l’Area Centrale della Calabria confluirebbero nel “Pugliese – Ciaccio” gli ospedali “spoke” di Lamezia (certo), Crotone, Vibo (forse), gli ospedali generali di zona (ma non è chiaro) di Soverato, Tropea, gli ospedali di montagna di Soveria Mannelli, Serra S. Bruno, Soriano. Una torre di babele, il cui articolato lacunoso ed incerto è oggetto di discordanti interpretazioni tra gli stessi estensori!
 
Qualora questa versione della legge venisse approvata, delle due l’una: o si  risolverebbe nella solita gattopardesca riforma di facciata, destinata a restare sulla carta, simbolo dell’ennesima incompiuta di questa martoriata Terra (ma foriera di negative, pesanti ripercussioni su percorsi professionali e condizioni di lavoro degli operatori, legittimati alla salvaguardia del decoro e della dignità di entrambe!) oppure porterà alla (agognata?) situazione di caos totale e paralisi definitiva del sistema.
 
Condizioni, queste ultime, che in Medicina determinano la morte subitanea del soggetto (il Servizio Sanitario Regionale nel caso di specie)
 
Filippo Maria Larussa
Segretario Anaao Assomed Regione Calabria

19 dicembre 2018
© Riproduzione riservata

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