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Influenza. L'aviaria "mutata" colpisce le foche americane


Un nuovo virus influenzale H3N8, discendente di un ceppo di aviaria americana rilevato solo nei volatili, è stato riscontrato in un’epidemia di polmonite che ha ucciso alcuni mammiferi acquatici nel New England. Si rinnova la preoccupazione per una possibile mutazione "umana" del virus.

02 AGO - Quando gli scienziati dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam e dell’Università del Wisconsin-Madison hanno annunciato l’anno scorso di aver trovato le alterazioni genetiche che avrebbero portato il normale virus dell’aviaria a trasmettersi anche tra i mammiferi, la motivazione addotta per giustificare la pubblicazione degli studi fu semplice: bisogna essere preparati se mai quest’evenienza si verificherà naturalmente. Oggi, questa eventualità sembra ancora più vicina. Un nuovo ceppo di influenza aviaria – ma non si tratta dell’H5N1 con la quale hanno lavorato i team in laboratorio – sta infatti uccidendo esemplari di foca comune in New England. A dare la notizia sono state la Columbia University e il New England Acquarium in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica mBio.
 
L’emergenza era in realtà stata riscontrata a settembre 2011, quando erano state trovate tra le coste del Maine e quelle del Massachusetts alcune foche che riportavano broncopolmoniti gravi e lesioni sulla pelle: un totale di 162 animali, morti o moribondi, sono stati recuperati nei tre mesi successivi, e la maggior parte di queste erano piuttosto giovani, con un’età inferiore ai sei mesi. Dai successivi test in laboratorio è emerso che il virus che aveva infettato le foche era influenza H3N8, discendente da un ceppo di aviaria che circola in Nord America fino dal 2002.
“La prima domanda che ci siamo fatti a questa scoperta si può facilmente immaginare: come ha fatto il virus a trasmettersi dagli uccelli ai mammiferi acquatici?”, ha commentato Simon Anthony, primo autore dello studio. Secondo le ulteriori ricerche degli scienziati, il ceppo di aviaria avrebbe acquisito la capacità di legarsi ai recettori dell’acido sialico, che si trovano normalmente nel tratto respiratorio dei mammiferi. In particolare i ricercatori pensano le responsabili di questa nuova capacità potrebbero essere due mutazioni nei geni HA e PB2, necessari al virus per accedere nelle cellule e per la replicazione, ma per ora queste sono solo supposizioni, che hanno bisogno di conferme.
La preoccupazione è chiaramente che un virus trasmissibile tra i mammiferi potrebbe essere in grado di passare anche agli esseri umani. “I nostri risultati indicano l’importanza di una sorveglianza attenta anche sugli animali, per prevedere e prevenire le pandemie”, ha spiegato Ian Lipkin, direttore del Center for Infection and Immunity della Columbia. “Hiv/Aids, Sars, febbre del Nilo Occidentale, Henipavirus e influenza sono tutti esempi di malattie infettive che hanno origine dal mondo animale. Tutte le nuove malattie o le eruzioni epidemiche che si pongono come rischio in questo regno devono essere considerate anche potenzialmente pericolose per gli esseri umani”.
In particolare l’influenza. “Un virus influenzale come questo può emergere in qualsiasi momento e dobbiamo essere preparati”, ha spiegato Anne Moscona, del Weill Cornell Medical College di New York, redattrice dello studio. “È per questo che dobbiamo essere abili a identificarne subito la nascita, anche da sorgenti inaspettate, e riconoscerne il potenziale rischio: non è detto che i virus arrivino tutti da direzioni che avevamo considerato”, ha concluso.

02 agosto 2012
© Riproduzione riservata

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