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Proporzione di parti con taglio cesareo primario


15 MAG - La proporzione di parti effettuati con taglio cesareo è uno degli indicatori di qualità più frequentemente usato a livello internazionale per verificare la qualità di un sistema sanitario. Questo perché il ricorso inferiore al cesare risulta sempre associato a una pratica clinica più appropriata, mentre diversi studi suggeriscono che una parte dei tagli cesarei è eseguita per “ragioni non mediche”. Eppure il numero dei parti con taglio cesareo è andato progressivamente aumentando in molti Paesi. In Italia, in particolare, si è passati da circa il 10% all’inizio degli anni Ottanta al 37,5% nel 2004, la percentuale più alta d’Europa, che in media si assesta a una quota inferiore al 25%.
Per non distorcere il confronto tra ospedali, è necessario tenere in considerazione le possibili variabili di rischio cesareo delle pazienti che si recano nelle diverse strutture: il taglio cesareo è, infatti, indicato in molte situazioni cliniche, come, ad esempio, complicanze a carico della placenta o del cordone, distress fetale, infezione da Hiv, sproporzione feto-pelvica; inoltre differenze socio-demografiche o nella disponibilità dei servizi per le gravidanze ad alto rischio aumentano la probabilità di un cesareo.
L’indicatore viene calcolato come proporzione di parti con taglio cesareo primario (primo parto con taglio cesareo di una donna), essendo altissima la probabilità (superiore al 95%) per le donne con pregresso cesareo di partorire di nuovo con questa procedura. (media esiti Italia 28,34%)
 
Se il parto cesareo è uno degli indicatori di qualità più frequentemente usato a livello internazionale per verificare la qualità di un sistema sanitario, nessuna delle regioni del Centro prese in considerazione consegue al piena promozione.
In Emilia Romagna troviamo, infatti, strutture virtuose come l’Ospedale B. Ramazzini di Carpi che vanta una proporzione di parti dell’10,5% - in buona compagnia con il G. Magati di Scandiano (13%)e l’Ao SS Annunziata di Cento (13,1%), l’Ospedale Maggiore C.A. Piazzardi di Bologna (14,3%) e L’Ao Di Reggio Emilia (14,5%) – ma anche strutture come la clinica Città di Parma che colleziona ben il 39,9% di tagli cesarei. Ma non va meglio, anche se i dati sono con segno grigio, ad esempio al S. Anna di Castelnovo Ne'Monti 29,4 e all’Ao di Parma 28,3%.
Anche nell’eccellente Toscana non manca qualche neo come quello dell’Ospedale Livorno (31,1%) e dell’Ospedale Riuniti di Siena (29,9%). Ma raccoglie anche le eccellenze raggiunte dall’Ospedale Valdinievole a Pescia (9,2% %) e dall’Ospedale Misericordia e Dolce di Prato (10,4).
Nel Lazio invece la maglia nera se l’aggiudica la Clinica Mater Dei di Roma con ben l’88 cesarei effettuati. Invece le migliori performance le ottiene l’Ospedale S. Eugenio di Roma con un 13,6%. Seguono poi il Cristo Re sempre Roma con un 17,1% e gli ospedali Dono Svizzero di Formia e il S.M. Goretti di Latina rispettivamente con l’18,9% e il 20,6%. Chiude il gruppo delle strutture con i migliori esiti l’Ospedale di Genzano (21,8%). Di contro sono altissime le percentuali di cesarei nella clinica Maria di Leuca a Roma (73) tallonata dall’Ospedale S. Benedetto di Alatri 72.8 e dalla clinica Villa Pia sempre a Roma (70.6). Non va meglio all’Ospedale Parodi Delfino di Colleferro (63.2) e al Policlinico Umberto I che realizza il 50.3% di tagli cesarei.

15 maggio 2012
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