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Verso le elezioni. Cimo: “Per la sanità bilancio negativo. E per il futuro meno ideologia”


Per il presidente del sindacato medico Riccardo Cassi la politica sanitaria del Governo è stata deludente. E il Decreto Balduzzi si è dimostrato insufficiente a risolvere i problemi della categoria. Andrebbe invece ripensato Il Titolo V della Costituzione restituendo le competenze della sanità a Governo e Parlamento

05 GEN - Tagli pesanti e grandi promesse non mantenute hanno caratterizzato le politiche sanitarie condotte dal Governo tecnico. E così sono rimaste incompiute molti importanti questioni sanitarie a partire dalla libera professione intramuraria resa sempre meno appetibile dall’incremento dei costi e dalle incombenze burocratiche a carico dei medici.
È questo il bilancio del 2012 per Riccardo Cassi presidente della Cimo Asmd, secondo il quale la sanità va ripensata facendola ritornare materia di competenza del Governo e del Parlamento. Così come va rivalutato l’aspetto professionale del medico slegandolo da questioni meramente aziendalistiche. Occorre inoltre intervenire con forza per eliminare gli sprechi e il malgoverno,  e cercare anche nuovi modelli per risolvere problemi sempre più pressanti come quelli sulle cronicità, le disabilità, la non autosufficienza. Magari anche ricorrendo a forme integrative di assistenza, perché i problemi si risolvono con il pragmatismo, non con l’ideologia.
 
Dottor Cassi, proviamo a tracciare un bilancio sulle politiche sanitarie del Governo Monti?
Tra ulteriori e pesanti tagli e rinvii del contratto, il bilancio del 2012 per la sanità è tutt’altro che positivo. Anche il Decreto Balduzzi partito con grandi promesse, tra gli attacchi delle Regioni e le modifiche del Parlamento si è rilevato insufficiente a risolvere molti dei problemi della nostra professione. Sulla questione della libera professione abbiamo avuto un’ulteriore proroga mascherata e scaricata sulle Regioni e sulle Aziende che però non risolve affatto la gestione dell’intramoenia, e sono stati incrementati costi ed incombenze burocratiche a carico dei medici, rendendola sempre meno appetibile.
Anche il problema delle competenze delle professioni sanitarie è stata condotta senza alcun confronto con i medici. Non si possono definire nuove competenze sulle professioni infermieristiche se prima non si stabilisce con chiarezza chi fa cosa e quali sono i rapporti tra le professioni non dimenticando che è al medico che spetta l’ultima decisione in tema di diagnosi e cura.
 
Nessun aspetto positivo?
Poteva costituire un buon punto di riferimento l’approvazione del regolamento sugli standard ospedalieri, ma è rimasto solo sulla carta e rischia di essere applicato in maniera differente nelle varie Regioni.
 
Insomma, tante aspettative deluse. Cosa chiede al Governo che verrà?
Alla politica chiediamo che si cominci a realizzare con serietà una vera riforma della sanità, partendo da un ripensamento del Titolo V della Costituzione. La sanità deve tornare ad essere materia di competenza del Governo e del Parlamento. Stabilire quali sono i diritti dei cittadini non può essere il frutto di un patto con le Regioni. Il Governo deve poter intervenire laddove le realtà locali si dimostrano insufficienti nell’erogare servizi ai cittadini, per creare un’omogeneità di trattamento sull’intero territorio nazionale.
Anche il meccanismo dell’aziendalizzazione ha mostrato i suoi limiti, e su questo occorre intervenire. Deve essere rivalutato l’aspetto professionale del medico. Il capo di un’equipe deve essere un leader riconosciuto in primis per le sue capacità professionali e non solo per quelle gestionali o per i suoi legami con la politica. Cominciamo quindi a realizzare le verifiche professionali dei medici legandole alle capacità acquisite ed agli obiettivi di salute raggiunti, non solo a quelli di budget. Parliamo tanto di formazione e della necessità di un aggiornamento professionale continuo, ma se questo non viene costantemente verificato tutto si vanifica.
 
Altri desiderata?
Alla politica chiediamo che si intervenga in maniera decisa sulla questione della responsabilità professionale del medico, in quanto il Decreto Balduzzi ha risolto poco. Il Parlamento deve prendere atto che l’atto medico ha caratteristiche specifiche e la responsabilità professionale va quindi normata tenendo conto di queste specificità.
 
È preoccupato per il futuro della sanità?
Certamente. I nostri timori per il futuro della sanità sono legati principalmente alla sua sostenibilità. Per il 2013, è previsto un ulteriore taglio del Fsn per 8-13 miliardi. Emerge, quindi, la consapevolezza che, alla lunga, i continui tagli porteranno a un abbassamento dei servizi pubblici tali da pregiudicare seriamente il nostro welfare. Trovare nuove risorse con imposizioni fiscali è impensabile: ai cittadini è stato chiesto fin troppo. Occorre intervenire con forza per eliminare gli sprechi e il malgoverno, riorganizzare la rete assistenziale, ma dobbiamo anche cercare nuovi modelli che consentano di risolvere problemi sempre più pressanti come quelli sulle cronicità, le disabilità, la non autosufficienza. Magari anche ricorrendo a forme integrative di assistenza, i problemi si risolvono con il pragmatismo, non con l’ideologia.

05 gennaio 2013
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