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Integratori alimentari o farmaci? Serve maggiore chiarezza


09 OTT - “I medicamenti siano farmaci o erbe medicinali sono veicoli di idee e modi di vivere”, si asseriva un tempo. E oggi che è cambiato il concetto di salute, a cui si è accostato e talora sostituito il concetto di benessere, assistiamo ad un proliferare di estratti, tinture, olii essenziali, pozioni in commercio a base di piante medicinali che, liberamente in vendita sono registrate come “integratori alimentari”.
 

Sono integratori nutraceutici o farmaci veri e propri? E quando un prodotto a base vegetale diventa un medicinale o un alimento? Gli integratori alimentari contengono sostanze che secondo la normativa vigente sono deputate al massimo al mantenimento dello stato fisiologico ma NON A CURARE una malattia. Come accade per molte erbe medicinali, che alimenti non sono ma sono venduti come tali, costringe il nostro organismo e in particolare il nostro fegato ad un sovraccarico di lavoro nei confronti di sostanze che vanno metabolizzate per poter essere poi eliminate.
 
Insomma, il nostro fegato assume qualcosa che alimento certo non è, anche se viene fatto passare per tale. In Italia, così come in altri paesi europei, nonostante esiste da pochi anni una legislazione che permette di registrare i prodotti a base di erbe medicinali come medicinali vegetali sottoponendoli ad una vera e propria valutazione come per i farmaci, questi prodotti continuano ad essere commercializzati come integratori alimentari. Tale situazione priva il cittadino di ulteriori garanzie di efficacia e di sicurezza che si otterrebbero da prodotti medicinali che sarebbero valutati e controllati così come accade con i farmaci di sintesi.
 

Tra i fattori che alimentano il permanere delle erbe medicinali in questo “limbo” alimentare vi sono certamente quelli economici che sicuramente penalizzano le industrie più piccole poiché la sola domanda per la registrazione di un prodotto ha un costo di circa 23 mila euro (era ancora più alta fino a pochissimo tempo fa). Tuttavia, oltre ai fattori economici esiste anche una forma di riluttanza a trasferire un prodotto dal mercato degli integratori alimentari al quale si accede con molta più facilità a quello più rigido del mercato dei farmaci. Per un integratore basta una notifica al ministero, con una domanda che costa pochissime centinaia di euro, nella quale ci si deve limitare solo a non elencare tra gli ingredienti della composizione sostanze notoriamente tossiche. La pubblicità ingannevole, i messaggi fuorvianti e le formule dei creativi fanno il resto provocando poi ingenti danni ai singoli e alle comunità, e a noi specialisti chiamati a risolvere situazioni cliniche difficili.

09 ottobre 2013
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