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La crisi del pronto soccorso è strutturale e riguarda tutta l’attività, va affrontata in modo radicale

di T. Monari, V. Sartori, G. Migliorini

09 SET - Gentile Direttore,
osserviamo con preoccupazione la questione della carenza di medici di Pronto Soccorso e le modalità con cui la Regione sta cercando di risolvere la faccenda dimenticando che quanto sta accadendo è solo la punta dell’iceberg. Per colpa di un’errata programmazione da anni inutilmente denunciata da tutte le organizzazioni mediche, allo stato attuale infatti mancano in Italia 8000 Medici Specialisti, ma fra 6 anni ne mancheranno altri 16000; si prevede che nel 2025 vi sarà una carenza di Specialisti che riguarderà non solo la Medicina d’Urgenza, ma anche, in ordine, la Pediatria (3300), la Medicina Interna, l’Anestesia, la Chirurgia e la Psichiatria (932). Per tamponare l’attuale carenza di Medici la Regione ha fatto una DGR che prevede l’assunzione di 320 medici senza specializzazione in PS e 180 nelle Medicine e nelle Geriatrie dopo un iter formativo accelerato di 92 ore di corso e circa due mesi di iter formativo.

Non condividiamo questa scelta per svariate ragioni. Manca una programmazione sanitaria di lungo respiro, che cerchi di risolvere, oltre i problemi presenti, i ben più gravosi problemi futuri.

La realtà è che il lavoro del medico ospedaliero nel corso degli anni è diventato sempre più impegnativo e non solo in PS. Rispetto ad altre carriere sanitarie, il medico ospedaliero deve fare guardie e reperibilità, lavorare il Natale ed il Capodanno. Nel tempo gli organici dei Reparti sono stati ridimensionati, sono state ridotte le apicalità, sono stati tagliati posti letto, mentre sono aumentate a dismisura le competenze necessarie visto il progresso delle tecniche diagnostiche e terapeutiche. Il corso di Specializzazione è appena sufficiente per acquisire queste conoscenze, sono comunque poi necessari anni di gavetta per saperle padroneggiare nel modo più efficace e proficuo.

E’ inoltre aumentato il tasso di contenzioso con i pazienti; secondo i dati dell’ultima Commissione Parlamentare d’ inchiesta sugli errori sanitari, in Italia sono 300 mila le cause giacenti nei tribunali contro i medici e le strutture sanitarie private e pubbliche con 35 mila nuove azioni legali che vengono intentate ogni anno che generano spese per 190 milioni di euro all’anno. A nulla serve rilevare che il 95% dei procedimenti per lesioni personali colpose si conclude con un proscioglimento; nella maggior parte dei casi infatti questi contenziosi si traducono in un nulla di fatto, ma generano spese spropositate (a carico di medici ed aziende) per pagare assicurazioni e legali. Il contenzioso inoltre crea un profondo disagio per tutto il SSN, generando il circolo vizioso della medicina difensiva che, secondo stime recenti di AGeNas si aggira attorno al 10% della spesa sanitaria complessiva pari a circa 9-10 miliardi di euro l’anno. Alla luce di questi dati, è evidente che la soluzione alla carenza di medici specialisti non può certo essere quella di accorciare i periodi formativi, esponendo questi colleghi a problemi non indifferenti, in primis di natura assicurativa.

Inoltre non è stato assolutamente chiarito quali saranno le mansioni affidate a questi colleghi, a chi verrà affidato il necessario tutoraggio e con quali responsabilità; molto probabilmente aumenterà notevolmente anziché diminuire il carico di lavoro dei medici ospedalieri. La realtà è che oggi la carriera ospedaliera ha perso ogni attrattiva soprattutto negli ospedali spoke. I concorsi vengono effettuati, ma il numero di coloro che vi partecipano non è sufficiente a coprire il fabbisogno. Le Specialità Ospedaliere, come ad esempio in Chirurgia Generale, rappresentano l’ultima scelta per i nuovi medici al momento del concorso per entrare in Specializzazione, che, si ricorda, è unico e nazionale; i medici indicano 3 preferenze che vengono accolte in base alla posizione in graduatoria. Se non si è in una posizione privilegiata bisogna accontentarsi della 2° preferenza o della terza. Almeno il 40% delle borse di specializzazione in Chirurgia Generale in Italia vanno perse, con picchi del 60%: pochi scelgono questa Specializzazione per prima, molti riprovano il concorso l’anno successivo e se hanno l’opportunità di scegliete un’altra specialità abbandonano quella in Chirurgia Generale, causando la perdita della borsa stessa per sé e per altri medici.

La soluzione alla carenza di medici specialisti c'è, ma non è a costo zero in quanto per restituire dignità al lavoro dei medici ospedalieri, invogliando è indispensabile prima di tutto retribuire i Medici adeguatamente in relazione alle loro responsabilità professionali, garantendo quindi una crescita professionale ed un’autonomia decisionale degna di un Dirigente. Se la seconda cosa richiede tempo e scelte non solo regionali, ma anche nazionali, la prima è fattibile da subito, il contratto prevede modalità per retribuire i professionisti in modo più adeguato.

E’ la legge del mercato: bisogna essere concorrenziali con le Cooperative, sennò agli Specialisti conviene lavorare a gettone. E soprattutto è impensabile che la Regione ritenga di poter affrontare queste tematiche se non viene messo al centro il potenziamento della medicina territoriale come soluzione al sovraccarico ospedaliero e  senza un tavolo di confronto con i Sindacati dei Medici Ospedalieri

Tiberio Monari
Valeria Sartori
Giovanni Migliorini


Esecutivo Regionale FP CGIL Medici Veneto

09 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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