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Cancro. L’elettromagnetismo ci aiuterà a sconfiggerlo


Il segreto è cercare delle sostanze capaci di attaccare solo le cellule tumorali. Proprio come enzimi contenenti rame, capaci di innescare il processo di morte cellulare solo nei tessuti malati. Ma per far sì che questi arrivino precisamente nel sito del tumore, ecco il ruolo del magnetismo: queste nanoparticelle possiedono infatti anche proprietà paramagnetiche.

19 LUG - Si fa sempre più specifica la lotta al cancro, si cercano bersagli sempre più precisi e si cerca di raggiungerli con pallottole sempre più “intelligenti”, capaci di colpire solo i tessuti malati senza danneggiare le funzioni biologiche delle cellule normali. Questa è anche la direzione verso cui va la ricerca italiana in campo oncologico: uno studio del dipartimento di Scienze Biochimiche dell’Università di Padova ha dimostrato come alcuni enzimi contenenti rame – le ammine ossidasi – siano efficaci come come potenziali proiettili magnetici contro le sole cellule tumorali. La ricerca è stata pubblicata su International Journal of Nanomedicine.
 
Per questo studio, gli scienziati italiani hanno isolato l’amminossidasida sangue (plasma) bovino, dimostrandone poi la capacità di indurre apoptosi, in un ampio spettro di cellule tumorali umane (melanoma, osteosarcoma, carcinoma gastroenterico, adenocarcinomi e tumore della mammella), in presenza di poliammine come la spermina o la spermidina.
Il successo delle nanoparticelle contenenti amminossidasi dipende da due loro proprietà specifiche che le rendono perfette per lo sviluppo di trattamenti specifici contro patologie umane: la prima è che agiscono su un substrato specifico come le poliammide, l’altra il fatto di possedere proprietà paramagnetiche.
Dal fatto che le amminossidasi riconoscono e interagiscono con le poliammine scaturisce infatti una reazione chimica (deaminazione ossidativa) che produce, tra l’altro, acqua ossigenata e aldeidi: la formazione di queste molecole causa un forte stress ossidativo per le cellule che rispondono auto-eliminandosi, cioè attivando i processi di necrosi o di morte cellulare programmata (apoptosi). È proprio tale reazione tra l’enzima e il suo substrato a suggerire appunto un possibile impiego in terapie antitumorali mirate.
Le poliammine, infatti sono presenti in concentrazione molto maggiori nelle cellule tumorali o, in generale, nelle cellule che subiscono alterazioni fisiologiche dovute a mutazioni o infezioni, rispetto a quanto osservato nelle cellule normali. E così, mentre le ammine ossidasi da sole non costituiscono alcun pericolo per l’organismo, a contatto con le poliammine, nelle cellule cancerose, diventano potenziali proiettili intelligenti.
Ma questo, da solo, non basterebbe per renderle importanti nella lotta al cancro. Perché il meccanismo funzioni, infatti, è facile immaginare che ci sia bisogno di un meccanismo efficace perché queste pallottole arrivino al bersaglio. Ed ecco che entrano in campo anche le proprietà magnetiche delle nanoparticelle, utili proprio a questo scopo: a seguito di iniezione nel circolo sanguigno, le ammine ossidasi, immobilizzate sulla superficie delle particelle magnetiche, possono essere infatti guidate in maniera precisa mediante applicazione di un campo magnetico nei siti in cui prolifera la neoplasia.
 
Si tratta di un risultato importanteche, oltre a dimostrare l’efficacia di questo metodo nell’eliminare le cellule maligne (e in particolare quelle farmaco resistenti) permette di escludere che – alla concentrazione di nanoparticelle utilizzata – la morte cellulare avvenga per necrosi. A differenza dell’apoptosi, infatti, i meccanismi necrotici creano un ambiente tossico anche per le cellule normali site in prossimità della massa tumorale, con seri effetti collaterali.
In conclusione, le ammine ossidasi rappresentano un metodo potenzialmente sicuro per eliminare in maniera mirata principalmente le cellule tumorali. Al momento, gli studi proseguono per testare l’efficacia di questa strategia anche su modello animale.

19 luglio 2012
© Riproduzione riservata

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