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QS Edizioni - mercoledì 1 maggio 2024

Studi e Analisi

Verso le elezioni. Per la sanità servono le “primarie delle idee”

di Ivan Cavicchi
immagine 8 gennaio - Il Governo Monti e il ministro della Salute hanno deluso. Ma il problema non è degli uomini ma del “riformismo che non c’è”. E per il prossimo Esecutivo non basterà un uomo solo al comando, anche se preparatissimo. Serve un concorso serio di idee e progetti al quale lavori una “commissione intelligente”. Gli altri articoli dello speciale "Verso le elezioni: Cozza (Cgil Medici)Mele (Fimp)Testa (Snami)Cassi (Cimo)Gigli (Fesmed)Mandelli (Fofi)
Mesi fa, con una espressione che ad alcuni sembrò irriguardosa, definii il ministro Balduzzi, “il riformista che non c’è”. Niente di personale era un giudizio sintetico vi assicuro ben ponderato che non riguardava tanto il personaggio ma una logica di potere di cui egli era semplicemente l’espressione. Tale logica è convinta che “governo e controllo del mondo” sia la stessa cosa per cui basta mettere nei posti chiave semplicemente degli “uomini sicuri” ed è fatta . Oggi i giudizi critici sull’operato di Balduzzi sembrano unanimi. Le critiche riguardano i provvedimenti fatti male o millantati come se un “riformista” avesse fatto male il suo lavoro.
 
Ma se “il riformista non c’è” cosa ci si può aspettare? Lo ribadisco ancora una volta: le conseguenze di Balduzzi altro non sono che le conseguenze del riformista che non c’è. Appena nominato ministro, la sera successiva, Balduzzi fu intervistato da Lilli Gruber a “Otto e mezzo” su la 7, ricordo che fui così colpito dalla scollatura tra le sue parole e la realtà sanitaria, che ”con spirito di servizio”, scrissi dei suggerimenti, “offro al ministro Balduzzi un punto di vista”.
 
Non ebbi alcun riscontro ma capii subito come sarebbe andata. Per me la responsabilità di Balduzzi , è di non essere riuscito in quello che lui stesso alla televisione, facendo il verso a Monti, aveva definito “l’opportunità di coniugare emergenza e cambiamento”. Ma che ne sapeva lui del cambiamento! I tagli lineari ci sono piovuti addosso senza che in realtà si avesse un ministro della sanità. Ora Balduzzi , bocciato dalla sanità, scivola dal Pd alla lista Monti, aspirazione che si presta ad una duplice lettura paradossale: da una parte il riformista che non c’è chiede ospitalità a chi si crede l’unico riformista d’Italia, dall’altra parte il contro riformismo di chi si crede riformista e che ha spianato la strada alla privatizzazione della sanità è visto dal riformista che non c’è come la casa ideale. A Balduzzi non posso che augurare ogni bene ma nel registrare l’irriducibile incompatibilità tra lui e la sanità, non posso che augurarmi un divorzio tra i più definitivi.
 
E il prossimo ministro della sanità “come” si farà? A parte l’incognita del governo, quindi del premier e del partito al quale sarà assegnata la sanità, avremo di nuovo la logica del “controllo come governo del mondo”? Avremo di nuovo “uomini sicuri” alla guida della sanità? Ci toccherà un altro “riformista che non c’è” magari che si crede un riformista molto competente e con solide esperienze alle spalle? Se così fosse sarei sinceramente molto preoccupato. Non fare in sanità equivale a fare male alla sanità. E allora? Mi piacerebbe intanto che i partiti dicessero chiaramente in campagna elettorale il loro programma per la sanità perché ho l’impressione che essa per quanto questione drammatica non sia in cima ai loro pensieri; quindi che il ministro nominato, che mi auguro il più intellettualmente aperto al cambiamento, promuovesse delle “primarie” ma di idee, di strategie e di progetti. Non si dispiacciano coloro che ambiscono a fare i ministri della sanità, ma oggi secondo me a giudicare da quello che circola, ” il riformista non c’è”. Non si tratta di una critica ai singoli ma di un limite culturale storico della sanità che ci coinvolge tutti ma che può essere recuperato.
 
Come fare? Si tratta di ispirarci al principio di Lamarck, è l’uso a fare l’organo: si costruisca una riforma, la riforma farà il ministro riformista, senza riforma avremo il ministro ma non il riformista. Il limite storico di cui parlavo prima, non si recupera aspettando che da qualche parte nasca un riformista perfetto o mettendo a concorso la carica di ministro ma facendo spazio al mondo delle idee e delle esperienze, alle persone che hanno qualcosa da dire.
 
Al ministro che sarà, suggerirei di chiedere al suo presidente del consiglio sei mesi di tempo per mettere a punto una proposta di cambiamento. Il governo, con la saggezza dell’epoché, dovrebbe sospendere il giudizio sulla sanità. Contestualmente si dovrebbero fissare dei postulati ai quali ispirare la riforma da scrivere, istituire una commissione nazionale di lavoro intelligente che, a partire dai postulati predecisi, consegni al ministro e al governo una strategia per il futuro da trasformare in adempimenti normativi.
Si non lo nego mi piacerebbe molto.
 
Ivan Cavicchi
 

 
8 gennaio 2013
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