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Francesca Merzagora (ONDA):  “Vivere bene nonostante la malattia”


22 NOV - La ricerca realizzata da ALTEMS dimostra che i pazienti trovano anche nella via di somministrazione una risposta alla loro qualità di vita. I pazienti trattati con formulazione sottocutanea si ritengono molto più soddisfatti della loro esperienza di cura rispetto a chi è ricorso alle tradizionali somministrazioni per endovena. Voi avete esperienze di come questi fattori impattano sulla qualità di vita delle persone?Sicuramente il momento della terapia rappresenta per un paziente un importante circostanza in cui affrontare la propria malattia, specialmente in ambito oncologico. Un impegno imprescindibile per poter avviare il proprio processo di guarigione. Come si evince dallo studio HTA sulla comparazione tra somministrazione endovenosa e sottocutanea, poter mettere a disposizione dei pazienti una terapia che garantisca un duplice vantaggio in termini di efficacia ed efficienza, come quella sottocutanea, rappresenta un concreto contributo nel favorire il processo di umanizzazione della cura. Questa evidenza trova conferma anche in diversi studi condotti da Onda su pazienti con tumore alla mammella da cui emerge il forte impatto negativo della terapia sul loro vissuto quotidiano e su quello dei loro familiari, con conseguenti limitazioni a livello personale, sociale e lavorativo. Rispetto a quest’ultimo punto, uno dei maggiori problemi riscontrati dalle pazienti consiste proprio nel dispendio di tempo nell’attesa di ricevere le terapie in ospedale. Disporre quindi di una formulazione sottocutanea della terapia in grado di soddisfare le esigenze dei pazienti, tra cui ridurre l’impegno temporale dedicato alla sua somministrazione, può essere considerato un segno di attenzione e rispetto della qualità di vita del malato. Come indicato nello studio HTA, la necessità di essere accompagnati per ricevere il trattamento, è un aspetto negativo per il paziente. Poter usufruire di una terapia che riduca i tempi di somministrazione, potrebbe rappresentare un valido supporto per il paziente nel recuperare la sua autonomia per esempio tornando a lavorare o a occuparsi delle attività quotidiane di routine, ristabilendo un equilibrio nelle dinamiche familiari e migliorando anche la sua esperienza complessiva in ospedale. Questi fattori comporterebbero di conseguenza dei benefici sulla qualità di vita e sulla produttività anche dei caregiver.

I dati di questo studio dimostrano che le formulazioni sottocutanee o orali, quando disponibili, permettono un risparmio dei tempi di lavoro del personale, una migliore organizzazione delle strutture e un risparmio sui costi. Quanto pesano attualmente sui pazienti le lentezze organizzative e l’esigenza di controllare i costi?

Certamente le problematiche che caratterizzano il panorama sanitario attuale, tra cui la necessità di un contenimento dei costi, non possono che ripercuotersi negativamente sui fruitori finali del Servizio Sanitario Nazionale, ovvero i pazienti. Spesso anche la mancanza di personale o i doppi turni, piuttosto che l’eccessiva ospedalizzazione dovuta a un progressivo aumento delle cronicità e dell’età media della popolazione, conducono a una riduzione della qualità e dell’efficienza delle prestazioni offerte dalle strutture ospedaliere. Dal punto di vista della cura, come dimostrano i dati emersi dallo studio HTA, l’impiego di una terapia con formulazione sottocutanea genererebbe una diminuzione complessiva dell’indice di rischio del 70%. Quindi, la possibilità per un ospedale di disporre di soluzioni terapeutiche che agevolino il trattamento del paziente e il lavoro del personale sanitario in termini di risparmio di tempo e ottimizzazione delle procedure, rappresenta un significativo punto di partenza per intraprendere un percorso di miglioramento nella gestione delle risorse ospedaliere e di riduzione dei costi per il Servizio Sanitario Nazionale. Nonostante questa situazione complessa però, dati recenti emersi da uno studio di Onda condotto su 89 Centri di Senologia italiani afferenti al circuito di Senonetwork illustrano una situazione certamente più positiva. La maggioranza dei Centri infatti pare abbia compreso l’importanza di mantenere uno standard elevato del percorso clinico-assistenziale ottimizzando le risorse disponibili per garantire alle pazienti un percorso di presa in carico che contribuisca al miglioramento della loro qualità di vita. Oltre il 50% dei Centri censiti per esempio utilizza il modello “tutto in un giorno” che consente alle donne di limitare a 5 ore il tempo trascorso nell’ospedale per eseguire esami, visita e somministrazione della terapia. Ci sembra questo un esempio positivo di buona pratica clinica che congiuntamente alle innovative modalità di somministrazione disponibili come quella sottocutanea, potrebbero far fronte in modo efficace alle criticità che riguardano oggi le realtà sanitarie.

22 novembre 2017
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