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Il caso dei genitori di Eleonora Bottaro. Una condanna che lascia molte questioni aperte

di Mario Iannucci e Gemma Brandi

29 GIU - Gentile Direttore,
il Tribunale penale di Padova, pochi giorni or sono, ha condannato i genitori di Eleonora Bottaro per avere impedito alla figlia minorenne di curarsi adeguatamente, condizionandone le scelte e addirittura plagiandola. C’è chi ha definito questa condanna una “pagina non onorevole della nostra giustizia penale”. Non si conosce ancora il testo della sentenza, che verrà pubblicata solo fra due o tre mesi. Le nostre valutazioni, dunque, non potranno che essere basate su talune notizie riportate dai media. Guardiamo allora se, unicamente basandoci su tali notizie dei media, la condanna possa/debba ritenersi “non onorevole”.
 
Riassumiamo brevemente i dati a nostra disposizione. A Eleonora Bottaro, che verso il Natale 2015 aveva cominciato a manifestare i primi disturbi, venne diagnosticata una forma di leucemia nel febbraio 2016. La ragazza era allora minorenne, ma dopo pochi mesi avrebbe compiuto 18 anni. Al momento in cui la diagnosi venne formulata, sia Eleonora che i genitori rifiutarono le cure proposte dai sanitari della Oncoematologia padovana, i quali hanno asserito che, con quelle cure, la ragazza avrebbe avuto all’incirca l’80% di probabilità di guarire e che, in ogni caso, il tempo di sopravvivenza si sarebbe sensibilmente allungato.
 
Le cure oncoematologiche tradizionali venivano rifiutate, dai genitori e dalla ragazza, perché essi sostenevano di riporre completa fiducia in un metodo terapeutico alternativo, propugnato dal Dr. Ryke Geerd Hamer, medico tedesco i cui sistemi terapeutici sono stati giudicati inefficaci dalla “scienza ufficiale”, dalla cosiddetta EBM, tanto che il Dr. Hamer è stato radiato dall’Ordine dei Medici.
 
I sanitari della Oncoematologia padovana, considerando il rifiuto delle cure della ragazza (ancora per poco minorenne), proponevano al Tribunale per i Minorenni la revoca ai genitori della patria potestà, l’affidamento di Eleonora ai Servizi Sociali e l’inizio di un trattamento medico obbligatorio per la ragazza.
 
«“Immatura dal punto di vista psicologico e pesantemente condizionata dai genitori”, al punto che i medici non hanno mai la possibilità di parlarle da sola per aiutarla a superare la negazione della malattia: Eleonora viene descritta così nella relazione inviata al tribunale dei minori per chiedere la revoca della patria potestà. […] Il Tribunale per i Minorenni, pur confermando la decadenza della patria potestà, si arrende di fronte al diritto alla scelta della cura: “Il trattamento deve essere un’alleanza tra medico, paziente e familiari”, scrive la giudice Valeria Zancan, e Eleonora, “se vi fosse costretta, lo seguirebbe al più fino alla maggiore età”. Che è ormai alle porte».
 
Le cure oncoematologiche proposte dai sanitari di Padova (chemioterapia, emotrasfusioni e trapianto di midollo) vengono dunque rifiutate da Eleonora e dai genitori. Le condizioni di salute della ragazza peggiorano ed Eleonora muore il 29 agosto 2016. Nel processo di primo grado, intentato ai genitori per omicidio colposo, questi ultimi vengono prosciolti “perché il fatto non costituisce reato”. Nei giorni scorsi, invece, la condanna della Corte di Appello.
 
In verità la condanna dei genitori di Eleonora, per come si sono svolti fatti, non sapremmo dire se sia poco “onorevole”, ma ci pare in ogni caso assolutamente illogica. Cercheremo di spiegare perché.
 
