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Ictus: mortalità a 30 giorni dal ricovero


21 GIU - Ictus o Stroke è comunemente definito come una sindrome clinica caratterizzata dal rapido sviluppo di segni focali o generali di disturbo delle funzioni cerebrali che durano più di 24 ore e possono condurre a morte, con apparente origine vascolare. Esistono diversi tipi di ictus cerebrale con diversa patogenesi. Circa l’80-85% è di natura ischemica, circa il 15-20% è di origine emorragica (emorragia cerebrale nella maggior parte, meno frequentemente emorragia subaracnoidea). Le forme ischemiche sono in genere a prognosi migliore rispetto alle forme emorragiche ed hanno una letalità a 30 giorni oscillante nei vari studi tra il 10% e il 15%. La mortalità a 30 giorni dopo ricovero per ictus è considerata un indicatore valido e riproducibile dell’appropriatezza ed efficacia del processo diagnostico-terapeutico che inizia con il ricovero ospedaliero. Viene misurato l’esito a partire dalla data di primo accesso in ospedale del paziente, che corrisponde alla data di ricovero per stroke o dell’accesso in Pronto soccorso immediatamente precedente il ricovero. L’attribuzione dell’esito alla struttura di primo accesso (struttura di ricovero o dalla struttura sede del PS) non implica la valutazione della qualità dell’assistenza fornita da quella struttura ma dell’appropriatezza ed efficacia del processo assistenziale che inizia con l’arrivo del paziente a quella struttura. Sono riportati i risultati delle strutture con un volume annuo di ictus > 50. (media esiti Italia 9,94%)
 
 
È ampia la forbice in Calabria tra la struttura con le migliori performance e quelle con esiti da allarme rosso: si va dal dato certo e favorevole dell’Ospedale di Lamezia Terme (4,4%) fino ai risultati più preoccupanti dell’Ospedale S. Giovanni di Dio di Crotone (22,2%) e del Civile di Locri (20,4%). Tutte le altre strutture calabresi sono invece in fascia grigia. Nel gruppo delle prime cinque con i migliori esiti: il Madonna della Consolazione di Reggio Calabria 6,8%, l’Incra di Cosenza 6,9%, la clinica Cascini a Belvedere Marittimo 7%, il S. Maria degli Ungheresi a Polistena 7,4%.
Sopra la media italiana con esiti sfavorevoli rispetto alle altre strutture troviamo il Pugliese di Catanzaro (14,1%), il Bianchi di Reggio Calabria (12,6%) e l’Ospedale Basso Ionio di Soverato (12,2%).
 
È in Sicilia la struttura con i migliori esiti delle tre regioni sotto la lente: al Barone Romeo di Patti è il tasso di mortalità è dell’1,5%. Seguono, ma in fascia grigia, l’Ospedale R. Guizzardi di Vittoria (2,1%) e il S. Giacomo d’Altopasso a Licata (2,5%). Con dati statisticamente certi troviamo poi l’Ao Universitaria E. Ferrarotto di Catania (3,5%) e l’Ao S. Elia di Caltanissetta (4,3%). Guida il gruppo delle strutture con gli esiti più sfavorevoli l’Ao S. Antonio Abate di Erice (16,8%), tallonata dall’Ospedale Papardo di Messina (16,6%) e dall’Ao Vittorio Emanuele di Gela (16,4%). Chiudono l’Ospedale Civile Barone Lombardo di Canicattì (13,2%) e l’Ao Umberto I di Siracusa (12,7%).
 
Il miglior esito certo della Sardegna lo conquista l’Ao G. Brotzu di Cagliari (6%) preceduta dall’Ao Policlinico Monserrato sempre di Cagliari, ma in fascia grigia (5,1%). Con tassi di mortalità non molto lontani troviamo poi tre Presidi Ospedalieri: il S. Giovanni di Dio di Olbia (6%), il N.S. della Mercede a Lanusei (6,4%) e il Dettori di Tempio Pausania (6,5%). Ma alla Sardegna va il primato negativo della struttura con il peggior esito, statisticamente certo: al Nostra Signora di Bonaria a S. Gavino Monreale il tasso di mortalità arriva al 25,8%.
Seguono in fascia grigia: l’Ospedale Civile di Sassari (17,4%), il S. Francesco di Nuoro 12% e il S. Martino di Oristano (11,9%). Chiude il gruppo, ma con una percentuale inferiore alla media italiana il Presidio Ospedaliero Sirai di Carbonia (8,7%).

21 giugno 2012
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