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La riforma (incompiuta) degli Ordini professionali

di Pasquale Gianluca Albanese

05 FEB - Gentile Direttore,
nell’ormai lontano 15 febbraio 2018 entrava in vigore la Legge n. 3 del 2018, norma che, tra i vari interventi, mirava a riformare la governance degli Ordini professionali in ambito sanitario. Dopo una lunga e travagliata gestazione di tale legge, sono trascorsi altri due anni da allora e, stranamente, alcuni tra gli elementi più qualificanti introdotti sulla carta dalla riforma, per quanto edulcorati in Parlamento rispetto alla versione inziale del testo di legge, non hanno trovato ancora piena attuazione.
 
Per inciso, il Riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarieera particolarmente atteso da medici ed odontoiatri e dalle altre professioni già costituite in ordini in era antecedente alla Legge 3/2018. Ricordo come tale norma si inserisse in un momento storico nel quale si lamentava una cristallizzazione dei ruoli di governo delle Professioni in ambito sanitario, con presidenti a capo di Ordini provinciali anche da decenni. Ed il riordino era stato pensato per dare risposte alle comunità di professionisti del sistema salute in termini di una maggiore trasparenza gestionale, di una partecipazione più democratica alla vita ordinistica, ovverossia di regole chiare che permettessero l’esercizio di una rappresentanza pluralista e realmente legittimata dalla base, e questo al netto di alcune iniziative poco felici che avevano visto protagonisti alcuni OMCeO (da siciliano mi riferisco, in particolare, alla vicenda della Fondazione degli Ordini dei medici siciliani, che è stata oggetto di interrogazioni Parlamentari).
 
Nello specifico, in ossequio alla riforma il Ministero della Salute avrebbe dovuto regolamentare con metodo democratico le elezioni degli organi di governo, da espletare ed in modo tale da garantire il pluralismo elettorale. Inoltre, il Ministero della Salute avrebbe dovuto ridefinire le procedure per lo svolgimento delle operazioni di voto e di scrutinio, prevedendo che le votazioni abbiano luogo “anche in più sedi, con forme e modalità che ne garantiscano la piena accessibilità in ragione del numero degli iscritti, dell'ampiezza territoriale e delle caratteristiche geografiche”, ovvero che gli Ordini possano avvalersi di modalità telematiche; tutto ciò al fine di favorire la notoria scarsa partecipazione alle elezioni da parte degli iscritti, in parte ascrivibile alle attuali limitazioni logistiche (disponibilità di un solo seggio per vasti territori provinciali).
 
Di particolare rilevanza, inoltre, è stata la previsione di favorire l'equilibrio di genere ed il ricambio generazionale nella rappresentanza, tuttavia demandati a “successivi regolamenti” che, al momento, non sono stati esitati.
 
In ultimo, ma non da ultimo, la norma primaria prevede l’introduzione del limite di due mandaticonsecutiviper le cariche Esecutive dei Consigli Direttivi e dei Comitati Centrali degli Ordini Professionali, in modo da prevenire o arrestare il fenomeno del “dirigente a vita” dell’ordine, assai diffuso in particolare tra i medici.
 
A tutt’oggi, purtroppo, l’unico decreto attuativo emanato dal Ministero non ha recepito pienamente quanto disposto dalla Legge n. 3 del 2018 e, per di più, quanto attuato risulta in taluni aspetti non di un’univoca interpretazione. Gli effetti negativi di tale mancanza di chiarezza sono già stati sperimentati presso ilpluri-commissariato OMCeO provinciale di Catania, che in atto giace sotto commissariamento, e ben oltre i termini previsti dalla legge (infatti, nel corso di una prima assemblea elettiva non è stato addirittura possibile istituire il seggio e, adesso, si attende di poter convocare la seconda assemblea). E l’esposizione al pericolo di contenzioso sta perpetrando uno stallo mai verificatosi in precedenza, che potrebbe verificarsi anche negli altri OMCeO in assenza dei necessari correttivi. 
 
Ciononostante, dopo ben due anni, si rimane ancora in attesa del completamento dell’iter di attuazione della legge da parte del Ministero della Salute e lo sforzo riformista del Legislatore rischia di essere vanificato. E se, da una parte, si è mancato di fare chiarezza e di dare piena applicazione alla riforma, dall’altra, non si può fare a meno di osservare come, nell’approssimarsi delle elezioni per il rinnovo dei Consigli Direttivi degli Ordini (in scadenza a fine 2020), nonché alla vigilia delle elezioni per il rinnovo degli organi di governo della Fondazione ENPAM, dapprima il Governo, ed adesso pare il Parlamento, abbiano presentato un emendamento alla Milleproroghe che intenderebbe far slittare l’entrata in vigore del limite dei due mandati consecutivi per i ruoli nei Consigli Esecutivi di Comitati Centrali ed Ordini Provinciali, consentendo a Presidenti e Consigli Esecutivi in carica, ormai da anni e talora anche da più decenni, di potersi ricandidare e farsi rileggere per altri due mandati, questa volta di ben quattro anni ciascuno, atteso che la durata del mandato è stata estesa da tre a quattro anni. Tutto questo avviene sotto traccia, anche approfittando della polarizzazione mediatica imposta dal coronavirus.
 
Se l’intenzione è quella di cambiare tutto per non cambiare nulla (da siciliano mi sia consentita la citazione di Tomasi da Lampedusa), indubbiamente siamo sulla buona strada. Non resta che aggrapparsi alla speranza che, tanto la politica quanto gli attuali vertici della Professione medica ed odontoiatra, abbiano uno scatto d’orgoglio ed evitino di minare la propria credibilità attraverso il ricorso ad inaccettabili deroghe di una legge che giace, ancora, parzialmente applicata.
 
Pasquale Gianluca Albanese
Dirigente Medico
Iscritto OMCeO Catania

05 febbraio 2020
© Riproduzione riservata

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