 
Il caso contrae una stretta e perturbante analogia con quello meravigliosamente descritto da Ian McEwan in Children Act, il romanzo breve nel quale si narra del compulsory treatment ordinato da un giudice dell’Alta Corte Britannica al diciassettenne Adam Henry, affetto da leucemia, il quale, insieme ai genitori come lui Testimoni di Geova, rifiuta le trasfusioni (e dunque le cure) che, con buona probabilità statistica, potrebbero salvargli la vita. Le condizioni fisiche di Adam Henry migliorano nettamente dopo le cure e, forse, la leucemia potrebbe essere sconfitta (come di fatto viene sconfitta nell’80% dei casi) se non fosse che Adam, al compimento dei 18 anni, rifiuta nuovamente le trasfusioni e le cure, finendo per morire senza che nessuno possa coartare la sua “cosciente” libertà di scelta e di culto.
Forse la giudice Valeria Zancan, del Tribunale per i Minorenni, aveva letto Children Act quando ha rigettato la richiesta di trattamenti sanitari obbligatori per la minore Eleonora Bottaro. O forse non lo aveva fatto. I suoi ragionamenti in ogni caso, relativi alla necessità di una adesione della minore ai trattamenti proposti, sono solo parzialmente condivisibili. E’ infatti del tutto evidente che una diciassettenne è in teoria (e spessissimo anche in pratica) del tutto capace di esprimere un “ragionevole” rifiuto delle cure che potrebbero migliorare notevolmente la salute e addirittura salvargli la vita (in questa direzione ogni paragone con Eluana Englaro non tiene e sono convinto che Beppino Englaro non avrebbe negato a sua figlia le cure, se tali cure avessero garantito a Eluana l’80% di possibilità di guarigione e non lo 0,001 %). E’ infatti possibile che il giudice Zancan non abbia valutato Eleonora Bottaro come “immatura” e “plagiata” dai genitori.
 
Ma anche in questo caso, a nostro parere, una volta sottratta la minore all’influenza parentale giudicata dannosa e irrazionale (altrimenti perché privare i genitori della potestà parentale?), avrebbe dovuto (come fece il giudice Fiona Maye nel caso di Adam Henry) imporre alla minore un compulsory treatment, avvertendo nel contempo Eleonora - la quale presumiamo fosse una persona sensibile e ferita, ma sufficientemente “ragionevole” seppur credente nel ‘metodo Hamer’ - che al compimento della maggiore età ella sarebbe stata lasciata libera di scegliere - cosa che la Costituzione garantisce a tutti i maggiorenni capaci di intendere e di volere - quale cura scegliere per la sua malattia.
 
Si sarebbe trattato, in questo caso, di mandare un chiaro, forte e ragionevole messaggio a Eleonora e ai suoi genitori. Ben sapendo che anche le cure EBM proposte dagli oncoematologi padovani non è detto che sarebbero state efficaci al 100%; ben sapendo che dopo poche settimane Eleonara avrebbe potuto di nuovo rifiutare quelle cure, che allora nessuno avrebbe potuto imporle “per legge”.
 
Questa decisione di un compulsory treatment, però, il giudice Zancan non l’ha presa, evidentemente perché ha ritenuto che la diciassettenne Eleonora Bottaro fosse non solo completamente capace di intendere quale cura scegliere per sé, ma anche fermamente intenzionata a non rinunciare alla sua scelta. Ha ritenuto quindi che Eleonora, anche se cresciuta in un milieu parentale nel quale vi era una ferma credenza nel metodo Hamer (contestato dalla medicina EBM), non fosse “plagiabile” dai genitori.
La recente condanna dei genitori di Eleonora Bottaro, per omicidio colposo della figlia, si pone quindi in lapalissiana contraddizione logica con le valutazioni a suo tempo effettuate (auspichiamo con l’intervento di qualche “esperto” esperto, con il raddoppiamento del termine che decreta l’affidabilità del significato di questo, stando a Maurizio Maggiani e alla lingua parlata) dal Tribunale per i Minorenni, suonando come una condanna irreversibile di tutte le credenze che non abbiano un solido “substrato scientifico” evidence based. Con talune credenze religiose che potrebbero indurre i giudici a incriminazioni “profilattiche”.
 
La logica vuole, quindi, che se i genitori di Eleonora Bottaro devono essere condannati, lo siano anche coloro che, in concorso colposo indipendente con i genitori, non hanno sottoposto la minorenne (finché minorenne) a quelle cure che la EBM sostiene che avrebbero potuta curarla e, con buona probabilità, migliorarne la salute e salvarle la vita; e, infine, coloro che hanno autorizzato la terapia Hamer in una clinica -clinica! - svizzera, quindi di un Paese avanzatissimo della civilissima Europa.

Una società davvero civile, a nostro avviso, dovrebbe porsi anche lo scopo di mitigare il dolore delle persone che hanno patito perdite profonde, specie quando talune credenze da loro nutrite, che magari la maggioranza della gente giudica “illusorie” e immaginarie, potrebbero esporre tali persone a pericolosi sensi di colpa. Una cosa è sicuramente illusoria a nostro avviso: pensare di operare una sorta di ortopedia intellettuale (e forse morale) a colpi di sentenze.
 
Mario Iannucci e Gemma Brandi
Psichiatri psicoanalisti
Esperti di Salute Mentale applicata al Diritto


29 giugno 2019
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