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Disturbo da uso di alcol: dopo il report ISTAT-ISS necessità di un cambiamento

di Gianni Testino

17 GIU - Gentile Direttore,
abbiamo letto con piacere l’intervento dei Luigi Stella (Presidente SIDT) relativo ai dati 2021/ISTAT-ISS sullo stato dei consumi di alcol in Italia.
Sono necessarie tuttavia alcune precisazioni. La Società Italiana di Alcologia (SIA) in questi anni, anche per merito della collaborazione con l’Osservatorio Nazionale Alcol dell’ISS, ha denunciato con forza la necessità di un cambiamento in un settore che si deve occupare della terza causa di mortalità e disabilità nella popolazione generale e della prima causa di morte giovanile.
 
Dal punto di vista della formazione sono stati favoriti e formalizzati tre Master Universitari: presso l’Università di Firenze (Centro Alcologico Toscano diretto dal Valentino Patussi, membro SIA), di Bologna e in Calabria. In quest’ultima realtà è bene ricordare il fondamentale apporto ai programmi di formazione e di prevenzione del Servizio di Maria Francesca Amendola (membro SIA). L’Associazione Italiana Club Alcologici Territoriali da sempre promuove occasioni di formazione sia per gli operatori che per la popolazione generale. Il Centro Alcologico Regionale ASL3 Liguria promuove sistematicamente programmi di comunità organizzati da Patrizia Balbinot (formazione e prevenzione) ed, infine, l’Osservatorio Alcol ISS guidato da Emanuele Scafato lavora da sempre nel favorire buone pratiche in tutti i settori dell’alcologia (identificazione precoce, formazione, prevenzione, divulgazione).
 
La SIA ha permesso all’alcologia, negli ultimi quarant’anni, di assumere un ruolo sempre più definito tra le discipline scientifiche che si occupano dei problemi legati all’uso di sostanze psico attive, superando i concetti di vizio, malattia e oggi anche di abuso e dipendenza e sviluppando un approccio sempre più ampio, capace di guardare alla complessità del fenomeno e alla molteplicità dei fattori in esso implicati (culturali, sociali, economici, etici e spirituali).
 
La SIA da sempre si preoccupata di un dato che rimane costante nel tempo: solo il 10% dei soggetti affetti da Disturbo da Uso di Alcol (DUA) viene intercettato dai Servizi delle Dipendenze. Certamente l’organizzazione politico-sanitaria ha la colpa di non avere dedicato sufficienti risorse a questa tematica così rilevante dal punto di vista epidemiologico.
 
È altresì vero però che l’attuale organizzazione funzionale e gestionale dei Servizi deve essere riformata. La SIA ha pubblicato un position paper dedicato a questo tema (Proposal for a new management. Position paper of SIA, Italian Society on Alcohol, Minerva Med. 2018; 109: 369-385). Per il bene dei nostri cittadini il settore delle “dipendenze e degli stili di vita” non deve essere assorbito o inserito all’interno dei dipartimenti di salute mentale (DSM), con i quali comunque andranno definiti e mantenuti precisi protocolli di collaborazione operativa, ma dovrà mantenere una propria autonomia e connotazione indipendente.
 
Così come è definito a livello Europeo, all’alcologia in particolare deve essere riconosciuta (talvolta purtroppo anche dai Servizi stessi) una identità di disciplina e di percorso professionale mantenendo e sviluppando una propria linea di lavoro e di ricerca. Che l’alcologia poco abbia a che fare con la psichiatria e che abbia peculiari caratteristiche che la contraddistinguono dalle altre “dipendenze” è suffragato da solidi dati epidemiologici, clinici e socio-sanitari. Quindi, non solo la separazione dai DSM dei dipartimenti delle dipendenze, ma all’interno di questi ultimi devono essere previste unità operative o equipe autonome di alcologia pur nell’ambito di una dialettica dipartimentale comune.
 
L’alcologia raccoglie elementi della salute pubblica, della medicina interna, della farmacologia clinica, della neurologia e anche della psichiatria. Purtroppo troppi pazienti soprattutto giovani vengono condannati ad una etichetta psichiatrica togliendo speranza a loro ed alle famiglie. I DUA certamente possono trovare una causa scatenante in un disturbo psicopatologico e/o determinarlo, ma questo non significa che possano trovare un riscontro terapeutico in un’area che non affronta in modo specifico tali patologie e le loro sequele mentali. Inoltre, il know-how diagnostico e terapeutico proprio delle alcologie è tale che non può essere improvvisato a nessun livello.
 
Inoltre, i DUA devono essere gestiti in una vasta area di confine dove sono previste competenze medico-chirurgiche molteplici: il consumo alcolico è causa di 200 patologie differenti e quattordici tipi di cancro. È la prima causa di trapianto di fegato e la seconda di trapianto di cuore. È evidente che parliamo di una solida e ben definita specificità medica.
 
I Servizi comunque hanno il dovere di richiedere alle autorità sanitarie e politiche di cambiare passo, ma soprattutto di autoriformarsi per valorizzare competenze mediche e socio-sanitarie (auto mutuo aiuto, formazione caregivers e molto altro) pluriennali che devono essere solo rafforzate dalle più recenti acquisizioni scientifiche e di management socio-sanitario.
 
Gianni Testino
Presidente Nazionale Società Italiana di Alcologia


17 giugno 2021
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