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La remunerazione aggiuntiva dei medici del 118: un caso lampante di “Fuga dalla firma”

di Domenico Francesco Donato

01 MAR - Gentile Direttore,
in queste ore uno spettro si aggira per l'Italia: il taglio degli stipendi dei medici in servizio sulle ambulanze del 118. Le Aziende Sanitarie dell'Ssn, nelle varie regioni italiane, stanno cessando la corresponsione della remunerazione aggiuntiva che, da almeno, due decenni i medici della così detta continuità assistenziale percepiscono - rectius, percepivano - per questo “servizio aggiuntivo” rispetto alle loro “normali” funzioni.
 
Chi più, chi meno, sono sul piede di guerra tutti i maggiori sindacati di categoria, in taluni casi confortati dall'appoggio delle Confederazioni generali di appartenenza. Eserciti di avvocati sono stati arruolati per contrastare quello che sembra un vero e proprio sopruso, eppure, per quanto i risvolti della vicenda siano drammatici e minacciano di mettere a repentaglio l'ineliminabile e già duramente provato servizio del 118, l'origine di tutto non è da rintracciarsi in una qualche “strategica decisione” delle Regioni per l'attuazione dell'ennesima “riforma” lacrime e sangue, bensì, nel virus più comunemente diffuso tra i ranghi della Pubblica Amministrazione: la paura della responsabilità, ovvero, la così detta “fuga dalla firma”.
 
II male è sempre banale, come ci insegna Hannah Arendt, e l'assunto trova puntualmente conferma tanto da segnare un passaggio centrale del discorso tenuto dal Presidente Draghi all'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte dei Conti ove, nella locuzione “fuga dalla firma”, egli ha icasticamente descritto l'effetto paralizzante che deriva dall'inveterata abitudine della nostra PA di scansare le responsabilità di scelte chiare con decisioni precarie e, assai spesso oscure, pur di non correre il rischio connaturato all'esercizio del potere qual’ è quello della gestione della cosa pubblica.
 
E la vicenda dei medici del 118 ne è un esempio lampante per non dire paradigmatico. Dopo ricerche affannose, riunioni fumose, diffide formali e chi più ne ha più ne metta, si è scoperto che all'origine del parapiglia dovrebbe esservi – il condizionale è d'obbligo – una sentenza della Corte Costituzionale che, nell'ambito di un giudizio per conflitto di attribuzioni tra lo Stato ed una Regione italiana, nel ribadire semplicemente che le indennità aggiuntive dei medici della continuità assistenziale dovrebbero essere disciplinate da norme nazionali in primis e, quindi, da norme regionali a livello di dettaglio attraverso specifici provvedimenti, ha messo nello scompiglio tutte le Amministrazioni regionali che, dopo decenni di solide certezze, hanno iniziato a dubitare della bontà di quanto fatto finora in materia.

Ebbene, in un contesto sano e serio, queste stesse Amministrazioni, dopo aver letto con attenzione la sentenza richiamata, possibilmente constatando che, sia la Corte Costituzionale sia l'Avvocatura dello Stato, indicano come sacrosanto il diritto dei medici in questione di vedersi corrispondere una remunerazione aggiuntiva per le attività svolte in via ulteriore rispetto le funzioni proprie del loro ruolo, ove avessero nutrito qualche dubbio su loro pregressi provvedimenti, prima di cassare al buio larga parte della retribuzione degli stessi medici che hanno affrontato in prima linea l'emergenza Covid e che rivestono un ruolo fondamentale nell'ambito delle emergenze-urgenze, avrebbero dovuto porre rimedio con la predisposizione di un quadro normativo atto a salvaguardare la legittimità del loro operato facendo salvi, però, diritti, nel tempo, divenuti cosa acquisita anche vista l'effettiva e reale controprestazione del proprio personale.
 
Nulla di tutto ciò. Le Amministrazione regionali, per come si constata quotidianamente, hanno scaricato il barile sul management delle Aziende sanitarie che, privo di chiari punti di riferimento, più spaventato dall'ombra minacciosa delle Procure delle Sezioni regionali della Corte dei Conti che dalla disintegrazione del servizio del 118, come unica soluzione hanno ben pensato tagliare quelle componenti dello stipendio ritenute, a priori, come non giustificate e, per giunta, di inviare ai medici stessi le consuete diffide che preannunciano azioni di recupero per le presunte somme non dovute.
 
Da qui la sarabanda tragicomica che promette effetti dirompenti sulle solite vittime: medici e pazienti.
 
A questo punto è d'uopo chiedersi se le competenze regionali in ambito sanitario, l'aziendalizzazione delle vecchie USL e la managerializzazione delle stesse costituiscano ancora il valore aggiunto che ci avevano promesso oppure un drammatico fallimento cui rimettere mano in profondità.
 
Avv. Domenico Francesco Donato
Esperto di diritto sanitario e consulente legale CISL MEDICI


01 marzo 2021
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